Terremoti: norme e classificazione

I terremoti avvengono lungo le spaccature della crosta terrestre, dove le rocce si scontrano e si allontanano. I Paesi che più ne risentono sono quelli ubicati lungo i margini di una placca, come la California e il Giappone, mentre l’Australia, ad esempio, sita lontana dai margini, non sa quasi cosa siano. Il 70% del territorio italiano è a rischio perché tutto il bacino del Mediterraneo si trova vicino alla frattura fra le placche africana ed eurasiatica. Il nostro Paese, attraversato da numerose faglie sismiche, è teatro di frequenti terremoti, generalmente di magnitudo modesta. La massima osservata è 7.2, in occasione del terremoto di Messina del 1908. Il valore è inferiore ai terremoti di California e Giappone, che rilasciano un’energia 20/30 volte superiore, avendo magnitudo maggiore di 8 e per difendersi dai quali non sempre é sufficiente abitare in solide costruzioni in cemento armato. Il terremoto in sé non uccide: è il conseguente crollo di edifici, ponti e strade che causa morti e feriti. La classificazione sismica del territorio (introdotta per la prima volta nel 1908 a seguito del terremoto che distrusse Messina e Reggio Calabria) viene in aiuto, andando a suddividere il territorio nazionale in varie aree di diversa pericolosità, per le quali devono essere stabilite norme vincolanti per le costruzioni, di severità proporzionata al terremoto atteso. Risale al 1984 la prima vera classificazione sismica omogenea del territorio nazionale basata su rigorosi criteri scientifici. Questa viene aggiornata a partire dal 2003 dalle varie Regioni italiane, sulla base di una mappa di pericolosità sismica contenuta in un’Ordinanza della Protezione Civile (n. 3274 del 26 marzo 2003) che stabiliva anche i criteri generali per la classificazione sismica del territorio. Le Categorie sono state rinominate Zone, per le quali sono state fissate soglie di PGA (Peak Ground Acceleration, l’accelerazione orizzontale massima del suolo) con probabilità di superamento del 10% in 50 anni. È stata introdotta una zona per le aree precedentemente non classificate, cosicché tutto il territorio nazionale risulta oggi sismico, sia pure con gradi di pericolosità molto diversi. Parallelamente alla nuova classificazione, sono state aggiornate le norme tecniche per la costruzione ed è stata introdotta per la prima volta una normativa tecnica specifica per i ponti. Le nuove abitazioni devono pertanto essere costruite rispettando le regole antisismiche che indicano come rendere gli edifici elastici, in modo che si scuotano, ma non crollino sugli abitanti a seguito del collasso della struttura. Più complesso il discorso relativo alle vecchie costruzioni, solide, bellissime, ma per niente elastiche. Renderle più robuste è difficile, ma qualcosa si può fare, adottando sistemi per collegare le pareti tra loro e con i solai, rinforzando i punti più deboli ed intervenendo sui muri che presentano crepe, con un occhio particolare agli edifici che devono essere maggiormente a prova di terremoto, come ospedali, scuole, caserme e centrali che producono energia. Ciò premesso e considerando che più della metà del nostro territorio presenta un discreto rischio sismico, è preoccupante notare come l’edilizia protetta da un punto di vista sismico, cioè costruita con criteri di prevenzione dal collasso di questi edifici, sia soltanto del 14%. È la conseguenza del clamoroso ritardo con cui il nostro Paese ha recepito ed introdotto le norme antisismiche. Particolarmente grave è la procedura con la quale si è aggiornata nel corso degli anni la mappa sismica del territorio: si sono semplicemente aggiunti i comuni colpiti ad ogni nuovo evento sismico. Una procedura assurda (fortunatamente ora superata dalle nuove normative) se si considera che i terremoti più violenti e pericolosi hanno “periodi di ritorno” molto lunghi, anche nell’ordine di 1000 anni.

Mauro Volpatti

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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