Il contrasto penale all’evasione fiscale

Bartolomeo Romano

Durante una crisi economica strutturale l’elevata pressione fiscale produce, addirittura, effetti negativi sul sistema sociale, poiché ingenera fenomeni di “sofferenza” dagli esiti talvolta tragici.

Negli ultimi anni, in coincidenza con il sempre accresciuto bisogno dello Stato, delle Regioni e degli enti locali di reperire risorse adeguate per garantire livelli elevati di prestazioni sociali, e per adempiere agli obblighi derivanti dalla nostra appartenenza all’Unione Europea, in linea con severe politiche di rigore, nel nostro Paese è significativamente cresciuta la pressione fiscale. Tale dato rischia di permanere costante almeno nei prossimi anni, anche perché dobbiamo rispettare il principio del c.d. equilibrio di bilancio, l’equilibrio tra le entrate e le spese, introdotto nel nostro Paese con legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1.
In un lungo periodo di crisi economica strutturale, tuttavia, l’elevata pressione fiscale produce, addirittura, effetti negativi sul sistema sociale, poiché ingenera fenomeni di “sofferenza” dagli esiti talvolta tragici (si pensi ai numerosi suicidi, soprattutto di piccoli imprenditori) e manifestazioni di vera e propria rivolta fiscale, con ricadute dannose su chi abbia il compito di riscuotere le imposte, come l’Agenzia delle Entrate e, soprattutto, Equitalia (in Sicilia, Riscossione Sicilia). Per tacere degli effetti economici pregiudizievoli, consistenti nell’abbassamento del PIL e, conseguentemente, della stessa massa delle entrate tributarie. Di qui, comunque, la necessità di rendere pienamente attuato l’art. 53 della Costituzione, il quale afferma che «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva» e dispone che «il sistema tributario è informato a criteri di progressività». Così si otterrebbe un’equa distribuzione del carico fiscale, attuando il “pagare tutti per pagare meno”, auspicabilmente per giungere a “pagare meno per pagare tutti”.
Naturalmente, occorre non confondere l’“evasione fiscale”, cioè i metodi volti a ridurre o eliminare il prelievo fiscale da parte dello Stato sul contribuente attraverso la violazione di specifiche norme fiscali (es.: mancata emissione di documenti fiscali o false dichiarazioni dei redditi) ed i suoi fenomeni più gravi che danno luogo alla “frode fiscale” (es.: inserimento in contabilità di fatture di acquisto false per ridurre l’imponibile fiscale) con l’“elusione fiscale”, che, formalmente, rispetta le leggi vigenti, ma comporta comunque una diminuzione del gettito fiscale. In taluni, recenti casi, peraltro, la Cassazione ha affermato che anche l’elusione fiscale (nella specie “esterovestizione” di una società) può assumere rilevanza penale: la vicenda è particolarmente nota, poiché ha interessato i celebri stilisti Dolce e Gabbana.
In linea generale, va osservato che, come in ogni caso in cui si intenda tutelare ai massimi livelli un principio essenziale, il compito di fare rispettare le regole finisce per essere attribuito al diritto penale.
In materia, la fonte fondamentale è stata a lungo la legge 7 Gennaio 1929, n. 4, che poneva come principio fondamentale la “pregiudiziale tributaria”, per effetto della quale l’azione penale poteva aver corso soltanto nel momento in cui fosse divenuto definitivo l’accertamento dell’imposta e della relativa sovrimposta. Ciò determinava una dipendenza del procedimento penale dagli esiti di quello tributario. Per svincolare i due procedimenti, nel 1982 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della pregiudiziale tributaria, inducendo il legislatore ad emanare la legge n. 516 del 1982. Comunemente denominata “manette agli evasori”, tale legge, a differenza della precedente, consentiva l’esercizio dell’azione penale indipendentemente dalla conclusione dell’accertamento tributario. Altra novità significativa introdotta dalla legge appena richiamata fu il principio del cumulo, in base al quale era consentita la contestuale irrogazione di sanzioni penali ed amministrative.
Circa quindici anni dopo, il legislatore ha ripensato il sistema approvando la L. 25 giugno 1999, n. 205, che (riprendendo, ma solo in parte, i lavori della cosiddetta «Commissione Tinti», dal nome del magistrato che la presiedeva) conteneva una delega al Governo. Essa avrebbe condotto al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.
Abbandonata la pregiudiziale tributaria, la via prescelta è stata quella di colpire fatti comunque dotati di una significativa offensività, prevedendo soglie di punibilità in relazione alla quantificazione dell’imposta evasa.
Inoltre, il legislatore delegato del 2000 ha disciplinato la dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2: reato di mera condotta, privo di soglia di punibilità), la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3: con superamento delle soglie di punibilità), la dichiarazione infedele (art. 4, privo di attività fraudolenta, ma con soglie di punibilità) e l’omessa dichiarazione nei termini (art. 5: con soglie di punibilità). Previste anche altre tre fattispecie delittuose: l’emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8), l’occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10) e la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11).
Più recentemente, la materia dei reati tributari ha subito importanti modifiche ad opera del Decreto Legge n. 138/2011, convertito in Legge n. 148/2011. Questo, in particolare, ha comportato un forte abbassamento delle soglie di punibilità delle fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 del D. Lgs. n. 74/2000), dichiarazione infedele (art. 4 del D. Lgs. n. 74/2000) ed omessa dichiarazione (art. 5 del D. Lgs. n. 74/2000).
La legge n. 148/2011 ha, inoltre, eliminato totalmente le ipotesi attenuate connesse alle fattispecie di utilizzazione ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Altra importante novità è stata l’introduzione del comma 2-bis dell’art. 12 del D. Lgs. n. 74/2000: prescrive che, per le fattispecie dichiarative (dichiarazione fraudolenta, dichiarazione infedele, omessa dichiarazione), per il reato di emissione di fatture relative ad operazioni inesistenti e per quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, la sospensione condizionale della pena non si applica nei casi in cui, congiuntamente, l’ammontare dell’imposta evasa sia superiore al 30% del volume d’affari e superiore a tre milioni di euro.
Ancora, i termini di prescrizione per tutte le fattispecie dichiarative, per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti e per quello di distruzione ed occultamento di documenti contabili sono elevati di un terzo: da 6 anni passano ad 8. In caso di interruzione dei termini di prescrizione, passano da 7 anni e mezzo a 10. Ciò, tuttavia, introduce una differenza significativa nei tempi di prescrizione dei delitti tributari rispetto a quelli ordinari.
In ogni caso, quali che siano le opzioni concrete seguite dal legislatore, proprio da penalista mi sento di affermare che la via della repressione penale, specie nel settore tributario, deve rappresentare l’extrema ratio. Occorre, invece, non solo implementare il sistema dei controlli preventivi di stampo amministrativo, ma, soprattutto, rafforzare l’idea che il denaro versato allo Stato, alle Regioni ed agli altri enti locali è speso oculatamente e con benefici per tutti.
La via è lunga e tortuosa, e non basta certo il facile ricorso alle sanzioni penali: occorrono comportamenti quotidiani seri e diffusi nei vari livelli nei quali si determinano le spese della pubblica amministrazione. Correlativamente, occorre il formarsi (o, almeno, il rafforzarsi) del senso di appartenenza ad una comunità, dal quale discende la consapevolezza che è necessario (ed anche “giusto”) concorrere secondo le proprie capacità contributive.

Bartolomeo Romano
Componente del Consiglio Superiore della Magistratura,
Professore Ordinario di Diritto Penale – Università di Palermo

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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