Trattamento di Fine Rapporto in busta paga: un progetto da dimenticare

di Daniele Fano

L’ipotesi di trasferire il Tfr in busta paga rappresenta una scorciatoia pericolosa riguardo all’obiettivo dichiarato di un sostegno ai consumi delle famiglie. Questa misura aggraverebbe la fiscalità che pesa sulle famiglie stesse e le priverebbe di uno dei pochi strumenti di sostegno al loro risparmio, peraltro caratterizzato, a livello aggregato, da un trend discendente con un impatto negativo sulla nostra stabilità macroeconomica e finanziaria

Il 17 agosto scorso, nel pieno del dibattito sulla manovra finanziaria bis, appare la notizia del possibile svuotamento del Tfr, che diventerebbe una voce del salario. “La sorpresa, come la chiama il leader del Carroccio (che fa riferimento alle dichiarazioni del ministro dell’Economia, ndr), …è un incremento mese per mese in busta paga… pari all’accantonamento mensile per la liquidazione: circa il 7 per cento dello stipendio lordo. Si tratta… di una terza via alla destinazione del Tfr: direttamente al lavoratore, per portare – questa – liquidità in più alle famiglie, provare a stimolare i consumi….” (Melania di Giacomo, Corriere della Sera). Sebbene sembri, al momento, che l’ipotesi possa essere accantonata, vale la pena affrontare l’argomento, nella speranza di contribuire a una sua archiviazione definitiva.

PERCHÉ VIAGGIARE SENZA RUOTA DI SCORTA?
A inquietare non è l’idea di una revisione dei meccanismi di accantonamento del Tfr, già in parte avvenuta attraverso il canale dei fondi pensione, quanto l’obiettivo (il rilancio dei consumi) che la proposta mancherebbe di realizzare in maniera adeguata, in un contesto macroeconomico delicatissimo e con potenziali gravi conseguenze per l’equilibrio del paese. Occorre ricordare che il Tfr e i fondi pensione già prevedono la possibilità di ottenere anticipazioni per la prima casa e per la tutela della salute, per cui si tratta di uno strumento tutt’altro che rigido riguardo ai bisogni che si possono manifestare nel corso del ciclo di vita dei vari componenti delle famiglie. Il trasferimento sic et simpliciter in busta paga esporrebbe invece le famiglie a un’aliquota di tassazione più alta in fase di liquidazione (quella marginale sul reddito al posto di quella agevolata attualmente in vigore), certamente uno svantaggio. Quanto alle imprese con meno di 50 dipendenti, avrebbero un aggravio immediato dei costi, in quanto dovrebbero effettivamente liquidare ogni anno l’importo maturato. Ma cosa dire del venir meno di una preziosa “ruota di scorta” che, in tempi di gravi difficoltà sociali e in un paese privo di un organico sistema di ammortizzatori sociali, svolge un ruolo importante? Un piccolo capitale può servire precisamente a questo, mentre diluire il Tfr nella retribuzione corrente significherebbe disperderlo. D’altronde moltissimi lavoratori hanno già fatto una scelta razionale al riguardo, scegliendo di aderire ai fondi pensione o di lasciare il Tfr in azienda perché valutano positivamente l’aspetto assicurativo, compresa la possibilità di accedere ad anticipazioni per le spese straordinarie. Quanto ai lavoratori meno razionali, gli economisti comportamentali hanno dimostrato da qualche tempo che proprio veicoli ad hoc aiutano a contrastare la nostra naturale miopia riguardo alle esigenze del ciclo di vita. In sostanza, il venir meno di uno strumento di risparmio a medio termine sarebbe un fattore di confusione per i lavoratori più razionali e un danno per i lavoratori più miopi.

IL MODELLO TEDESCO
Si è spesso sentito parlare di “modello tedesco”. Ebbene, in Germania, strumenti di risparmio a medio termine sono stati fortemente incoraggiati nell’ultimo decennio con i Riester plan (1), lanciati in coincidenza con una campagna d’informazione sulla riduzione dei tassi di sostituzione attesi della previdenza pubblica, cui hanno aderito in pochi anni oltre 10 milioni di famiglie e che consentono, in sede di dichiarazione dei redditi, di ottenere una detrazione d’imposta per risparmi orientati al lungo termine, con i conti aziendali “tempo” (time-value accounts), conti di risparmio dove è possibile accantonare, in sospensione di imposta, straordinari e altre voci della retribuzione, con i fondi pensione veri e propri che hanno ricevuto un forte impulso.
Non sarà solo merito di questa forte attenzione al risparmio a medio-lungo termine, ma vale la pena porre l’attenzione sulla divergenza tra l’andamento dei tassi di risparmio tra Italia e Germania (e anche Svezia, un altro paese che ha preso di petto il tema della previdenza e della necessità di rafforzare i pilastri integrativi).(2)

RISPARMIO DELLE FAMIGLIE IN CALO
I flussi annuali verso il Tfr rappresentano una voce importante del risparmio delle famiglie italiane, quasi 24 miliardi l’anno secondo le stime della Covip (3) (13 miliardi da accantonamenti presso piccole imprese, 5,7 miliardi nel Fondo di tesoreria Inps, 5,1 miliardi nei fondi pensione, oltre il 2 per cento del reddito disponibile dell’insieme delle famiglie). Ma proprio per questo, il dirottamento di questo flusso verso i consumi potrebbe avere, oggi, effetti dirompenti sul piano macroeconomico. Per capirlo basta riferirsi all’ultima relazione della Banca d’Italia: Appare chiaramente il lungo trend discendente del nostro tasso di risparmio, in particolare quello delle famiglie, e, in corrispondenza, un crescente ricorso al risparmio finanziario estero (“saldo delle operazioni con il resto del mondo”), estero che oggi guarda con sempre meno fiducia al nostro paese.
Inutile sottolineare che per salvare il nostro equilibrio macroeconomico serve proprio il contrario della proposta Tremonti – Bossi: sostenere il risparmio delle famiglie e ritornare, invece, a far risparmiare il settore pubblico con tagli coraggiosi ai costi della politica e interventi strutturali di lungo termine. Con i conti con l’estero in ordine saremo in grado di affrontare la ripresa, e anche il rilancio dei consumi, su basi solide. Proprio Argentina e Ungheria, quando l’equilibrio macro-finanziario è andato in crisi, hanno messo mano, inutilmente, al patrimonio delle famiglie nei fondi pensione.

di Daniele Fano
Economista e autore per lavoce.info


(1)Börsch-Supan, A.,  Reil-Held A., Schunk D.,  [2007], “The savings behaviour of German Households: first experiences with State-promoted private pensions”, MEA, Mannheim Institute for the Economics of Ageing 136

(2)  Tassi di risparmio (risparmio delle famiglie al netto degli ammortamenti su reddito disponibile)- Italia, Germania, Svezia. Fonte: Ocse

(3)  Covip, Relazione annuale 2010. NB: le stime riguardano i flussi verso il TFR al lordo degli importi liquidati, pertanto il contributo del TFR al risparmio netto è inferiore.

Rispondi