Contributo dell’onorevole Maurizio Paniz per il convegno “I nuovi genitori … dalla parte dei figli”

La gestione civile del disaccordo

La proposta di riforma dell’art. 155 del Codice Civile in materia di affidamento dei figli in caso di separazione (da estendersi ovviamente al divorzio, nonché ai figli delle coppie di fatto) rappresenta, se verrà approvata dal Parlamento, una autentica rivoluzione culturale in materia di diritto di famiglia.

La regola oggi consolidata è quella dell’affidamento a uno dei genitori con regolamentazione dei tempi e delle modalità di esercizio dei diritti di visita, di tenere con sé il figlio, ecc. dell’altro genitore; l’eccezione è quella dell’affidamento congiunto, nemmeno esplicitamente disciplinato dal Codice Civile, che non lo nomina, ma previsto dalla legge speciale sul divorzio ed applicato per interpretazione estensiva giurisprudenziale anche alla separazione.

La materia interessa 2.500.000 cittadini separati o divorziati, pari al 5,2% della popolazione di oltre 15 anni di età. Più o meno sono oltre 1.000.000 i figli minori di genitori separati. Le domande di separazione, del resto, sono in costante aumento (99.640 nel 2000, di cui 36.373 proposte in sede giudiziale). Quelle di coppie con figli sono, sempre nel 2000, 49.054.

Sulla base di questi dati, a partire dal 2001, data di inizio della legislatura in corso (ma il problema era stato ampiamente affrontato, senza peraltro superare lo scoglio della Commissione Giustizia, anche nella precedente legislatura), sono state inoltrate proposte di legge più o meno da parte di tutti i gruppi parlamentari. Moltissimi sono stati gli interventi, ovviamente ufficiosi, di avvocati, magistrati, associazioni di categoria, ecc..

Il punto di partenza della proposta sull’affidamento condiviso, che la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati ha già esaminato conclusivamente e che l’aula di Montecitorio ha iniziato a valutare il 10 marzo scorso, tende ad affermare il principio di bigenitorialità, che trova la sua più significativa espressione proprio nella condivisione dell’affidamento, intesa come soluzione più idonea a salvaguardare l’interesse del minore ad avere rapporti equilibrati e costanti con entrambi i genitori. Lo hanno già fatto, ad esempio, paesi come la Svezia, la Grecia e la Spagna (fin dal 1981), il Regno Unito (fin dal 1991), la Francia (fin dal 1993), il Belgio e la Russia (fin dal 1995), l’Olanda e la Germania (fin dal 1998).

Fondamentale punto di partenza, sotto il profilo normativo, è la convenzione di New York del 20.9.1989, resa esecutiva in Italia con Legge 27.5.1991 n. 176, sui “diritti del fanciullo”, tanto che il vigente ordinamento italiano appare a non pochi studiosi come contrario ad una disciplina internazionale di indubbio significato.

Non sono pochi, peraltro, coloro che ravvisano nell’attuale sistema una conflittualità con principi di diritto privato (privazione senza attribuzione di colpa dell’esercizio della potestà genitoriale, cioè, in definitiva, l’attribuzione di una pena senza colpa ad uno dei due genitori) o la contrarietà alla carta costituzionale per violazione degli artt. 3, 29 e 30, come ha ipotizzato, ad esempio, il magistrato salernitano dott. De Filippis nel “Trattato breve di diritto di famiglia”, edito da Cedam nel 2002.

Molti, inoltre, ipotizzano che l’attuale impostazione normativa italiana fomenti i conflitti, stimolando i coniugi ad incolparsi reciprocamente per dimostrare, l’uno nei confronti dell’altro, l’inidoneità genitoriale, presupposto sistematico per conseguire l’affidamento dei figli minori.

Affidamento condiviso, peraltro, non vuol dire 50% del tempo con ciascun genitore, né 50% delle competenze, né ping-pong fra due case, ma conservazione di una effettiva responsabilità genitoriale per entrambi, con modalità di esercizio della potestà da stabilirsi caso per caso: si può anche avere una divisione temporale, se necessario, simile ad un affidamento esclusivo senza la sua rigidità né le sue umilianti discriminazioni.

Il dott. Finocchiaro, valente magistrato della Suprema Corte, in un pregevole articolo (“Affidamento congiunto: le tante ragioni per aprire le porte ad una rivoluzione”, pubblicato sulla Guida al Diritto del Sole 24 Ore del febbraio 2002), ha testualmente scritto: “contrariamente a quanto comunemente si crede, non è la conflittualità tra i genitori che impone l’affidamento esclusivo ad uno di essi, ma è proprio la previsione che la regola sia l’affidamento esclusivo e l’eccezione quello congiunto la fonte della conflittualità”.

Non servono commenti a questo sacrosanto principio, che, del resto, trova ormai significative espressioni in quegli ordinamenti che hanno applicato la regola dell’affidamento condiviso, ove il deflazionamento della conflittualità rappresenta un dato sicuramente acquisito.

La Germania, ad esempio, attraverso una precisa relazione pubblicata nel 2002 dopo un grande monitoraggio degli effetti dell’applicazione della normativa sull’affidamento condiviso introdotta nel 1998, ha avuto modo di precisare che le nuove regole indubbiamente:

a)    rafforzano nei genitori la capacità di gestire in modo autonomo i problemi;

b)    determinano un alleggerimento delle procedure di separazione e di divorzio, soprattutto attraverso una diminuzione del conflitto genitoriale, mentre, se viene data ad un genitore la possibilità dell’affidamento esclusivo, c’è la tendenza ad un aumento della conflittualità.

