Sviluppo infantile e psicologia dello sviluppo

Stando ai risultati delle ricerche effettuate negli ultimi anni, l’evoluzione di un bambino è frutto di molteplici fattori e risponde a modelli probabilistici di determinazione incert

Nello studio dei processi implicati nello sviluppo psicologico del bambino la ricerca scientifica, negli ultimi anni ha precisato alcuni aspetti sui quali convergono la quasi totalità degli attuali maggiori esperti del settore. Alle concezioni dominanti del secolo scorso orientate dalla ricerca della individuazioni di stadi di sviluppo in qualche modo definibili in modo lineare, si pensi al fondamentale contributo dello psicologo svizzero Jean Piaget o all’austriaco Sigmund Freud per citarne solo alcuni, si è via via affermata una concezione per la quale lo sviluppo infantile è difficilmente riconducibile a sistemi lineari di spiegazione mentre risponde più adeguatamente a modelli probabilistici e di determinazione incerta. (Novack 1999, Ricci 2004). Sul fatto che i processi implicati nello sviluppo abbiano carattere interattivo e rispondano ad una logica circolare piuttosto che lineare e altrettanto condiviso nella comunità scientifica degli psicologi dello sviluppo. Così come l’idea che lo sviluppo sia rispondente al principio di equifinalità per il quale origini e strade diverse possono condurre ad una medesima meta è altrettanto unanimemente sostenuta.

Lo sviluppo secondo la psicologia cognitivo-comportamentale

Prendendo le mosse da una ormai vecchia ma ancora stimolante definizione di sviluppo come “cambiamento progressivo nelle interazioni fra il comportamento di un individuo e le persone, gli oggetti e gli eventi del suo ambiente” si approda ad  una concezione dello sviluppo in continua evoluzione nel senso che “implica sistemi sempre mutevoli, dinamici. Tali sistemi coinvolgono una persona sempre mutevole in costante e reciproca interazione con l’ambiente che si modifica continuamente. L’ambiente è influenzato dalla persona e nella persona produce cambiamenti. A sua volta, la persona influenza l’ambiente e nell’ambiente produce cambiamenti. Nei sistemi dinamici la persona e l’ambiente sono in reciproca interazione o transazione” (Novak, 1999, p.8). Entrando nel merito di questa concettualizzazione è interessante rilevare come l’enfasi non è posta tanto sull’apprendimento di comportamenti nuovi quanto sulla relazione tra comportamenti e tra comportamenti e ambiente. Questo significa che lo sviluppo non si caratterizza solo per il fatto che impariamo nuovi modi di comportarci ma quello che accade più di sovente è che cambiamo il modo di organizzare i nostri comportamenti. Ricci (2004) illustra un esperimento virtuale che bene esemplifica questo concetto: “immaginiamo il seguente esperimento: proponiamo ad un gruppo di soggetti sperimentali un protocollo nel quale sono rappresentate in forma iconografica (disegni) centinaia di movimenti delle dita delle due mani poste in sequenza fra di loro, il compito consiste nel riprodurre questi movimenti nel modo migliore possibile. Attraverso un sofisticato sistema di videoregistrazione saremo in grado di misurare la discrepanza tra la riproduzione effettuata dal soggetto sperimentale e il movimento rappresentato dal protocollo, potremo inoltre misurare il numero di ripetizioni necessarie perché tale discrepanza sia ridotta al minimo. Con le dovute differenze individuali tutti i soggetti giungeranno ad una buona riproduzione dei movimenti, questo significa che questi comportamenti sono acquisiti e che, in quanto singole azioni, erano già presenti nel repertorio comportamentale degli individui esposti al compito. Ora chiediamoci da dove erano stati tratti quei disegni rappresentati nel protocollo. Ebbene sono una fedele trascrizione di quelli eseguiti dalle mani di Rubistein durante un’ esecuzione di un opera di Chopin. Questo significa che siamo tutti in grado di riprodurre i movimenti delle mani di Rubistein ma, nonostante ciò, credo che se provassimo a confrontare gli esiti della sua performance con la nostra le differenze sarebbero assolutamente evidenti. Il punto è che il pianista non fa comportamenti diversi, o in aggiunta, ma è il modo in cui li organizza che fa la differenza. E’ come se man mano che si sviluppa l’interazione tra il nostro comportamento e l’ambiente che ci circonda si vengono a creare nuove funzioni che a loro vota determineranno diversi gradi di organizzazione delle transazioni tra le nostre azioni e l’ambiente che ci circonda.”

Sul carattere progressivo dello sviluppo la concezione attuale non enfatizza l’aspetto sistematico e continuo di accrescimento di competenze ma più semplicemente lo definisce in termini di continuità tra sviluppo precedente, situazione attuale e sviluppo futuro.  In conclusione citando Ross (1982) potremo dire che lo sviluppo è il risultato di interazioni complesse e si caratterizza per la continua e reciproca interazione dei processi dinamici e il comportamento emesso dall’organismo è funzione dell’interazione reciproca di almeno cinque fattori: corredo genetico costituzionale, storia delle interazioni precedenti, condizioni fisiologiche attuali, condizioni ambientali attuali e dinamiche comportamentali..“anche il più semplice dei comportamenti è funzione della combinazione di molti fattori così come un comportamento umano complesso può emergere dal flusso congiunto di molteplici condizioni semplici” (Novak, 1999, 32).

Un altro aspetto che aiuta a comprendere le complesse dinamiche dello sviluppo infantile è il già citato principio di equifinalità. Questo termine sta ad indicare che strade diverse possono portare al medesimo luogo. Ciò significa che si possono raggiungere risultati evolutivi simili per mezzo di combinazioni diverse di interazioni. Non solo, considerando poi la unicità delle condizioni genetiche di ogni singolo individuo, le inevitabili differenze nella storia dell’interazione, la combinazione di fattori ambientali attuali e i fattori fisiologici di una situazione data, rende conto della unicità dello sviluppo per ogni singola persona. Questo  significa che anche se  raggiungiamo risultati comuni,  lo facciamo attraverso percorsi  e modalità individualizzate, quindi, differenti.

 Luigi Giacco
Segr. Commissione Bicamerale per l’Infanzia

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