Fra cinema e televisione

Negli ultimi dieci anni si è sviluppata una vitale politica territoriale di intervento sul cinema. Se all’inizio gli interventi locali partivano dalle Film Commission, ultimamente si sono aggiunti anche interventi diretti da parte di Enti Locali o Fondi di Sviluppo regionali, che hanno interesse a sviluppare progetti all’interno del proprio territorio. Questo perché le produzioni cinematografiche presentano per il territorio vari aspetti di ritorno economico.

Attualmente, il sistema cinematografico italiano si fonda soprattutto sull’intervento delle società di distribuzione di film italiani ed internazionali. Nel nostro Paese le due realtà principali che operano in questo settore sono RAI Cinema e Medusa Film. Spesso si associano al rischio dei produttori, partecipando in coproduzione alla realizzazione del film, ed hanno un impatto sul mercato molto forte. Tra i distributori italiani c’è anche l’Istituto Luce, che promuove per lo più le opere prime o seconde, e poi tutta una serie di produttori-distributori che cercano di fare del cinema un po’ più impegnato, come, ad esempio, la Lucky Red di Andrea Occhipinti, che di recente ha prodotto il film “La prima linea” sul terrorismo e la lotta armata negli anni Settanta. Una situazione un po’ a sé stante è quella di De Laurentiis, che produce, ad esempio, i cosiddetti cine-panettoni di Natale e gestisce in proprio tutta la catena cinematografica, che va fino alla distribuzione e all’esercizio, ovvero le sale. Nel panorama italiano ci sono anche gli interventi di alcune società estere, come, ad esempio, la Warner Bros, che ha prodotto l’ultimo film di Carlo Verdone ed ora sta distribuendo l’ultima fatica cinematografica di Silvio Soldini, fuori concorso al Festival di Berlino. Elencati i più grandi finanziatori privati che operano all’interno del sistema cinema in Italia, soffermiamoci sui piccoli e medi produttori, indipendenti e svincolati dal sistema televisivo. Il loro principale problema è proprio quello di cercare dei fondi, che possono arrivare o dal sistema privato (con le partecipazioni e le coproduzioni assieme ai grandi distributori come RAI Cinema e Medusa Film), oppure dallo Stato.

Ma ultimamente lo Stato, sia per questioni legate alla crisi economica, sia per una forse anche giusta politica di controllo e restringimento degli interventi, sta lentamente riducendo i fondi di investimento sui film. Il cosiddetto “Fondo d’intervento”, infatti, ora viene destinato soprattutto alle opere prime o seconde, ed in ogni caso non prevede mai cifre esorbitanti. Bisogna anche considerare che ci sono molte, davvero molte richieste, e quindi i film che riescono ad accedere al finanziamento, e di conseguenza possono essere realizzati, sono una minima parte rispetto alle proposte avanzate dalle società di produzione.
A tutto questo, bisogna aggiungere che negli ultimi dieci anni si è sviluppata una vitale politica territoriale di intervento sul cinema. Se all’inizio gli interventi locali partivano dalle Film Commission, ultimamente si sono aggiunti anche interventi diretti da parte di Enti Locali o Fondi di Sviluppo regionali, che hanno interesse a sviluppare progetti all’interno del proprio territorio. Che cosa significa questo in termini pratici? Significa che se decido di andare a girare un film in Piemonte, la Regione, attraverso la sua Film Commission, è disposta ad erogarmi un contributo economico, e mi aiuta anche a trovare le location, le troupe, gli attori locali e le comparse. Insomma, mi mette a disposizione dei servizi che servono non solo ad ottimizzare il mio lavoro, ma anche ad abbassarne i costi. Nel Lazio, poi, c’è la FILAS, un fondo di sviluppo per piccole e medie imprese che non si rivolge solo al cinema, ma è molto attiva per quanto riguarda tutto il settore dell’audiovisivo. La FILAS entra nel progetto con una partecipazione al rischio, come se fosse un imprenditore che si affianca alla produzione, e, chiaramente, gode anche dei benefici di profitto qualora il prodotto abbia successo.

Di solito, i contributi erogati dalle Film Commission sono a fondo perduto, nel senso che aiutano le riprese senza entrare nell’investimento. Un sistema come il fondo di sviluppo della FILAS, invece, partecipa sia al rischio sia a quelli che possono essere i benefici se l’operazione va a buon fine. Ultimamente, a compensare l’abbassamento dei fondi statali, è stato avviato anche il discorso del tax credit e del tax shelter, come sistemi alternativi per il finanziamento dei film. Il tax credit, in parole povere, è un sistema che permette ai produttori di recuperare, in parte, le tasse che dovrebbero pagare allo Stato sulle produzioni cinematografiche. L’anno scorso, infatti, è passato un decreto legge per cui il produttore può recuperare una parte del capitale investito pagando una quota di oneri sociali e fiscali inferiore a quella che gli spetterebbe. Questa possibilità, ovviamente, passa attraverso dei controlli molto severi dal punto di vista amministrativo e finanziario. Con il tax shelter, invece, si cerca di favorire gli investitori privati – come, ad esempio, le grandi aziende – nella produzione dell’audiovisivo, attraverso il reinvestimento di una quota percentuale della somma che dovrebbero destinare al fisco per i profitti ottenuti. Questo sistema è stato utilizzato spesso nel settore dei Beni Culturali da molti enti organizzatori di grandi mostre: una parte di quello che doveva essere dato allo Stato in forma di tasse veniva invece utilizzato attraverso un investimento in beni culturali. Ciò permette di sostituire l’intervento diretto dello Stato attraverso il Fondo Unico dello Spettacolo con investimenti privati favoriti attraverso un abbassamento della quota di tasse da pagare.