In Norvegia, inoltre, nel giro di tre anni, si è dimezzato il numero delle liti, anche per effetto del passaggio preliminare obbligatorio attraverso i centri di mediazione a scopo informativo.

Ma nello stesso panorama giurisprudenziale italiano vi sono ormai alcune decisioni, che, forzando l’attuale assetto normativo, obbligano i coniugi all’affidamento congiunto (che, in realtà, è ben diverso dall’affidamento condiviso, presupponendo, l’uno, la volontà di entrambi i coniugi e, l’altro, l’assenza di tale volontà): basta pensare a due decisioni, rispettivamente del Tribunale di Trani e del Tribunale dei Minorenni di Venezia, tutte dell’inizio di questo secolo, che, a fronte di casi di enorme conflittualità tra i genitori, hanno ritenuto, supportati da lungimiranti consulenti, che eliminare l’affidamento esclusivo avrebbe comportato un’attenuazione del contrasto: ciò si è puntualmente verificato.

In effetti la nuova impostazione normativa non chiede ai genitori di andare sempre d’accordo, ma chiede di gestire civilmente il disaccordo, favorendo una composizione del conflitto attraverso l’eliminazione di scogli normativi che invece lo accentuano.

Del resto, a favore dell’applicazione del principio di bigenitorialità nella sua più elevata espressione si sono espressi significativamente l’Associazione Nazionale Magistrati con una precisa nota del 15.1.2003, nonché organi di informazione importanti, non ultimo la stessa “Famiglia Cristiana” in un articolo del marzo 2004 (“I figli hanno diritto ad avere due genitori”), ove si sottolinea significativamente che il provvedimento è atteso da molte associazioni, non solo di padri, ma anche di madri.

E’, in realtà, frutto di palese disinformazione pensare che il testo non tuteli il coniuge più debole, cioè spesso la donna: anzi, al contrario, il nuovo testo introduce, per la prima volta, alcuni significativi correttivi al regime attuale: basta pensare all’accertamento obbligatorio di polizia tributaria nei casi in cui non venga fornita una prova documentalmente apprezzabile dei redditi del soggetto obbligato alla corresponsione in denaro; basta pensare all’esistenza di un assegno perequativo che, evitando rendite di posizione, riequilibria situazioni economiche sperequate; basta pensare alla conversione del mantenimento da diretto in indiretto ogniqualvolta vi siano apprezzabili violazioni; basta pensare alle sanzioni previste, anche a vantaggio degli stessi figli minori oltre che del coniuge beneficiario, in caso di inadempienza dell’obbligato, nonché ad una più precisa impostazione delle disposizioni penali a salvaguardia del coniuge più debole.

Né appare priva di rilievo una serie di altri principi che nella proposta sull’affidamento condiviso sono chiaramente espressi: ad esempio, quello di salvaguardare il diritto del minore ad avere adeguati rapporti anche con i congiunti di entrambi i rami genitoriali (i nonni, ad esempio, finora totalmente privi di protezione normativa); oppure ai provvedimenti istruttori del Giudice, tra i quali è finalmente prevista l’audizione del minore; oppure, ancora, all’estensione della protezione normativa ai figli maggiorenni portatori di handicap.

Né appaiono privi di rilievo l’estensione del quadro normativo ai figli di coppie di fatto e financo l’estensione dell’applicazione dei nuovi principi a situazioni già coperte da decisioni antecedenti di omologa di separazione consensuale o di emissione di sentenza a seguito di separazione giudiziale, naturalmente previo il vaglio del magistrato, che deve sempre considerare prevalente l’interesse del minore alla modifica di una situazione ormai consolidata dal decorso del tempo.

Certamente il quadro normativo proposto all’esame della Camera dei Deputati potrà subire correttivi che lo migliorino: anche la migliore fra le leggi è pur sempre perfettibile, soprattutto in una materia ove il contributo di tutti può essere significativo: non penso sia però corretto respingere l’introduzione del principio della bigenitorialità, che costituisce ormai un dato acquisito anche nella società italiana, come attestano i sondaggi più recenti, per i quali il consenso verso la nuova impostazione normativa trova l’espressione adesiva di ben oltre l’80% della popolazione intervistata.

C’è, certamente, prevenzione, come spesso avviene quando si introducono principi completamente nuovi, e c’è, soprattutto, disinformazione, quando si parla senza aver letto o quando ci si fa influenzare senza aver approfondito personalmente il quadro normativo che viene proposto. Può anche darsi che possano essere utili correttivi rilevanti, per i quali vi è sempre stata massima disponibilità, purché, ovviamente, essi non stravolgono la natura del provvedimento e la sua filosofia. Altrimenti, piuttosto che fare una legge inutile e vuota di significato, meglio non farla. Rimarrebbe una profonda ingiustizia, ma, almeno, non vi sarebbe l’illusione di una modifica obiettivamente inesistente. Bisognerà decidere quello che si vuole fare e da che parte stare. Certamente il testo proposto all’esame del Parlamento sta dalla parte dei figli minori, che hanno diritto di avere due genitori e non di vedersene sottratto aproristicamente uno, senza che vi sia alcuna affermazione di sua inidoneità genitoriale.

On Maurizio Paniz commisione giustizia

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