Esclusione sociale

L’esclusione dalle opportunità, dai diritti, dall’accesso alla cultura e da un lavoro giustamente retribuito, sono oramai le caratteristiche di un modello che concentra in poche mani non solo la ricchezza, ma il sapere e dunque il potere. Alla classica divisione del mondo tra sviluppato e sottosviluppato, si contrappone ora una nuova divisione: quella tra centri e periferie, ove il centro è ogni luogo nel quale si produce sapere e si accumulano le relative ricchezze ed il potere di affermare i propri diritti.

Cosa significhi oggi esclusione sociale ce lo dicono le statistiche che riguardano la crescita della povertà materiale anche nei Paesi cosiddetti sviluppati, con la nascita dei “nuovi poveri”.
Tuttavia, il dato culturale che forse fotografa ancora di più l’esclusione sociale è la crescente “zonizzazione” della nostra società, nella quale gruppi di individui vengono marginalizzati non solo per via del censo, ma per la loro stessa appartenenza a religione, etnia, nazionalità diverse da quella autoctona e, soprattutto, ricca. L’esclusione è, infatti, la “cifra” di questo modello di civilizzazione. Si parte dall’escludere dai diritti fondamentali i più deboli (gli immigrati, i lavoratori stagionali, i richiedenti asilo, ecc.), per poi, progressivamente, costruire fortezze inespugnabili all’interno delle quali possono e devono vivere le élites – i Sopra-viventi dell’umanità – coloro che, letteralmente, vivono sopra il resto della società.

L’esclusione dalle opportunità, dai diritti, dall’accesso alla cultura e da un lavoro giustamente retribuito, sono oramai le caratteristiche di un modello che concentra in poche mani non solo la ricchezza, ma anche il sapere. E dunque, il potere. Alla classica divisione del mondo tra sviluppato e sottosviluppato, si contrappone ora una nuova divisione: quella tra centri e periferie, ove il centro è ogni luogo nel quale si produce sapere e si accumulano le relative ricchezze ed il potere di affermare i propri diritti. Le periferie, invece, concentriche attorno ai nuclei centrali, esprimono il crescente gradiente di esclusione da questi stessi diritti ed opportunità.
In questo quadro è necessario ridefinire la strumentazione stessa per l’inclusione sociale, a partire dall’evidenza che l’esclusione crea progressivamente nuove Re-esistenze, visioni alternative che affermano non solo la necessità di percorrere i diritti fondamentali, ma di percorrerli in maniera radicale. Vale a dire rivendicando l’originalità culturale del proprio approccio alla vita e la specificità ineludibile del proprio ruolo nella società.

Dunque, il quadro si scompone per ricomporsi diversamente: da una parte, la necessità di estendere ed includere verso la fruizione dei diritti tutti i cittadini, nuovi e vecchi, per così dire; dall’altra, la necessità di valorizzare la fruizione dei diritti all’interno di relazioni multiculturali che ne “modulino” la fruizione. Pensiamo solo alla diversità religiosa ed alle sue implicazioni. Multiculturalità ed inclusione sociale sono oggi facce della stessa medaglia.
Se l’esclusione sociale è anche esclusione culturale, se non vero e proprio razzismo, l’inclusione prevede la possibilità che vengano aperti spazi di “attraversamento” delle diversità culturali, non di omologazione, ma di relazione possibile.
In altre parole, uno dei problemi dell’inclusione sociale nella modernità è quello di proporre un nuovo schema simbolico che tenga insieme le diversità, affinché queste possano nutrire tutte il grande albero della società. Esse non devono divenire, al contrario, disuguaglianze che escludono alcuni e concentrano le possibilità nelle mani di altri, la cui visione culturale è suppostamente “prevalente” o, addirittura, “razzialmente” superiore.

La politica ha oggi questo orizzonte di risimbolizzazione davanti a sé: la creazione di legami di senso, di reti all’interno delle quali la fruizione inclusiva dei diritti passi attraverso il riconoscimento della Dignità di ognuno, vero caposaldo non solo della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, ma di ogni azione inclusiva ed includente. Dignità nella diversità, capacità di creare simboli comuni che tengano insieme un tessuto fatto di tante maglie, riconnessione tra i centri e le periferie, riconoscimento dell’alterità come forma della socialità: sono le prospettive visionarie attraverso le quali conferire all’inclusione sociale la possibilità di essere a fondamento della consapevolezza di un destino comune.

Raffaele K. Salinari
Presidente Terre des Hommes

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