Licenziata per “troppe assenze”, ma è malata

di Angela Caporale

È stata l’Ugl, per prima, a raccontare la storia di Simona, ben presto diventata virale complice la campagna mediatica legata su Twitter all’hashtag #dallapartediSimona. Ma di chi si parla? Simona ha 40 anni, vive a Roma ed è una lavoratrice dipendente. Simona, però, è anche malata. Ha un cancro che l’ha costretta per due mesi in ospedale affinché le fossero rivolte le necessarie cure ed attenzioni. Dopo due mesi di ricovero, la donna è potuta tornare a casa. Qui non ha trovato solo la figlia, ma anche un telegramma dell’azienda per la quale lavorava: le veniva comunicato il licenziamento per “superamento del periodo di comporto”. Una vera e propria beffa che ha spinto Simona a rivolgersi al sindacato, in questo caso l’Unione Sindacale di Base. La struttura ha subito denunciato l’accaduto. Il problema non è rappresentato tanto dal rispetto, letterale, del contratto di lavoro, quanto dalla de-umanizzazione del dipendente. Nessun elemento, la malattia, la situazione familiare, la fedeltà all’azienda, sembra valere più del mero bilanciamento orientato all’efficacia economica che governa le imprese. La storia di Simona non è l’unica. Qualche tempo fa si è trovata in una situazione analoga anche Patrizia, 52 anni, di Brindisi, anche lei colpita dal cancro. In quel caso, la vicenda si è risolta positivamente. La campagna sindacale ha portato alla mobilitazione di oltre 80.000 persone che hanno firmato la petrizione. Il successo è stato certificato dalla multinazionale per la quale Patrizia lavorava, che ha deciso il reintegro della donna a partite da metà febbraio.
Questo è l’obiettivo anche per Simona: attraverso la sensibilizzazione e la mobilitazione popolare, attrarre abbastanza attenzione su questo caso, non solo per restituire lavoro e dignità ad una donna già in difficoltà, ma anche per evitare che situazioni del genere possano ripetersi.

di Angela Caporale
Caporedattrice di SocialNews

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