Un nuovo modello giuridico di Stato

Silvia Semenzin

Altiero Spinelli è considerato uno dei “Padri fondatori” della mai fondata Europa. La sua azione politica, interamente consacrata al tentativo di costruire il pilastro europeo dell’edificio mondiale della pace, è orientata alla creazione di nuovi poteri necessari a dare vita alla Democrazia internazionale.

Quando si sente parlare di sistema federale, è naturale che l’attenzione venga immediatamente rivolta al modello americano, assurto ad esempio federalista per eccellenza. Esso viene considerato un modello da seguire da diverse correnti di pensiero, mentre per altri resta un’esperienza unica e troppo dissimile da quella europea. Su che cosa sia, invece, l’Unione Europea, restano molti dubbi e poca chiarezza: non possiamo considerarla una federazione, in quanto non possiede un Governo centrale, ma nemmeno una semplice confederazione di Stati. Potremmo, piuttosto, affermare che si tratti di un nuovo tipo di entità giuridica classica. Alla luce di tali osservazioni, questo articolo discute di quali siano i vantaggi del raggiungimento di una federazione europea e della definitiva chiarezza sul ruolo delle sue istituzioni e dei suoi Stati membri.
Ai fini della discussione, è importante accordarsi su alcuni concetti di base. In primo luogo, è di fondamentale importanza chiarire cosa significhi “federalismo”: derivante dal latino “foedus” (patto), il federalismo è quella filosofia di pensiero che permette all’individuo di realizzarsi nella società senza in essa diluirsi, ossia il concepimento di un’unione che salvaguardi le differenze ed i diritti individuali e collettivi senza che l’individuo venga privato della propria identità attraverso l’omologazione. Si può quindi affermare che nessuna sintesi meglio del federalismo autentico riesca a garantire una politica democratica e di pace.
Le prime voci sull’applicazione del modello federale all’Europa provengono da vari importanti pensatori in seguito alla Seconda guerra mondiale, che ebbe un ruolo particolare nell’orientarli verso l’azione europea. Tra questi, incontriamo grandi nomi quali Monnet, Adenauer, De Gasperi e Schuman. Ma l’interrogarsi sul destino dell’Europa e su una possibile unificazione sopranazionale portò alla luce due pensieri che ritengo di dover citare in maniera particolare: quello di Alexandre Marc e quello di Altiero Spinelli. Entrambi federalisti, ma molto diversi tra loro, i due vengono ricordati per lo sforzo orientato alla creazione di una vera Unione e per la fondazione, nel 1946, dell’Unione Europea dei Federalisti (UEF).
Alexandre Marc fu un proudhoniano, un uomo che consacrò le proprie energie in difesa di un ideale per tutta la vita. Diede vita ad un tipo di federalismo assai singolare: Marc sognava un’Europa nata dalla mobilitazione della società nel suo insieme, diffidando e discostandosi dal mondo politico. Alla base di questo federalismo vi è la dottrina del personalismo, la quale costituisce un impegno basato sull’idea di una persona e su di una riflessione spirituale. La scoperta del federalismo avviene prima sul piano intellettuale e poi su quello politico. Il federalismo di Marc è il compimento politico del personalismo, con l’apporto di una struttura militante (piattaforma di lotta per le azioni concrete) e rappresenta un progetto da attuare con impegno.
Altiero Spinelli, hamiltoniano, è considerato uno dei “Padri fondatori” della mai fondata Europa. La sua azione politica, interamente consacrata al tentativo di costruire il pilastro europeo dell’edificio mondiale della pace, è orientata alla creazione di nuovi poteri necessari a dare vita alla Democrazia internazionale. Viene ricordato, in particolare, per la stesura di un’importante opera: “Il Manifesto di Ventotene”. In essa viene principalmente proposta come soluzione internazionale la federazione europea, creata da forze illuminate e progressiste, in alternativa agli obsoleti Stato-Nazione e partiti nazionali. Vengono, inoltre, proposti dei cambiamenti economico-sociali necessari alla creazione di un largo strato di cittadini interessati al mantenimento dell’ordine e all’improntamento della vita politica di una consolidata libertà, impregnata di un forte senso di solidarietà sociale.
In secondo luogo, l’altro concetto cardine della discussione è ciò che in particolare differenzia una federazione da una confederazione, dalla quale far partire le nostre riflessioni. Una sostanziale differenza tra le due viene ricoperta dai vincoli giuridici: la confederazione, in quanto raggruppamento di Stati-Nazione, si appoggia a trattati di diritto internazionale; la federazione, in quanto raggruppamento di popoli, individui e Stati che si reggono ad un Governo centrale – mantenendo autonomia e competenze – si appoggia al diritto interno, alla Costituzione. All’anomalia del caso europeo, che non si colloca chiaramente in nessuna delle suddette categorie, proponiamo come soluzione al raggiungimento di una nuova realtà, una Costituzione per l’Europa.