Un esempio.Se un produttore realizza un film che gli costa un milione e mezzo di euro, dovrebbe pagare allo Stato un’IVA pari al 20% del valore prodotto, ossia 300.000 euro. Con il tax shelter lo Stato gli dà la possibilità di non versare parte di tale somma per utilizzarla nella produzione di un altro film: in questo modo, il produttore potrà acquistare nuove musiche, pagare un attore più quotato o prolungare le riprese di qualche settimana. Il tax shelter e il tax credit, insomma, non si traducono in un profitto per l’imprenditore, ma in benefici che egli può utilizzare per ridare vita al sistema tramite il reinvestimento. Le produzioni cinematografiche presentano per il territorio tre aspetti di ritorno economico. Prima di tutto, c’è un vantaggio che riguarda tutto il territorio italiano, escludendo ovviamente Roma che è una realtà privilegiata, visto che raccoglie il 90% delle produzioni cinematografiche e televisive. Il cinema porta manodopera e lavoro all’interno di aree che magari non possiedono maestranze proprie: alcune delle Film Commission più attive (posso citare quelle della Sicilia, della Puglia, del Friuli o del Piemonte), hanno cominciato ad attirare le produzioni nelle loro Regioni e questo ha ricadute importantissime sulla loro economia! Una troupe di 50 persone, che si trattiene per alcune settimane sul territorio, mangia, produce, consuma, riempie gli alberghi anche fuori stagione! Le Regioni più attive, poi, stanno iniziando a creare un loro sistema di maestranze che operano in questo settore: e così, sono nati degli elettricisti, dei macchinisti, dei direttori della fotografia anche fuori dal contesto della capitale. L’Emilia Romagna, per esempio, ha lavorato molto sui video clip e sulle pubblicità: ecco che si creano delle figure professionali che fino a poco tempo fa non esistevano fuori da Roma! Ed è ovvio che poi, come in qualsiasi altro settore, la produzione richiede anche la formazione: ecco che, se all’interno di una Regione inizia a crearsi un sistema produttivo, verranno aperti anche nuovi corsi universitari e professionali. Il secondo vantaggio è di tipo promozionale.

Se vado a vedere un film ambientato in Friuli Venezia Giulia, piuttosto che in Puglia o in qualche altra Regione che non ho ancora visitato, in me può scattare il desiderio di andare lì a trascorrere le mie vacanze. Il turismo cinematografico è enorme in tutto il mondo. Basti pensare a Matera: dopo “La passione di Cristo”, molte agenzie turistiche statunitensi avevano inserito nel tour italiano questa città, che prima non era certo molto conosciuta. Ma dopo il film, c’era un via vai di pullman pieni di turisti americani che andavano a visitarla! L’effetto di ritorno turistico è fortissimo. Una città come Trieste, che negli ultimi quattro o cinque anni ha investito molto sul prodotto cinematografico, sta diventando una meta ambitissima: se prima, nell’immaginario collettivo, era più che altro una città di confine, ora è diventata una città di circuito… Èl’abbondanza di immagini che fa scattare il desiderio di andarci. Per Torino vale lo stesso discorso. Io stesso, quando da ragazzo ero andato all’estero in cerca di location interessanti, mi ero recato in Scozia ed in vari altri posti del Regno Unito: gli Inglesi sono stati i primi ad organizzare questo tipo di tour, e già negli anni ’80 e ’90 pubblicavano delle guide che indicavano i percorsi automobilistici per arrivare nei luoghi dove erano stati girati “Momenti di Gloria” o “Highlander”! Ora, finalmente, si sta facendo la stessa cosa anche in Italia. Un terzo tipo di ritorno economico della produzione cinematografica esiste per le realtà locali che, come FILAS, entrano all’interno del sistema non soltanto dal punto di vista dell’investimento e della promozione, ma partecipano in quota parte. Se una di queste realtà fosse entrata nella produzione del film “Notte prima degli esami”, da me ideato e coprodotto, ad esempio, avrebbe avuto automaticamente un beneficio anche sette volte superiore a quello dell’investimento! In questi casi, basta un film azzeccato per recuperare un anno di investimenti.

Giannandrea Pecorelli
Produttore cinematografico e televisivo

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