La mediazione penale in ambito minorile

La mediazione è un percorso relazionale tra due o più persone per la risoluzione  di conflitti che li riguardano personalmente. Nella mediazione penale il conflitto è il reato commesso-subìto e quindi l’asimmetria delle parti, vittima e reo, costituisce un fattore specifico che richiede particolari cautele e tutele a protezione dei soggetti ed una  diversificazione degli obiettivi della mediazione

La mediazione penale in ambito minorile è un intervento che viene realizzato negli spazi normativi del codice di procedura penale per i minorenni ( D.P.R. 448/88 ) e che non si configura come alternativo al processo infatti la Costituzione italiana sancisce il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale. Attualmente la mediazione non è regolata da alcuna specifica normativa e viene applicata nell’ambito del processo penale minorile, processo che ha regole procedurali peculiari rispetto a quello previsto  per gli adulti.

La mediazione trova applicazione prevalentemente nelle fasi delle indagini preliminari ( art.9 DPR 448/88) quando il Pubblico Ministero e il Giudice acquisiscono elementi utili alla valutazione delle condizioni e delle risorse personali, familiari, sociali e ambientali del minore. Nella fase dell’udienza preliminare o del dibattimento, la mediazione viene realizzata soprattutto nell’ambito della sospensione del processo e messa alla prova del minorenne ( art. 28 ) in quanto attività diretta alla riparazione del danno e alla conciliazione con la vittima. La mediazione penale può essere realizzata anche in fase di esecuzione penale, nell’ambito della misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova al Servizio Sociale (art. 47 L.354/75). Le prime iniziative in materia di mediazione penale minorile sono state avviate a Torino nel 1995 ed hanno poi interessato numerose altre sedi; le attività vengono realizzate in centri/uffici in cui lavorano operatori della giustizia minorile, degli enti locali e, in alcuni casi, professionisti privati. Diffuse in tutto il territorio nazionale le sedi, tra queste  Torino, Milano, Salerno, Bari, Catanzaro, Palermo.

Il modello organizzativo prevalente è costituito da un organismo, denominato “ufficio” o “centro per la mediazione penale”, con sede autonoma dal Tribunale per i Minorenni, che coinvolge, in genere, la Regione, il Comune, il Centro per la Giustizia Minorile  in quanto gli obiettivi della mediazione penale minorile sono rivolti sia all’autore del reato sia alla vittima e  quindi coinvolgono le competenze del sistema penale e di quello sociale.

Per disciplinare le modalità di collaborazione e gli impegni assunti dalle diverse Amministrazioni, sono stati siglati numerosi protocolli d’intesa  con la firma o l’assenso del Presidente del Tribunale per i Minorenni e del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni, competenti per quel Distretto di Corte d’Appello.

In assenza di un profilo professionale specifico, il ruolo di mediatore viene esercitato da operatori che hanno una formazione nel campo pedagogico, sociale o psicologico e che abbiano partecipato a corsi di formazione specifici per l’attività di mediazione penale.

Cosa s’intende per mediazione

La mediazione è un percorso relazionale tra due o più persone per la risoluzione di conflitti che li riguardano personalmente.  Nella mediazione penale il conflitto è il reato commesso-subìto e quindi l’asimmetria delle parti, vittima e reo, costituisce un fattore specifico che richiede particolari cautele e tutele a protezione dei soggetti ed una diversificazione degli obiettivi della mediazione. Per la vittima, che nel processo penale minorile non può costituirsi come parte civile (art.10 del D.P.R. 448/88), la mediazione consente di esprimere in un contesto protetto il proprio vissuto personale rispetto all’offesa subìta, di uscire da un ruolo passivo, di dare voce e visibilità alla propria identità personale.

Al minore – autore del reato, la mediazione permette una responsabilizzazione sul danno causato e sulle possibilità di riparazione: la riservatezza dell’incontro e la separazione dal procedimento penale favorisce l’emersione dei contenuti emotivi legati agli eventi in un contesto relazionale protetto.

Il mediatore ha un ruolo neutrale, non direttivo, di facilitatore della comunicazione oltre che di garante delle regole di interazione verbale e dialettica che all’inizio dell’incontro di mediazione vengono prioritariamente esplicitate, per una condivisione e accettazione delle parti. L’esito del percorso di mediazione penale si configura come positivo o negativo e viene comunicato al giudice dal mediatore, senza riferire motivazioni specifiche data la riservatezza dell’incontro. Per  esito positivo, s’intende una ricomposizione o significativa riduzione del conflitto: in tal caso si prevede la possibilità di definire accordi di riparazione riguardanti interventi diretti alla vittima, compreso il risarcimento, o attraverso lo svolgimento di attività di utilità sociale. Tale opportunità consente, prescindendo dal giudizio penale, una riparazione delle conseguenze del reato con una diretta valenza restitutiva per la vittima ed educativa per l’autore del reato.

La mediazione penale minorile rappresenta un segmento del complesso degli interventi svolti dai Servizi Minorili della Giustizia e, a partire dall’anno  2002, vengono monitorate dal Dipartimento Giustizia Minorile tutte le attività di mediazione penale minorile in corso sul territorio nazionale per avere dati specifici sui casi di mediazione avviati nelle singole sedi.

La tabella seguente evidenzia, nel triennio 2002-2003, un aumento del numero delle mediazioni effettuate da 133 a 214, incremento che riguarda anche la percentuale dei minori segnalati al centro di mediazione.

 * Percentuale rispetto ai minori segnalati

**Percentuale rispetto alle mediazioni effettuate

Maria Teresa Pelliccia
Responsabile del Servizio 2°, promozione e divulgazione interventi
Elisabetta Ciuffo
Responsabile del Servizio 2°, ricerche e monitoraggi

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