Il bullismo

Il bullismo, che nasce come fenomeno studiato e monitorato a partire dagli anni ’70, è cambiato negli ultimi decenni? A questa domanda non è facile trovare una risposta immediata. Sono certamente cambiati i contesti, le abitudini di vita, le tecnologie, e conseguentemente il modo in cui si manifestano le prevaricazioni e le molestie, ma le azioni di sopraffazione e di vandalismo rimangono una eventualità del percorso di crescita dei minori tra i sette ed i diciotto anni ora come allora. Certo fino a pochi anni addietro si manifestava con le forme di persecuzione “faccia a faccia”, ma oggi con le nuove tecnologie si è trasformato anche in “bullismo digitale”. La cronaca degli ultimi mesi ha colpito tutti per la novità delle forme di vessazioni: la trasmissione al gruppo di amici di filmati violenti con le videochiamate, oppure di immagini pornografiche delle vittime con gli “mms”.

Cambiano le modalità, ma si tratta comunque sempre di episodi che talvolta arrivano a configurare ipotesi di natura penale, ma nella maggior parte dei casi rimangono al limite della legalità rientrando a pieno titolo nella definizione di bullismo. La grande capacità dei giovani di utilizzare le nuove tecnologie potrebbe comportare anche un aumento esponenziale degli episodi di bullismo a causa della possibilità di esaltazione anche mediatica dei gesti. Nello stesso tempo la vittima trova proprio nell’utilizzo delle tecnologie una prima forma di aiuto per sapere “che fare” e per reagire nel modo più adeguato ai soprusi. Infatti sono stati l’attivati numerosi siti internet sul bullismo a sostegno delle vittime e dei genitori. Anche la Polizia di Stato ha attivato un sito ove vengono forniti consigli e correttamente descritto il bullismo che è differente sia da un conflitto alla pari tra ragazzi, che è da considerarsi un passaggio del percorso di crescita, sia dal subire un reato vero e proprio, che deve essere immediatamente denunciato come tale.

In ogni caso fondamentale è l’attenzione al fenomeno all’interno delle scuole, poiché è in tale ambito che si sviluppa principalmente ed occorre promuovere iniziative di prevenzione e di informazione per le vittime.
Nonostante l’evoluzione normativa alla quale abbiamo assistito negli ultimi decenni a partire dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989, la progressiva sostituzione dell’autorità delle potestà familiari con il principio della responsabilità parentale, finalmente introdotto nel nostro ordinamento con il Regolamento CE n.2201/2003, e tutti gli interventi di modifiche normative dalla riforma del diritto di famiglia del 1975 alla legge sull’affidamento condiviso del 2006, non sembra che i problemi dei fanciulli e degli adolescenti siano stati risolti.
La strada percorsa fino ad oggi dai legislatori internazionali e nazionali sul piano del riconoscimento dei diritti del fanciullo è giusta. Ma la difficoltà che vivono i giovani d’oggi è quella che vivono anche gli adulti. La complessità di una società che ancora oggi afferma troppi diritti sulla carta e non nella vita di tutti i giorni, ove l’insicurezza sembra dominare nelle grandi città come nelle piccole, ove sono sempre in discussione i sistemi di difesa sociale e di prevenzione del crimine, rendono fragili e insicuri gli adulti ed anche i giovani.

A fronte della crescita dei diritti del bambino e dell’adolescente nel mondo occidentale ed in particolare in Europa, non si assiste ad una proporzionale diminuzione delle manifestazioni di disagio e violenza nei giovani. Il mondo degli adulti, che giustamente tenta di colmare un vuoto culturale e normativo di secoli, non ha ancora trovato la maniera di rendere i giovani veramente consapevoli e titolari dei nuovi diritti e del nuovo ruolo che possono ricoprire, poiché è ancora prevalente l’aspetto consumistico della loro presenza nella nostra società e troppe famiglie supinamente si ispirano ai valori della società dei consumi nell’educazione dei figli.
Recentemente è stato addirittura riconosciuto dalla giurisprudenza italiana il diritto del minore all’autoeducazione, ossia a decidere di non ricevere l’istruzione obbligatoria anche in contrasto con la volontà dei genitori, quasi a certificare la morte definitiva dell’alleanza tra famiglia e scuola, alleanza che dovrebbe essere considerata strumento fondamentale per contrastare i fenomeni di bullismo, unitamente al supporto delle agenzie sociali.

Oggi si assiste all’elaborazione di svariati metodi per contrastare i fenomeni del disagio degli adolescenti e nello specifico del bullismo. Tendenzialmente ci si è allontanati dalla valorizzazione dei punti di riferimento tradizionali, la famiglia e la scuola. La ricerca è ancora in corso, ma non si sono ancora affermati valori di riferimento alternativi, in grado di ridare solidità all’elaborazione di politiche educative e preventive.
In presenza di un vuoto di valori condivisi ed alternativi, è legittimo domandarsi se sia opportuno abbandonare i punti di riferimento tradizionali, quali la famiglia e la scuola che ancora oggi sono immuni da caratterizzazioni religiose o partitiche, requisiti necessari per far fronte ai cambiamenti che la nostra società non è in grado di governare con tempestività.

Avv.Sonia Viale

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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