L’esperienza di Pinocchio nero e di TV slum

“Il bambino che occupa nella società africana una posizione unica e privilegiata e deve ricevere una tutela ispirata alle radici storiche ed ai valori della civiltà africana…”

Carta Africana sui diritti ed il benessere del bambino

Secondo le stime del governo keniota, Nairobi ospita oltre 100 mila ragazzi di strada. Si tratta in gran parte di giovani vittime della povertà, dell’AIDS, della carenza dei servizi educativi, ragazzi in fuga da situazioni familiari difficili, orfani maltrattati, abusati, emarginati, esclusi da ogni forma di assistenza, costretti a guadagnarsi la vita nelle strade e a passare la notte nelle discariche avvolti in semplici teli di plastica. Ragazzi privati dei diritti più elementari e spesso costretti a combattere per conservare i diritti acquisiti sul campo, ovvero in mezzo a una strada: il diritto di rifiutare le vessazioni di genitori violenti, il diritto di essere trattati con equità, giustizia e umanità dalla polizia, il diritto di informare con la propria esperienza e la propria vita gli stessi programmi di recupero, il diritto di essere ascoltati e di vedere riconosciuti i propri diritti innanzitutto da parte di chi pretende di assisterli: governi, società civili, educatori, ONG… In altre parole, il diritto fondamentale di “esprimersi”, di fare sentire la propria voce. A Nairobi sono sbrigativamente chiamati chokora: “quelli che vivono grazie ai rifiuti”. Rifiuti, gli “scarti” della società.

Molte organizzazioni, circa 300, sono nate a Nairobi e molti soldi sono stati spesi invano nell’ultimo decennio, per cercare di combattere questo fenomeno. Tanti progetti sono falliti, altri registrano percentuali altissime di abbandono, altri ancora si sono rivelati con il tempo veri e propri lager, centri di reclusione e di proselitismo. Luoghi recintati che non fanno altro che aumentare l’esclusione dei ragazzi dalle loro comunità, il loro sradicamento dalla società, senza riuscire a fornire a questi giovani veri strumenti di emancipazione. Questo grande, scoordinato e spesso vano, impegno nel campo del recupero, ha prodotto risultati deludenti anche per l’assenza di politiche pubbliche di intervento, coordinamento e regolamentazione.

Per sperimentare nuove strategie di intervento, cinque anni fa AMREF, la principale organizzazione sanitaria dell’Africa Orientale con base a Nairobi, ha avviato il “Children in Need Program”, un progetto pilota attivo nel sobborgo di Dagoretti, una vasta area nella periferia sud di Nairobi, che comprende al suo interno numerosi slum. Nato intorno a un prefabbricato e al lavoro con un gruppo di poche decine di ragazzi provenienti da Zion base, uno dei tanti e improvvisati centri di aggregazione delle bande di strada, il centro si è cresciuto negli anni è oggi sviluppato ed è Guidato da John Muiruri, un assistente sociale impegnato da vent’anni nel recupero dei ragazzi di strada, il progetto si è sviluppato ed è cresciuto negli anni fino ad interessare direttamente e indirettamente alcune migliaia di giovani.  Le attività del centro vanno dall’assistenza medica e alimentare al counselling individuale e familiare, dall’istruzione di base allo sviluppo dipiccoli progetti di microcredito, all’assistenza legale.

Punto di partenza e vero cardine del progetto è il pieno coinvolgimento della comunità, la moltiplicazione di contatti con la popolazione locale e la condivisione degli obiettivi con i leader locali, politici e religiosi per prevenire, a livello comunitario e familiare, la formazione di quelle condizioni di disgregazione sociale e di violenza che spingono tanti giovani sulla strada. La metodologia di relazione con i ragazzi è fondata sul concetto di “empowerment”, un percorso di recupero attivo, fondato sull’ascolto e sulla definizione di un terreno comune di incontro con i ragazzi che parta da una conoscenza effettiva dei loro bisogni e da una valutazione attenta dei significati e delle risorse della vita di strada. Un percorso fondato sulla condivisione, sulla responsabilizzazione e sulla partecipazione dei ragazzi alla ricerca graduale delle soluzioni e delle vie d’uscita ai problemi.  “Quando si cerca di aiutare un cosiddetto ‘bambino di strada’ – spiega John Muiruri, capo-progetto del Children in Need Program, da vent’anni impegnato nel recupero dei ragazzi di strada – bisogna innanzitutto comprendere come vive, da dove viene e perché. Ognuno ha una storia, una psicologia ed esigenze diverse, che bisogna imparare a conoscere e a rispettare. E’ un processo che richiede tempo: non esiste un ABC, un formulario valido per tutti, una soluzione universale….  Oggi è sempre più urgente trovare un terreno di incontro comune tra noi e i bambini, una comprensione reciproca traducibile in azioni concrete e in una ‘eventuale’ risposta positiva dei bambini alle azioni delle organizzazioni impegnate nel recupero”.

