L’infanzia perduta

Trattare un bambino da minore significa ritenere meno importante quello che dice rispetto a quello che può dire un adulto, significa non ascoltarlo veramente, non soddisfare  suoi bisogni e non dargli la possibilità di diventare soggetto attivo della sua vita

In un’epoca storica come quella attuale dove i valori base sono l’estetica del corpo, l’esasperazione della sessualità imposta e privata del suo mistero, la globalizzazione dei mercati e la guerra, chi paga un prezzo altissimo sono i bambini e gli anziani.

Gli adulti, nella loro corsa verso l’avere e il potere, hanno perso di vista il senso della vita e hanno trasformato in norma il caos nelle relazioni, nella famiglia e nelle istituzioni. Là dove regna il caos tutto è lecito e così assistiamo giornalmente a forme di violenza di diversa entità, il cui apice può senz’altro esser rappresentato dal terribile episodio della scuola di Berlam, come anche dalle uccisioni dei bambini in Africa per il traffico d’organi.

Oggi i bambini sono spesso maltrattati, trascurati, abusati, venduti, uccisi. L’aspetto allarmante è che non ci si indigna nemmeno.

Da anni si parla dei bambini come soggetti di diritto, si fa formazione di diversi orientamenti negli asili nido, nelle scuole pubbliche e anche nei servizi pubblici che si occupano dell’infanzia ma di fatto i bambini e gli adolescenti non hanno parola. Sono ancora chiamati “minori” e, anche se il termine ha un significato tecnico, da tali sono trattati. Chiamare minore un bambino spersonalizza la sua storia e i suoi bisogni e lo rende trasparente all’adulto che per qualche motivo deve occuparsene. E’ molto diverso dire “il bambino Luca è stato maltrattato” da “il minore Luca è stato maltrattato” perché mentre il termine “bambino” tira dentro la storia di Luca in modo immediato ed empatico, il termine “minore” pone l’attenzione su di sé allontanandola dal soggetto Luca (nome inventato). Trattare un bambino da minore significa ritenere meno importante quello che dice rispetto a quello che può dire un adulto, significa non ascoltarlo veramente e non dargli la possibilità di diventare soggetto attivo della sua vita. Per esempio, quando un bambino viene coinvolto in una separazione conflittuale tra i suoi genitori, alle volte accade che venga dato per scontato che menta, mentre spesso sono gli adulti che mentono; alle volte accade che nonostante il bambino esprima un bisogno in modo chiaro e forte non venga tenuto in considerazione e vengono fatte delle scelte che non soddisfano affatto quel bisogno espresso, rendendo inutili la sua parola ed i suoi diritti.. Qualche volta mi è capitato, nel corso del mio lavoro, che un ragazzo mi dicesse “è inutile che ti dica quello che voglio tanto voi grandi fate quello che vi pare”. Allora mi chiedo se quegli adulti che si occupano per motivi professionali della vita di questi bambini e del loro futuro  sentano dentro l’emozione che il bambino esprime oppure, come tanti, si nascondano dietro le loro personali paure e proiettino il loro vissuto sul bambino, causando ulteriori danni.

Bisognerebbe smettere di chiamare i bambini e gli adolescenti “minori”.

Bisognerebbe difendere maggiormente chi non ha voce invece di proteggere se stessi.

Bisognerebbe cominciare a riflettere sulla natura umana, bisognerebbe cominciare a ragionare con la testa propria e non assorbire passivamente quello che ad esempio ci viene imposto, senza pudore, da un certo tipo di pubblicità televisiva dove il messaggio che arriva è che i bambini strappano di mano dai genitori delle cose, si nascondono e rubano oppure provano piacere se qualcosa brucia. Bisognerebbe cominciare a considerare i bambini e i ragazzi come delle persone, soggetti di diritto con una propria storia, con dei sentimenti e con capacità di ragionare sulle cose. Bisognerebbe ascoltarli e osservarli di più perché, nella loro semplicità e ancora parzialmente privi dell’infrastrutture che un adulto si crea con il passare del tempo, sono in grado di vedere le cose spesso in modo più chiaro, fintanto che non vengono “addormentati” o repressi.

 

Valentina Peloso Morana
Psicologa e Psicoterapeuta

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