Un altro pasticcio europeo

Angelo Baglioni

Il salvataggio di Cipro avviene nel segno dell’improvvisazione. Discutibile la decisione di penalizzare
i piccoli risparmiatori. Occorrono regole chiare di gestione delle crisi bancarie e maggiore
uniformità nella supervisione. Non saremmo a questo punto se avessimo già l’unione bancaria.

IL PIANO DI SALVATAGGIO
L’ultima riunione dell’Eurogruppo (15 e 16 marzo) ha approvato il piano di salvataggio per Cipro. Prevede aiuti europei per 10 miliardi di euro. Come contropartita, i Governi europei (insieme a Bce e Fmi) hanno imposto al Governo di Cipro alcune condizioni. La prima è l’aggiustamento fiscale, pari al 4,5 per cento del Pil, ottenuto in parte con un aumento dell’aliquota fiscale corporate dal 10 al 12,5 per cento. La seconda è il coinvolgimento del settore privato. In particolare, ai depositanti delle banche cipriote verrà imposta una tassa una tantum del 6,75 per cento per i depositi fino a 100mila euro, del 9,9 per cento oltre quella soglia. È previsto anche il coinvolgimento dei detentori di obbligazioni subordinate (junior). Il settore bancario dovrà essere ristrutturato, riducendone la dimensione oggi spropositata rispetto all’economia dell’isola: le attività bancarie hanno raggiunto un ordine di grandezza pari a oltre otto volte quello del Pil. L’accordo dovrà essere approvato dalle singole Nazioni dell’area euro, affinché il Fondo di stabilità europeo (Esm) possa formalizzare la decisione di intervento (entro la fine di aprile, secondo la previsione dello stesso Eurogruppo).

CATTIVA SUPERVISIONE
Come si è arrivati a questo punto? Ancora una volta, ci troviamo di fronte a un caso di cattiva supervisione bancaria. Le autorità cipriote hanno lasciato che alcune banche del Paese assumessero una dimensione tale da non essere in grado di gestirne un eventuale dissesto con le proprie forze. Hanno lasciato che attraessero molti depositi da altri Paesi, tra cui Grecia e Russia. Cosa più grave, sembra che abbiano trascurato di controllare la provenienza di questi capitali, tanto che l’Eurogruppo ha preteso una valutazione esterna del rispetto della normativa antiriciclaggio come parte delle condizioni del prestito. Hanno lasciato che le banche cipriote si esponessero pesantemente al rischio-Grecia, subendo poi il contraccolpo dell’altro “coinvolgimento del settore privato”: quello che ha decurtato il valore dei titoli di Stato greci di oltre il 50 per cento.

L’UNIONE BANCARIA È URGENTE
Il coinvolgimento del settore privato non è di per sé sbagliato. Anzi, è necessario per evitare azzardo morale e per limitare i costi dei salvataggi per i contribuenti. Il punto è che dovrebbe avvenire all’interno di regole chiare e uniformi, che diano certezza agli investitori. Al contrario, la gestione caso per caso genera confusione e mina la credibilità delle istituzioni che tutelano i risparmiatori. Per questo bisogna accelerare le tappe verso l’unione bancaria europea. Primo, consentirebbe una maggiore uniformità delle pratiche di supervisione, evitando casi di leggerezza come quello cipriota. Secondo, permetterebbe di disporre di un quadro chiaro di gestione delle crisi bancarie, con una autorità europea chiamata ad applicarle. Solo così si eviterà l’improvvisazione che ha caratterizzato finora gli interventi europei di assistenza finanziaria. Peccato che il cammino verso l’unione bancaria, dopo un rapido avvio l’anno scorso, sia rallentato: anche l’ultimo vertice del Consiglio europeo non è stato incoraggiante da questo punto di vista.
Fonte: www.lavoce.info

Angelo Baglioni
Professore Associato di Economia Politica
Università Cattolica di Milano, Facoltà di Scienze Bancarie, Finanziarie e Assicurative

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