La corsa della Tv

Da quando la televisione ha fatto la prima comparsa in Italia (era il 1954), ne ha percorsa di strada! Il suo potenziale espressivo, a cui concorrono vari settori e competenze tecnologiche ed operative, ma anche competenze comunicative ed artistiche, si è delineato all’interno dei confini della comunicazione di massa.

Il piccolo schermo ha notevoli possibilità creative, figurative, narrative, comunicative, ma i grandi network lo hanno penalizzato nelle sue specificità artistiche, perché per rincorrere programmi di successo hanno spazzato via la ricerca, la sperimentazione, la verifica e l’indagine dai loro obiettivi aziendali. Le strategie aziendali hanno diviso il pubblico in due fasce: quello interessato ad argomenti educativi che si possono trovare nei canali specifici, e quello generalista, che opta invece per proposte di intrattenimento più “leggere”. Sebbene dal punto di vista tecnologico ed operativo la TV abbia fatto notevoli progressi, orientandosi per esempio verso la TV digitale, per quanto concerne le competenze comunicative ed artistiche ha subito una degenerazione tale da essere spesso etichettata come “TV-spazzatura”. Si tratta di un tipo di televisione che rende molto in termini di ascolti, ed è proprio nella guerra degli ascolti che molto spesso la qualità va inesorabilmente a soccombere in favore dell’audience. Il discorso è controverso, illogico. Per fare un esempio, molti criticano i reality-show, ma tanti, in particolare i giovani (vuoi per piacere, vuoi per curiosità), li guardano e finiscono con il prendere come modelli da imitare i loro protagonisti. Data l’offerta televisiva delle televisioni generaliste, in primis c’è da chiedersi perché ci si pone davanti al teleschermo per assistere a programmi dal dubbio spessore, ma soprattutto se è ancora possibile considerare la televisione come una risorsa educativa. Esistono programmi culturali e rotocalchi che affrontano temi interessanti, o che in ogni caso vengono proposti all’insegna del buon gusto, ma sono di certo più numerosi quelli in cui banalità e maleducazione fanno da padrone.

Oggigiorno ci troviamo davanti ad una TV fatta più che da professionisti (che spesso devono accontentarsi di programmi di nicchia) da “improvvisati”, da persone che vengono assurdamente considerate VIP, ma che alla fin fine vendono specchietti per le allodole perché non hanno una preparazione adeguata alle spalle, e pertanto hanno poco da dire e ancor meno da dare. La televisione si prospetta, quindi, senza valori ma, dal momento che entra nelle case di tutti, ha il potere di far diventare i suoi non valori, dei valori. Alla resa dei conti, il prodotto vincente è quello che piace, e se alle persone soddisfa assistere allo squallore di domeniche perse tra sghignazzamenti e pettegolezzi non possiamo prendercela con nessuno: ma perlomeno dovremmo soffermarci a pensare che noi adulti abbiamo delle responsabilità nei confronti delle nuove generazioni. È un dato di fatto che il martellamento mediatico non ci risparmia pubblicità che si colorano di non-senso e atteggiamenti che invitano al consumismo e ad un’idea distorta di benessere e di bellezza. Gli spot che condizionano i più giovani, e che nascondono sotto forma di valori degli ideali che valori non sono, non rappresentano di certo l’eccezione. Tutto questo entra ogni giorno nelle nostre case senza che ce ne accorgiamo e soprattutto, senza che sia stato scelto.

Un tempo si diceva, o meglio si credeva, che la televisione fosse strumento utile, che educasse quel popolo di ascoltatori che ne diveniva fruitore. Oggi invece, si mette sempre più in dubbio la sua preziosa pubblica utilità, ma tutto sommato forse si commette un errore. Sia quel che sia, la piccola scatola parlante continua, anche nel terzo millennio, a formare i suoi spettatori e, quindi, ad occupare uno spazio senza dubbio significativo. Anche quando trasmette un messaggio negativo sortisce grandi effetti su quanti la guardano, basti pensare che il sogno nel cassetto di molte ragazzine è quello di diventare veline. Si pensi, inoltre, ai modi di dire che costanti e prepotenti entrano nel linguaggio comune, frutto di un altro tipo di linguaggio che è il meta-linguaggio che possiede quel contenitore che, apparentemente, si presenta come un semplice ed innocuo elettrodomestico. Una dialettica sottile, nascosta, che riesce a celare significati dietro altri, che lancia messaggi che divengono mezzo d’istruzione, di un’istruzione diversa, al di fuori dei canoni tradizionali; ma a volte anche più forti di quest’ultimi.

 Dario Cardinale
Sociologo – Assistente Sociale

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Rispondi