Il panorama dell’immondizia

 Le istituzioni puntano a scoraggiare l’utilizzo di discariche e termovalorizzatori e sempre di più cercano di favorire strade alternative come quella del riciclaggio e del riuso con sistemi di gestione dei rifiuti urbani che prevedono raccolte differenziate secco-umido

Nel nostro Paese le soluzioni adottate per far fronte allo smaltimento dei rifiuti sono molteplici, e vanno dallo smaltimento in discarica all’incenerimento (noto anche come termovalorizzazione), al riciclaggio, alla riduzione ed al riuso. Per quanto riguarda l’uso delle discariche, va precisato che questo sistema non solo non è in grado di far fronte all’emergenza, ma crea anche una concentrazione di rifiuti tossici dalle sin troppo ovvie conseguenze nocive sull’ambiente e sulla salute pubblica. D’altra parte, anche i termovalorizzatori, che basano il loro funzionamento sull’incenerimento dei rifiuti e sfruttano la combustione ottenuta per produrre energia elettrica, per molti sembrano non essere la risposta al problema. Ad opporsi al sistema sono in particolare le comunità residenti nelle vicinanze di un termovalorizzatore, le quali non vedono di buon occhio né l’emissione di diossine, né tantomeno la gestione dei rifiuti in depositi permanenti. Ma come mai tanto allarme e preoccupazione? Le diossine non sono prodotti industriali, ma  sottoprodotti indesiderati di altre reazioni chimiche. I composti chimici facenti parte della classe delle diossine sono estremamente tossici sia per gli animali che per gli esseri umani, tanto è vero che fra tutte le sostanze chimiche create dall’uomo, risultano essere le più tossiche mai studiate: hanno una forte tendenza ad accumularsi negli organismi viventi e sono, inoltre, un potente cancerogeno. La formazione di diossine nella combustione incontrollata è in parte favorita dalla presenza di alcune sostanze chimiche che contengono cloro e che sono prodotte dall’uomo (tra queste i policlorobifenili –PCB, le materie plastiche clorurate –PVC, il pentaclorofenolo –PCP, ecc. ecc.)

Per questo motivo, le istituzioni puntano a scoraggiare l’utilizzo di discariche e termovalorizzatori e sempre di più, cercano di favorire strade alternative come quella del riciclaggio e del riuso.Il decreto legislativo del 5 febbraio 1997 n. 22, ha dato il via alla rivoluzione dei sistemi di gestione dei rifiuti urbani, per mezzo di tecniche dipendenti dall’attivazione di raccolte differenziate secco-umido. Il decreto oltre a costituire la norma quadro di riferimento in materia di rifiuti, introduce anche un nuovo sistema di classificazione basato sull’origine degli stessi e fa distinzione tra rifiuti urbani e rifiuti speciali e sulla loro pericolosità. A seguito del decreto legislativo del 5 febbraio 1997 n. 22, si è iniziata a prendere in seria considerazione quella che in gergo viene definita come “pratica del compostaggio”, ovverossia una pratica che, in forma accelerata, tenta di riprodurre  quei processi che in natura, grazie ai microrganismi presenti nel terreno, fanno sì che una sostanza organica non più utile alla vita venga decomposta e restituita al ciclo naturale (humus). In termini pratici, con il compostaggio è possibile non solo diminuire i costi di smaltimento, ma soprattutto evitare l’incenerimento degli scarti organici umidi, assicurando una migliore combustione e riducendo lo spreco di energia. Per quanto da ritenersi valido ed utile, il compostaggio, però, non è l’unica alternativa utilizzabile per far fronte alla gestione dei rifiuti.La Community Waste Management Strategy (strategia comunitaria) ritiene che la prevenzione della produzione dei rifiuti debba necessariamente essere reputata di primaria importanza affinché sia possibile ridurre il volume degli stessi e soprattutto i pericoli ad essi correlati. Da prendere in esame è l’intero ciclo di vita dei prodotti. è fondamentale operare sull’intero processo produttivo e non limitarsi soltanto alla considerazione della fase finale di smaltimento. Da tener presente, quindi, progettazione, fabbricazione, distribuzione, commercializzazione, consumo e post-consumo. In teoria, in quella che viene definita fase di produzione, bisognerebbe far ricadere le scelte su materiali biodegradabili o riciclabili (vetro, metalli o polimeri selezionati); nella fase di smaltimento, invece, andrebbe favorita la raccolta differenziata dei rifiuti, questo per rendere più semplice il riciclaggio dei materiali.

Sebbene, soprattutto nell’ultimo periodo, si continui a parlare di emergenza (e chi più chi meno cerchi di scaricare la colpa dell’attuale situazione su terzi), per molti non è ancora chiaro, a livello pratico, qual è il compito che ogni singolo cittadino sarebbe tenuto a svolgere per limitare i danni. Innanzi tutto, bisognerebbe cominciare con il produrre meno rifiuti possibile e questo significa, per esempio, utilizzare borse di cotone per fare la spesa, optare per prodotti di uso quotidiano sfusi piuttosto che confezionati e nel caso di certi detersivi utilizzare le eco ricariche disponibili in commercio. Nonostante ci sia persino la tendenza a gettarli prima che siano del tutto consumati, alcuni prodotti potrebbero essere riutilizzati per necessità domestiche di tipo diverso da quelle per le quali sono stati acquistati in origine. In parole povere, ciò che si pensa non possa servire più, può essere trasformato, riciclato per soddisfare una nuova esigenza. Per quanto riguarda la raccolta differenziata, vetro, carta, metalli ed umido dovrebbero essere divisi l’uno dall’altro già a casa, ed infine, gettati in appositi sacchetti. Non va dimenticato che molto spesso ciò che viene reputato come rifiuto, in realtà, se utilizzato in maniera adeguata, può essere rappresentativo di un bene collettivo. Esempio lampante è la sostanza generata dal processo di fermentazione anaerobica delle sostanze organiche dei rifiuti, detta biogas, che può essere reimpiegata per la produzione di energia elettrica.

Cinzia Lacalamita
Scrittrice, Segretario dell’Istituto di Ricerca Internazionale
sul disagio e la salute nell’adolescenza (IRIDSA)

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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