Superare il Muro

Sabrina Cretella

Abbiamo sempre rifiutato l’assistenza fine a se stessa cercando, invece, di promuovere quello che in termini sociali si chiama “empowerment di comunità”: incoraggiare gli adulti rom affinché siano loro stessi ad auto rappresentarsi anche nei confronti dell’amministrazione comunale.

L’associazione “La Strada” di Lamezia Terme è un’associazione di volontariato che esiste ed opera sul territorio lametino da 27 anni. L’associazione ha puntato la sua attenzione nei confronti dei minori e, soprattutto, dei minori rom. L’associazione nasce, di fatto, come un gruppo parrocchiale. Si trasforma, poi, in associazione di volontariato, quindi in ente riconosciuto. È proprio in questo passaggio che il gruppo, aiutato nella riflessione da una giovane suora (dell’ordine delle Suore di Carità dette “di Maria Bambina”) con una forte esperienza maturata sul campo, rivolge la sua attenzione ad una realtà di emarginazione molto forte: quella del campo rom. Il campo rom è situato in una zona periferica della città. È un campo circoscritto da un muro di cinta, quindi una zona a parte rispetto alla città, al cui interno i diritti non vengono riconosciuti, nonostante i cittadini rom di Lamezia siano, appunto, cittadini di Lamezia (non sono Rom stranieri, ma autoctoni).

Quando l’associazione entra nel campo rom, nel 1987, inizia, quindi, a “superare il muro”.

Ci si rende subito conto che nessun bambino è scolarizzato. Si comincia, quindi, ad iscrivere e ad accompagnare i bambini a scuola ed a mantenere i rapporti con esse facendo proprio da ponte. Non solo. Ulteriori attività sono dedicate alla salute, poiché il diritto alla salute non viene riconosciuto, ed al sostegno del diritto alla casa, perché il campo resta, comunque, un luogo di sistemazione provvisoria. Col tempo, grazie al lavoro dell’associazione, partono i primi progetti di integrazione scolastica sostenuti economicamente dal comune. Volontariato ed amministrazione comunale di Lamezia Terme collaborano insieme. Aumenta, così, il numero di bambini che frequentano la scuola, aumenta il numero di bambini vaccinati, aumenta la presa di coscienza da parte degli adulti rom che loro stessi devono essere promotori del fatto che la loro etnia debba essere riconosciuta all’interno della città come una risorsa e non come un problema.

In questa prospettiva, che cosa fa l’associazione? Prescinde dall’approccio assistenzialistico nei confronti della presa d’azione rom: abbiamo sempre rifiutato l’assistenza fine a se stessa cercando, invece, di promuovere quello che in termini sociali si chiama “empowerment di comunità”: incoraggiare gli adulti rom affinché siano loro stessi ad auto rappresentarsi anche nei confronti dell’amministrazione comunale. Questa linea ci ha sicuramente posti in una posizione di maggiore fatica: ci siamo sempre resi conto che, forse, l’assistenza (fare le cose al posto degli altri) avrebbe comportato un minore impegno. Questa modalità, però, non ci è mai piaciuta. Abbiamo sempre voluto lavorare accanto a loro, con loro, non lavorare al loro posto. Il cambiamento, in questa prospettiva, è molto più lento, lungo. Si tratta, però, di un cambiamento reale, che noi abbiamo potuto constatare.

Bambini che non frequentavano la scuola hanno cominciato a frequentarla, anche se, va detto, il tasso di dispersione scolastica si mantiene ancora molto alto. Qualcuno si è anche diplomato, una ragazza è riuscita ad arrivare al diploma, altri cominciano a frequentare la scuola superiore.

Con le nostre attività partecipiamo e ci occupiamo costantemente di inclusione sociale. Il nostro obiettivo è quello di costruire interazioni con un’etnia che si porta appresso uno stigma pesante come quello dello zingaro sporco, brutto, cattivo, che ruba… Le tante attività che abbiamo svolto e che tuttora, quotidianamente, vengono portate avanti, cercano di accompagnare la città al riconoscimento del cittadino diverso, del cittadino rom in questo caso, come una risorsa e non come un problema.

Principalmente, dunque, gestiamo in partnerariato con il comune di Lamezia Terme il progetto di inclusione scolastica, sociale ed abitativa dei Rom. Il rapporto con il Comune di Lamezia dura, ormai, da anni. Possiamo elogiare questo Comune perché, diversamente da altri, ha dimostrato attenzione nei confronti delle popolazioni di etnia rom. Inoltre, il lavoro dell’associazione è reso possibile anche dalla collaborazione con altri enti (pubblici e privati), altre associazioni e cooperative del territorio e con le parrocchie. Lavoriamo, inoltre, in collaborazione col Centro di Giustizia Minorile di Catanzaro: abbiamo, infatti, gestito progetti attraverso i fondi della legge 285 del 1997 per minori a rischio. Riteniamo che l’educazione alla legalità sia fondamentale. All’interno del campo rom, questa è una delle attività più importanti. Abbiamo, inoltre, attivato progetti di work experience sempre per minori del circuito penale con la regione Calabria. Possiamo, quindi, affermare che esiste un buon rapporto con gli enti, sia privati, sia pubblici.

La collaborazione è sempre auspicabile ed importante. Ancora oggi, però, permane il limite che privato e pubblico parlino linguaggi diversi, non spesso integrabili: non sempre la burocrazia si trova in connessione con le cose pratiche, con i problemi della vita di ogni giorno, dei cittadini che hanno difficoltà economiche e sociali.
Penso che, in questo momento, la nostra città stia vivendo una fase di passaggio proprio rispetto alla questione rom. Come tutti i passaggi, anche questo apporta con sé una serie di problematiche. Tempo fa, il campo di Lamezia è stato sequestrato. Un atto giudiziario della Procura della Repubblica ha posto l’area sotto sequestro e ha costretto, quindi, l’amministrazione comunale ad individuare le abitazioni per i Rom. Noi, ora, stiamo vivendo questa fatica a Lamezia, la fatica della mediazione culturale, della mediazione familiare, della mediazione abitativa. In alcuni momenti, sembra che non riusciamo, nonostante le tante forze e le tante energie profuse, a diffondere nella città l’idea che un Rom sia una persona come tutti quanti noi e che abbia, quindi, dei diritti, e dei doveri, ovviamente.

Una parte della città si dimostra particolarmente ostile all’accoglienza. Ad esempio, in uno stabile in cui abita una famiglia rom, abbiamo ricevuto feedback del tipo “siamo stati in pace per trent’anni, perché adesso il Rom deve venire ad abitare nella nostra palazzina?”.

È proprio questa la difficoltà che stiamo vivendo sulla nostra pelle anche noi operatori.
L’integrazione dei Rom, continuiamo a dirlo, rappresenta una sfida ancora aperta e tutta da giocare. Va affrontata da ciascuno secondo le proprie responsabilità: quelle della comunità rom e quelle della comunità non rom, maggioritaria e più “forte”; quelle del volontariato e del privato sociale, da una parte, e quelle delle pubbliche istituzioni, dei servizi sociali, della scuola, dall’altra.

 

Sabrina Cretella
Associazione “La Strada”

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