Tre fenomeni, un unico nome: depressione postparto

“Maternity blues”,  “depressione postnatale” e “psicosi puerperale”

Il primo grande distacco fisico, la comparsa del bambino in carne ed ossa, può portare la madre a porsi delle domande sulla sua adeguatezza ad allevare il neonato. Oggi spesso si diventa madri senza avere mai avuto a che fare con un neonato, mentre solo pochi decenni fa si imparava ad accudire i bambini nel ruolo di sorelle maggiori, di zie o cugine

Negli ultimi tempi si sente parlare moltissimo di depressione postparto in riferimento a fatti di cronaca che si susseguono con tragica regolarità ed entrano sempre più spesso nelle nostre case attraverso i racconti dei telegiornali.

In realtà la denominazione di “depressione postparto” viene utilizzata dai media in modo discutibile, senza distinguere tra situazioni spesso confuse l’una con l’altra ma, in realtà, ben distinguibili. Bisognerebbe separare tre fenomeni molto diversi tra loro: il “maternity blues” (conosciuto anche come “baby blues”), la “depressione postnatale” e la “psicosi puerperale”.

Il “maternity blues” colpisce l’80% delle puerpere e consiste in una certa instabilità emotiva che si verifica dopo il parto e nei giorni successivi. Non si tratta di uno stato patologico e non vi è necessità di uno strutturato intervento terapeutico perché questo stato di disagio tende a rientrare spontaneamente in tempi brevi (circa due settimane). Il ritorno ad uno stato di normalità è sicuramente accelerato da fattori di sostegno psicologico e affettivo come, ad esempio, l’aiuto di un marito comprensivo ed attento.

La “depressione postnatale”, invece, colpisce circa il 15% delle puerpere e consiste in un vero e proprio stato depressivo caratterizzato da sintomi come pianto incontrollato, ansia e attacchi di panico, senso di colpa e preoccupazioni eccessive per la propria salute e per quella del bambino, mancanza di energie e movimenti rallentati, perdita di interesse in varie attività tra cui quella sessuale, disturbi dell’appetito (mangiare troppo o troppo poco), disturbi del sonno (non riuscire a dormire neanche quando dorme il bambino), senso di disperazione ed instabilità emotiva con umore alterno, pensieri sulla morte e, a volte, sul suicidio. La depressione postnatale non tende a scomparire spontaneamente come il Maternity Blues: il 50% delle madri sono ancora depresse dopo 6 mesi e il 25% dopo 1 anno.

La “psicosi puerperale”, che colpisce circa lo 0,1% delle puerpere, rappresenta invece un vero e proprio disturbo psichiatrico e necessita di un intervento immediato. I sintomi sono confusione estrema, affermazioni irrazionali, preoccupazione eccessiva, allucinazioni soprattutto uditive (le cosiddette “voci”), grave disorganizzazione psichica. Questo tipo di depressioni non devono essere vissute come una colpa: non si tratta di qualcosa di cui vergognarsi, della prova che non si è capaci di essere madri, di qualcosa cui non si può porre rimedio.

Il primo grande distacco fisico, la comparsa del bambino in carne ed ossa, può portare la madre a porsi delle domande sulla sua adeguatezza ad allevare il neonato. Oggi, bisogna tenerne conto, spesso si diventa madri senza avere mai avuto a che fare con un neonato, mentre solo pochi decenni fa, in un contesto di famiglia allargata, si imparava ad avere a che fare con i bambini nel ruolo di sorelle maggiori o di zie o di cugine. E poi c’è il terribile senso di solitudine in cui si trovano a vivere molte mamme di oggi, che di colpo si ritrovano a dover rinunciare alle loro abitudini ed alle competenze sociali faticosamente conquistate col lavoro per dover imparare a comunicare con il loro bambino e a sostenere un legame che possono interpretare come eccessivamente costrittivo.

E’ molto importante sapere che non solo c’è la possibilità di diagnosticare ma anche di intervenire efficacemente contro le depressioni, sia in fase di prevenzione che di trattamento.

Il modo migliore per contrastare l’insorgenza della depressione postparto è fornire informazioni su di essa alle donne in gravidanza e ai loro compagni: parlare della depressione postparto, infatti, rappresenta lo strumento più efficace per combatterla prima che insorga. I corsi di preparazione alla nascita dovrebbero, a tal fine, prevedere un incontro in cui parlare di questo tipo di disturbi ed i compagni delle gravide dovrebbero essere invitati a prendervi parte, perché rappresentano la risorsa più efficace per proteggere la donna ed il bambino da questo stato di disagio. Questo tipo di sostegno è offerto dai corsi di Educazione Prenatale, purtroppo ancora troppo poco diffusi e frequentati.

Si parla di prevenzione secondaria quando, invece, si riconosce prontamente un quadro clinico patologico e si interviene repentinamente evitando il consolidarsi dello stato patologico. Per una efficace prevenzione secondaria andrebbe potenziata la somministrazione di test specifici per la depressione postparto e bisognerebbe fornire alle donne opuscoli informativi. Una volta che, attraverso un adeguato screening, si sia formulata una diagnosi di depressione, le tre possibilità per trattarla sono la farmacoterapia, la psicoterapia ed il sostegno psicosociale, che tra le altre cose permette alla donna ed alla coppia di incontrare altre donne e coppie che vivono la stessa situazione, ad esempio attraverso gruppi di autoaiuto.

In Italia, purtroppo, i luoghi d’ascolto e di cura sono molto pochi. Tra le eccezioni c’è, ad esempio, il “Centro per la prevenzione dei disturbi depressivi della donna” situato all’interno della clinica ginecologica Melloni di Milano, dove durante i corsi preparto le donne vengono informate su come riconoscere i sintomi delle depressioni e su a chi rivolgersi dopo. Una struttura che si è specializzata nella cura delle donne che sviluppano questi disturbi, invece, è l’ospedale Saint Cyr L’Ecole vicino a Versailles: qui le donne vengono aiutate con esercizi di rilassamento ed educate all’allattamento, ed i neonati possono essere accuditi da infermiere durante la notte affinché le madri possano dormire. Ma la cura più efficace è quella della parola: vengono organizzati incontri tra madri per conoscere persone con lo stesso disagio, confrontarsi e scambiarsi le proprie esperienze.

La depressione postparto, insomma, si può combattere e sconfiggere: bisogna avere il coraggio di segnalare il proprio problema a professionisti competenti, senza paura o vergogna. Non si tratta di un segno di debolezza o incapacità, al contrario: avere una madre attenta e consapevole è la più grande fortuna che può avere un bambino.

 

Martina Seleni
giornalista pubblicista

 

“L’articolo intitolato <<Tre fenomeni, un unico nome: depressione postparto>> e pubblicato sul numero scorso di Socialnews (Anno 2, n° 7, Agosto-Settembre 2005) nasce dall’articolo <<Depressione postnatale: questa (s)conosciuta>> della dottoressa Maria Beatrice Nava, Psicologa ed Esperta in Psicopedagogia Prenatale ANPEP, pubblicato sui numeri 9 e 10 (Anno 5, Agosto e Settembre 2005) della Rivista online www.educare.it, sulla Newsletter di Settembre del sito www.Farmasalute.it e sul forum “Gravidanza, genitori e neonati” di www.Forumsalute.it.
Si ringrazia l’autrice per la gentile autorizzazione all’utilizzo del materiale originale”.

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