Un tentativo di Costituzione europea fu esperito nel 2003, ma il progetto venne accolto con freddezza. Il progetto fu redatto nel 2003 dalla Convenzione Europea, approvato durante il vertice di Bruxelles nel giugno del 2004, ma definitivamente abbandonato nel 2009 a causa della bocciatura subita nei referendum svoltisi in Francia e nei Paesi Bassi. Alcune delle innovazioni apportate dalla Costituzione sono state successivamente riassunte nel Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009. Lo scopo della Costituzione era quello di conferire un assetto politico chiaro all’Unione, riguardo alle sue istituzioni, competenze, modalità decisionali, politica estera, principi e obiettivi. In realtà, nulla aveva a che vedere con una vera Costituzione che sancisse la nascita di uno Stato federale: era una sorta di Testo Unico in cui venivano riordinati i testi giuridici preesistenti, con poche innovazioni e nessun trasferimento di sovranità. Perciò, grazie a questo esempio, prendiamo atto del fatto che gli sforzi per arrivare ad una vera e propria Costituzione siano ancora molti e non indifferenti. I motivi alla base del fallimento della Costituzione sono multipli, pur essendo essa lontana da ciò che normalmente si intende: innanzitutto, la mancanza di una coscienza di popolo europeo. L’importanza del ruolo della sovranità popolare nel processo di costruzione dell’Europa non è da sottovalutare, ma, anzi, da sottolineare. Considerando i cittadini come contrapposti agli Stati, gelosi della propria sovranità nazionale, si potrebbe pensare che lasciare loro la libertà di espressione porterebbe ad un più rapido raggiungimento di un’Unione sotto tutti gli effetti. Bisognerebbe, quindi, creare un sentimento di identità europea promuovendo la cittadinanza europea effettiva. Per realizzare ciò, bisognerebbe offrire la possibilità ai cittadini di interagire e partecipare alla costruzione di un’Europa democratica e unita nella sua diversità, sviluppando un sentimento fondato su storia e valori comuni. Per promuovere il sentimento di appartenenza all’Unione, è necessario anche migliorare la tolleranza e la conoscenza reciproca, rispettando la diversità e migliorando il dialogo interculturale.
La creazione di un’Europa federale, ed il conseguente adattamento di una Costituzione, sta diventando ormai una necessità per rispondere alle nuove sfide. Pensare ad un’Europa sempre più orientata verso il mondo è inevitabile. Il processo di integrazione è necessario al mantenimento della pace, della Democrazia e della promozione dei diritti umani e dell’ambiente, essendo l’Europa l’area in cui si presta la maggiore attenzione alla tutela sociale ed ai più elevati standard di diritti. I valori fondanti dell’Unione sono, infatti, lo Stato di diritto ed i diritti umani, requisiti fondamentali per le relazioni sia interne, sia esterne. La graduale, ma inesorabile, riduzione della sovranità statale deve essere accettata per poter dare vita ad un Governo centrale in grado di garantire la tutela di questi fondamenti, la stabilità e la crescita economica e porsi come ostacolo all’anarchia internazionale. Come già detto, gli Stati manterrebbero molte delle loro competenze, in maniera tale da garantire le diversità nell’unione.
Infine, per rispondere alla domanda di un’Europa più democratica e vicina ai propri cittadini, appare importante ricordare il ruolo del Parlamento Europeo, il quale non detiene ancora i pieni poteri legislativi. Questi sono stati certamente allargati dal Trattato di Lisbona, ma non sono ancora giunti ad essere completi. Il “deficit democratico” si riferisce proprio al ruolo del Parlamento, considerato, a volte, quasi marginale. Contribuire ad allargare i poteri del Parlamento e del suo Presidente significherebbe contribuire a migliorare la partecipazione all’Unione, essendo il Parlamento composto da rappresentanti dei cittadini eletti a suffragio universale. Per sanare il deficit sono necessarie grandi revisioni e riforme dei trattati esistenti. Non bisogna, però, abbandonare la volontà di giungervi, specialmente in un momento di crisi come quello odierno in cui, come ha sottolineato recentemente il presidente Martin Schulz, le strutture di matrice autoritaria sembrano offrire soluzioni più rapide ai problemi, rispetto ai più lenti processi democratici.
Possiamo, quindi, concludere sottolineando l’imprescindibile necessità di giungere il più rapidamente possibile alla nascita di un vero e proprio Stato federale europeo, grazie alla propria Costituzione ed alla partecipazione cittadina. La coesione europea non rappresenta più solo un ideale alla Spinelli, ma un’esigenza. Per arrivarci, sono necessari pazienza ed impegno. Le sfide e le crisi odierne possono essere affrontate in maniera diversa, sicuramente migliore, grazie all’unione ed alla collaborazione. L’Unione Europea, arrivata fino ad oggi a costruirsi non con le armi, ma con il dialogo e la Democrazia, deve mostrare la capacità di progredire sempre più, giungendo finalmente alla creazione di una federazione di popoli ed individui che, insieme, potrebbero contribuire al raggiungimento di un mondo sempre più orientato alla pace.

Silvia Semenzin
Università di Padova
Facoltà di Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Diritti Umani

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