L’evasione ‘tollerata’

Eugenio Della Valle

Vanno stigmatizzate tutte quelle iniziative che, sotto le mentite spoglie del contrasto all’evasione, inaspriscono oltre misura le sanzioni, anche quelle penali, che producono un ulteriore appesantimento del tasso effettivo di imposizione.

La recente diffusione dei dati relativi alla consistenza dei redditi dichiarati in relazione al periodo d’imposta 2011 ha dato il via al solito valzer di commenti e polemiche sulla maggiore o minore propensione all’evasione degli imprenditori e dei lavoratori autonomi. Stupisce, leggendo i resoconti giornalistici, l’esiguità dei valori medi dei redditi dichiarati da talune categorie di commercianti e/o di professionisti, ma stupisce ancor di più la superficialità ed il pressapochismo con cui si affronta un problema che, passata la bufera delle polemiche mediatiche, resta sul tappeto in tutta la sua enorme rilevanza sociale.
L’evasione fiscale costituisce, infatti, una vera e propria piaga che mina le fondamenta del nostro vivere in comunità. Non servono, al riguardo, complesse indagini socio-economiche per rendersi conto del fatto che l’occultamento di materia imponibile ad opera di alcuni scarica sugli altri l’onere del finanziamento della spesa pubblica mettendo, al contempo, a repentaglio la possibilità che tutti i consociati possano fruire in maniera adeguata dei beni e dei servizi pubblici.
La latitudine del fenomeno deve, tuttavia, essere individuata con precisione, pena, evidentemente, il rischio di concepire strategie di contrasto settoriali che finiscono con l’alimentare, se così si può dire, sacche di evasione “tollerata”.
Vanno evitate, in parole povere, facili ghettizzazioni.
Non sfugge, sotto questo profilo, che occulta materia imponibile l’orefice che omette lo scontrino fiscale per la vendita di un monile, così come nasconde reddito l’avvocato che, richiesto di una consulenza nell’ambito di una disputa tra condòmini, non fattura. Ma evade allo stesso modo, va detto, il professore universitario in pensione che concede in locazione un appartamento nei pressi dell’Università dove prestava servizio evitando di registrare il relativo contratto; così come occulta materia imponibile il lavoratore dipendente che, costretto alla cassa integrazione o alla mobilità, riesce ad occuparsi presso un altro datore di lavoro facendosi pagare, però, in nero. Ed evade, parimenti, il dirigente pubblico o l’attrice del momento che acquista una villa dotata di ogni confort richiedendo, con una certa nonchalance, le agevolazioni fiscali sulla prima casa “non di lusso”. Ed è ovviamente evasione quella perpetrata dalla grande società controllata da una multinazionale straniera che, magari supportata da uno stuolo di scaltri consulenti, trasferisce materia imponibile all’estero sottostimando il valore delle transazioni nei confronti delle società facenti parte del medesimo gruppo multinazionale.
L’evasione non è dunque marchio di infamia di questo o di quel gruppo sociale: è un fenomeno di enorme estensione che può avere determinanti diverse alle quali, per ovvie ragioni, deve guardarsi allorquando si definiscono le strategie di contrasto.
Un conto, infatti, è il comportamento evasivo indotto dalla ritenuta, a torto o a ragione (chi scrive è a favore della prima tesi), inefficienza dei controlli dell’Amministrazione Finanziaria; altro è, ovviamente, il comportamento evasivo determinato dalla percezione di una pressione fiscale che, cumulata con quella previdenziale, appare, oggettivamente, insostenibile.
Nel primo caso, l’azione di contrasto non può che passare attraverso la definizione di strutture e strumenti capaci di intercettare la ricchezza sottratta a tassazione. Con riguardo alle prime, molto si è fatto in questi anni con il reclutamento e la formazione di personale capace di comprendere il fenomeno evasivo in tutte le sue molteplici sfaccettature.
Quanto, invece, alla definizione di adeguati strumenti di contrasto, vanno salutate con favore tutte quelle iniziative che fanno saggiamente leva sul contrasto di interessi tra i diversi soggetti a vario titolo coinvolti, costringendo alcuni di questi ad adottare comportamenti che spingono altri a far emergere materia imponibile (è questo, ad esempio, il caso della tanto sofferta vicenda delle detrazioni per il recupero del patrimonio edilizio e per il risparmio energetico o quella della c.d. cedolare secca).
Vanno, per contro, stigmatizzate tutte quelle iniziative che, sotto le mentite spoglie del contrasto all’evasione, inaspriscono oltre misura le sanzioni, anche quelle penali, ed introducono surrettizie dilatazioni di basi imponibili che di solito producono, quale unico risultato, l’ulteriore appesantimento del tasso effettivo di imposizione.
Ed è proprio il livello della pressione fiscale il punctum dolens dell’intera vicenda.
L’alto grado di pressione tributaria contribuisce, infatti, ad alimentare l’evasione e la conseguente contrazione di risorse necessarie al finanziamento della spesa pubblica. Il comportamento di alcuni determina, quale ulteriore effetto perverso, la necessità di reperire nuove risorse mediante l’inasprimento della pressione gravante su quanti adempiono fedelmente all’obbligo tributario creando, così, i presupposti per un vero e proprio circolo vizioso.
Di qui la necessità di spezzare una spirale che, non solo dal punto di vista psicologico, rischia di fornire un alibi a quanti reputano “ingiusto”, proprio perché eccessivo, il carico tributario. È (anche) per questa ragione che una seria lotta all’evasione non può prescindere dalla riconduzione del prelievo tributario entro soglie tollerabili.

Eugenio Della Valle
Professore Ordinario di Diritto Tributario – Università “La Sapienza” di Roma

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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