Troppe occasioni di litigio per la coppia scoppiata

La Commissione giustizia della Camera  ha approvato il testo unificato C. 66  recante disposizioni in materia di separazione dei coniugi e l’affidamento condiviso dei figli.

Pur essendo l’attuale articolato immune da (vistose) aporie e vischiosità che avevano caratterizzato le primitive stesure, resta immutata e largamente criticabile la filosofia di fondo.

Si ribadiscono elementi di rigidità normativa, rispondenti ad una concezione invasiva del diritto nell’ambito delle soggettive determinazioni, non  limitandosi a porre obblighi di condotta, ma spingendosi ad indicare un dover essere pedagogico, proprio di uno Stato etico.

La confermata filosofia d’assieme – pur dettata da commendevoli esigenze di tutela dei figli dei separati – sembra inoltre ispirarsi – forte di esperienze internazionali diffuse – ad un interventismo esterno che trova nel momento di crisi la sua occasione per sfrenarsi, fino all’imposizione coatta di una condivisione ex lege, nell’illusione che una precettazione normativa di regole e sentimenti possa lenire se non elidere disagi e  turbamenti filiali.

L’esperienza familista ha reso evidente che l’affidamento congiunto costituisce in realtà eccezione in un orizzonte altrimenti connotato da elevata e rancorosa conflittualità.

Soltanto isole felici, per radicati valori etici dei protagonisti o per reciproco sopravvenuto (e disincantato) disinteresse privo di strascichi significativi sul piano emozionale, hanno reso percorribile un percorso altrimenti insidioso, in quanto implicante una frequenza di contatti possibile esca di rinnovati alterchi e dissapori.

All’invasività del giudice altra se ne affianca.

Poiché il progetto di affidamento condiviso è obbligatorio, la mancanza di accordo

comporta il ricorso necessitato alla mediazione di un centro pubblico o privato accreditato (art. 709 – bis c.p.c secondo disegno ), del cui intervento va prodotta idonea certificazione o comunque dichiarazione.

Il Centro (non meglio identificato né quanto a struttura né quanto a professionalità) si rende onnipresente in quanto, ove i dissidi sopravvengano, può essere chiamato in causa a seguito di segnalazione del giudice alle parti, che vi consentano.

In conclusione, la riforma dell’affidamento si segnala per rigidità normativa, concezione adultocentrica (si impongono condotte ai genitori, che devono diventare bravi perché così vuole la legge, i minori restando sullo sfondo), invasività  di giudici e mediatori, sì da suscitare problemi maggiori di quanti intende risolvere, in particolare moltiplicando le occasioni di contatto conflittuale della coppia scoppiata.

Arrigo De Pauli
magistrato,
procuratore della Repubblica
presso il Tribunale per i Minorenni
di Trieste (1995-1999)
e presidente di Tribunale
a Gorizia (1999- 2004)
e a Trieste (dal 2004)

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