“Lo scienziato che aggiusta le cose”

Che immagine hanno i più piccoli della scienza? E quali processi si nascondono dietro alla nascita del linguaggio e della percezione? Alla Sissa si cercano le risposte. Insieme ai bambini.

Alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste c’è un grande interesse per lo studio dei bambini. I punti di vista sono molteplici: si parte dallo studio delle capacità cognitive che vengono esplorate dal settore di Neuroscienze Cognitive per arrivare all’analisi della percezione della scienza condotta dal gruppo di ricerca Innovazioni nella Comunicazione della Scienza (ICS).

Il Laboratorio del Linguaggio, della Cognizione e dello Sviluppo della Sissa, guidato da Jacques Mehler, si occupa di bambini molto piccoli, dalla nascita agli 8 mesi d’età. Queste ricerche riguardano lo studio del linguaggio, e in particolare delle aree del cervello che si attivano all’ascolto del segnale linguistico. Altri aspetti riguardano lo studio comportamentale finalizzato alla comprensione dell’interesse dei bambini nell’osservazione d’immagini o nell’ascolto di suoni. I bambini iniziano a parlare quando hanno circa un anno e mezzo, ma già alla nascita hanno aree cerebrali attive per la capacità linguistica. Lo stesso avviene per altre azioni cognitive, come la visione o l’udito. I neonati sono già in grado di riconoscere gli oggetti di una scena soprattutto quando si tratta di categorie naturali, conoscenze innate come ad esempio gli esseri umani. Non solo, dagli esperimenti condotti nei nostri laboratori è emerso che i bambini di cinque mesi hanno capacità numeriche sperimentali, e intuizioni naturali su diverse eventualità, come un oggetto che viene a mancare o cambia di colore. Oggi la sfida è quella di sviluppare procedure sperimentali che permettano di scoprire non solo quali sono gli stimoli che attivano i bambini, ma anche metodologie di neuro-immagine per studiare le aree del cervello attive.

Dal fronte degli studi sulla percezione a livello macrosociale emerge che la scienza è molto importante nella formazione dell’immaginario dei bambini. Il gruppo di ricerca Osservatorio Bambini e Scienza ha tra i suoi obiettivi quello di studiare le dinamiche e i contenuti impliciti di comunicazione della scienza, ovvero quello che sappiamo sulla scienza senza sapere di sapere. Per scoprire quali siano i patrimoni e le convinzioni condivise, ci siamo rivolti a un target molto ristretto, bambini tra i 5 e i 12 anni, intervistati attraverso focus group. È emerso che per i bambini più piccoli l’esperienza della scienza avviene sempre attraverso mezzi non formalizzati e sorprendentemente, che anche a quella età l’osservazione metodologica è già presente. Normalmente il metodo è una sofisticazione astratta, che subentra successivamente all’interesse, e viene utilizzato come strumento per imparare. Eppure, il bagaglio di conoscenze implicite dei bambini è fortemente legato al metodo. Per esempio se si chiede ai più piccoli come farebbero a contare quante stelle ci sono in cielo, le risposte più frequenti riguardano la possibilità di legarle una all’altra (da un gruppo sparso a una linea di elementi numerabili), oppure, in termini di misura, di contare quante ce ne sono in un quadrato ristretto, e poi moltiplicarlo per tutta la grandezza del cielo. Ci sono teorie sociologiche che descrivono i bambini come indicatori ecologici della conoscenza e dell’atteggiamento della collettività. Noi non crediamo che una generalizzazione di questo tipo sia corretta, ma possiamo affermare che le nostre convinzioni sulla scienza nascano molto presto, e siano influenzate da ciò che si vive da piccoli. Per avere un confronto tra prima e dopo, sono state svolte anche ricerche su adolescenti tra i 14 e i 16 anni. Dai dati ottenuti attraverso 5.300 questionari compilati nelle scuole di tutta Italia, è stato possibile trovare correlazioni forti con i risultati emersi dai focus group con i bambini. L’immagine più importante è quella di un rapporto molto stretto tra scienza e società. Per i bambini, “lo scienziato è nato dalla scienza”, utilizza “strumenti (i più citati sono siringhe e fiale) per inventare qualcosa quando vuole”, ma soprattutto “trasforma il vecchio in nuovo”. Più che conoscere, quindi, lo scienziato agisce; e anche per gli adolescenti la sua azione è generalmente positiva, guidata da curiosità e desiderio d’ordine, ma anche da bontà e altruismo. L’impressione è quella che dalla scienza i bambini si aspettino garanzie, e che le immagini più forti degli scienziati, soprattutto nei piccoli, arrivino dai fumetti e dalla tv. La sfida ora sarà quella di scoprire nel dettaglio quali sono gli attori e soprattutto i media che formano questa immagine della scienza nei ragazzi.

Stefano Fantoni
Direttore della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (S.I.S.S.A. – I.S.A.S.)

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