Il lavoro portuale

Tutti noi ricordiamo il 2001, anno in cui si è verificato il decesso a bordo nave di un collega. A seguito di questo episodio sono stati riscontrati solo infortuni di moderata entità. Questo sino al 10 gennaio scorso quando, a causa di una manovra errata, un camionista bulgaro ha perso la vita nel piazzale del terminal di Riva Traiana

Il porto è un’area interamente operativa nella quale circolano numerosi mezzi pesanti. Ciò significa che il lavoratore, nel momento stesso in cui vi accede, è assoggettato a rischi di non poco conto e, pertanto, le manovre di circolazione devono essere effettuate con estrema attenzione e scrupolosità.  Nei terminali affidati ai singoli addetti vengono svolte mansioni che possono mettere a repentaglio la propria e l’altrui sicurezza. Rumore e scarsa visibilità, tipici dell’ambiente portuale impongono, per esempio, ai macchinisti di svolgere i propri compiti senza la possibilità di concedersi la benché minima distrazione che potrebbe rivelarsi fatale sia per l’operatore stesso, sia che per chi circola nei dintorni. All’interno del Porto, le misure di sicurezza preventive sono elaborate dai responsabili del Porto stesso e coordinate con l’Autorità Portuale e la Capitaneria di Porto. I piani di intervento vengono coordinati con tutti i soggetti nel rispetto della legge 626 (introdotta in Italia nel 1994 ai fini di regolamentare la sicurezza sui luoghi di lavoro) e della legge 272 (principi generali in materia di sicurezza e igiene del lavoro inerenti le operazioni e 1 servizi portuali). Malgrado tutti siano consapevoli dei fattori di rischio, talvolta accade di rimanere coinvolti in incidenti gravi o persino mortali. Per fortuna, si tratta di episodi con frequenza non elevata (ed in calo rispetto agli anni passati), ma non per questo da sottovalutare. Tutti noi del settore ricordiamo con rammarico il 2001, anno in cui si è verificato il decesso a bordo nave di un collega. A seguito di questo triste episodio, sono stati riscontrati esclusivamente infortuni di moderata entità. Questo sino al 10 gennaio scorso, quando a causa di una manovra errata, un camionista bulgaro ha perso la vita nel piazzale del terminal di Riva Traiana. Sebbene l’incidente in questo caso non sia direttamente correlato all’attività portuale, perché la disgrazia poteva accadere con le stesse modalità in qualsiasi altro luogo, la Prefettura ha ritenuto più che mai opportuno indire una riunione per arrivare alla stesura di un protocollo che regolamenti le attività di verifica per la sicurezza dei lavoratori nel Porto di Trieste. Lo scopo è quello di avere un maggior numero di lavoratori a disposizione per i controlli e, nella migliore delle ipotesi, poter persino avvalersi di presidi costanti all’interno del Porto. Al protocollo d’intesa stanno lavorando l’Autorità Portuale, l’Azienda sanitaria, la Capitaneria di Porto, i sindacati e i rappresentanti degli spedizionieri e della Lega delle Cooperative: l’obiettivo è che il protocollo venga siglato entro trenta giorni. A mio avviso, per limitare al minor numero possibile gli incidenti sul posto di lavoro, è fondamentale operare maggiormente sulla formazione del personale e far crescere la qualità delle imprese. Gli addetti alle navi, tanto per fare un esempio, devono per forza di cose essere consci di dove e come operare. Non sono sufficienti i corsi di formazione che prevedono poche ore di insegnamento, perché, nel caso specifico delle navi, ognuna di esse ha la sua particolarità. L’operatore deve essere messo in condizione di incamerare più conoscenze possibili in merito ai rischi che si possono incontrare a bordo, perché solo così può riconoscerli e soprattutto evitarli per il bene di tutti. è chiaro che anche l’esperienza sul campo gioca un ruolo fondamentale al fine di non rimanere coinvolti in tragici incidenti, ma, alla base di tutto, deve per forza di cose esserci una formazione adeguata per il tipo di mansione che ci si appresta a svolgere in un luogo dove il rischio è sempre in agguato.Forse proprio perché i rischi sono notevoli, da molti anni a questa parte è andato consolidandosi sempre di più uno spirito di solidarietà fra i lavoratori portuali. Incentivati dall’organizzazione sindacali, in caso di incidenti mortali o invalidanti si dimostrano molto vicini alle famiglie rimaste senza sostegno economico. Esiste la buona, seppur triste abitudine, di elargire dei fondi tramite trattenuta sulla busta paga (ed in alcuni casi anche con un’ulteriore raccolta di danaro da parte dei lavoratori stessi) a chi si trova in un momento di difficoltà. Ciò sta a significare che lo stereotipo comune del portuale rozzo ed insensibile è molto distante da quella che è l’effettiva realtà. Il Porto vive grazie ad un insieme di persone che portano avanti i propri compiti con passione e costanza. Tutti, indistintamente, a partire dall’operaio per arrivare alle cariche dirigenziali, stanno contribuendo a quelli che oggi possiamo definire cambiamenti positivi. La crisi di qualche anno fa comincia a sentirsi sempre meno. Vi è una capacità progettuale orientata ad intervenire con investimenti che facciano crescere il porto di Trieste, che, ci si auspica, diventi ben presto la porta del Sud Europa in modo tale da veder crescere in maniera esponenziale i propri traffici.

Fabio Sanzin
Amministratore unico impresa portuale di Trieste

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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