Con il passare degli anni, all’interno dei progetto hanno assunto un ruolo centrale la promozione e lo sviluppo di diverse attività di espressione e comunicazione nei confronti della popolazione del quartiere, con il duplice obiettivo difavorire percorsi formativi originali e di fornire ai ragazzi gli strumenti più efficaci per tornare a dialogare con la comunità di appartenenza.

Nel 2001 ha preso il via un progetto di video-formazione, culminato prima nella realizzazione di un film-documentario girato da otto ragazzi di Dagoretti (TV_SLUM , piccoli registi africani, da un’idea di Giulio Cederna, John Muiruri e Angelo Loy, regia di Angelo Loy, in Italia trasmesso da Tele + e in Kenya da Citizen Tv) e oggi nella produzione di 20 pillole da tre minuti ciascuna, a formare un vero e proprio sillabario della strada (The Arican Spelling Book, di Angelo Loy e Giulio Cederna, in onda prossimamente sul National Geographic Channel). Nato da una riflessione critica sul ruolo e sulle modalità dell’informazione relativa al problema dei ragazzi di strada – sempre limitata alle emergenze e svolta immancabilmente dalla stessa angolatura -, il progetto ha rivelato nel tempo importanti valenze formative: attraverso il percorso di insegnamento all’uso della videocamera e alle attività di conoscenza e di ripresa della loro baraccopoli, un numero sempre crescente di ragazzi e ragazze ha potuto intraprendere un processo di consapevolezza che ha contribuito ad allontanarli dalla strada.

Nel 2002 è toccato al teatro che, grazie alla generosa collaborazione dell’attore e regista Marco Balani, è diventato un potente strumento di socializzazione, formazione e recupero. Grazie al teatro, per tre anni il Teatro si è fatto casa e scuola: il corso, infatti, ha garantito una sistemazione adeguata e sicura a venti ragazzi provenienti dalle situazioni più difficili. Il percorso teatrale ha visto la realizzazione di una decina di stage con la collaborazione volontaria di altri professionisti italiani (Letizia Quintavalla, Maria Maglietta, Elisa Cuppini, Morello Rinaldi) e la partecipazione attori e danzatori kenioti. Nel corso del progetto i ragazzi hanno lavorato intensamente sul corpo, sulla voce, sui movimenti nello spazio e su diverse forme di espressione. Il training gli ha permesso di approfondire le tecniche della danza; gli ha insegnato a disegnare, a costruire scenografie, costumi, burattini; li ha fatti riflettere sulle modalità del racconto e li ha stimolati a raccontare le proprie storie. Particolare impegno è stato dedicato allo sviluppo creativo della favola di Pinocchio, il racconto scelto da Marco Baliani per portare in scena la metamorfosi compiuta dai ragazzi in questi anni.Il percorso artistico ha aiutato i ragazzi a riscoprire un’infanzia troppe volte negata, permettendogli di vivere nuovamente e in armonia all’interno di una nuova famiglia. Nel frattempo, grazie al sostegno materiale e psicologico degli esperti di AMREF, tutti i ragazzi hanno avviato un rapido ed effettivo processo di recupero che li ha portati ad abbandonare la droga, a tornare a scuola e, in cinque casi, a tornare a vivere nelle proprie famiglie. La prima fase del progetto si è conclusa con la realizzazione di due tournee di grande successo di Pinocchio Nero, acclamato dalla critica e applaudito in Italia da oltre 25 mila spettatori ad aprile del 2005.

Oggi il progetto Children in Need ospita al suo interno un vero e proprio laboratorio artistico di qualità che coinvolge centinaia di ragazzi e ragazze in corsi di musica (guidati dal percussionista italiano Giovanni Locascio), corsi di videoformazione e ripresa, e nello sviluppo di tre nuovi lavori teatrali diretti da Marco Balani, Maria Maglietta e Letizia Quintavalla.

Giulio Cederna
Responsabile comunicazione AMREF Italia

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