Cure compassionevoli

Marino Andolina

Ad oggi sono decine i pazienti che continuano il trattamento a Brescia e centinaia in lista d’attesa della terapia con cellule staminali manipolate secondo la metodica stamina.

C’erano una volta le cellule staminali. Se utilizzate in terapia, venivano equiparate a trasfusioni di sangue o a trapianti. Le regole erano quelle che tenevano in considerazione la potenziale trasmissione di malattie infettive, i rischi per il donatore, la qualità del prodotto. La manipolazione veniva attuata in “cappe a flusso laminare”, dei tavoli di lavoro sui quali veniva soffiata aria sterile. Più di recente, anche la cappa veniva piazzata in una stanza all’interno della quale l’aria sterile era compressa a pressione superiore a quella atmosferica. Questo tipo di laboratorio è definito “good laboratory practice” (GLP) ed è tuttora quello in cui vengono manipolate le cellule staminali emopoietiche, utilizzate nei trapianti di midollo e sangue placentare. Di solito, i pazienti sono stati sottoposti alla “mieloablazione”, la distruzione del midollo con farmaci e radiazioni. Un solo microbo iniettato in vena ad un tale paziente risulta letale.
Per la preparazione di farmaci endovenosi è obbligatoria una metodologia ancora più rigorosa, quella dei laboratori “good manufacturing practice”, costituiti da stanze di tipo GLP poste in serie. La prevenzione della contaminazione batterica è giustamente maniacale: un microbo che entrasse in una fiala non darebbe mostra di sé finché non fosse iniettato ad un paziente. Un farmaco deve essere sempre uguale a se stesso, quindi la procedura di lavorazione deve essere standardizzata. Ogni modifica richiede una nuova autorizzazione da parte dell’AIFA e richiede anni.
Dieci anni fa, Europa e Stati Uniti decisero di considerare le cellule come “farmaci”. L’Italia recepì questa Direttiva Europea nel 2007. In quel momento, anche l’attività di terapia genica o di trapianto di staminali in utero per curare alcune malattie genetiche si bloccò.
La motivazione della Direttiva è stata, ovviamente, quella della sicurezza per il paziente. Ma c’è qualcuno che sussurra che la Direttiva sia stata l’esito di una battaglia tra la lobby farmaceutica e la lobby dei trapiantatori. Con l’uso delle cellule staminali, probabilmente, metà delle malattie “socialmente rilevanti” (non i tumori) saranno curate con cellule. Miliardi di euro verrebbero spostati da un mercato all’altro.
Cosa c’è di sbagliato nell’imporre una procedura GMP al posto di quella GLP? Prima di tutto, le colture cellulari hanno un sistema interno di salvaguardia. Se un solo microbo entra in una fiasca contenente cellule in terreno di coltura, la colonia cellulare viene immediatamente distrutta, il liquido da rosso diventa giallo e puzza letteralmente. Il terreno di coltura per cellule è anche un terreno di coltura per batteri. Se una coltura si inquina, non muore nessuno. Ci sarebbe, al massimo, un disagio per un paziente che vedrebbe ritardata la cura.
GMP non è solo un luogo fisico sofisticato. È anche una procedura di tipo farmaceutico che richiede anni per passare alla produzione di un prodotto utilizzabile sull’uomo. Ragionevole per le sostanze chimiche, letteralmente “contro Natura” per cellule ed organi. Perché possa essere utilizzabile sull’uomo, un farmaco deve passare per una fase preclinica (animali) e poi per tre fasi di sperimentazione sull’essere umano. In questo modo, le cellule staminali che io prelevassi dal mio stesso midollo osseo dovrebbero essere iniettate in un topo (che le rigetterebbe immediatamente) e poi in altri uomini per alcuni anni, con una spesa di alcune centinaia di milioni di euro.
Ciò che potrei iniettarmi oggi sarebbe, invece, utilizzabile in 5 – 10 anni.
Quanto costa la prudenza? Mettiamo che ci siano 1.000 bambini affetti da una malattia genetica letale, curabile con le cellule. Se utilizziamo la procedura trapiantologica (GLP), volendo essere pessimisti, un bambino rischierebbe una grave infezione (personalmente, ho iniettato 1.000 volte cellule per via lombare e sono ancora vergine di accusa di omicidio) e 999 verrebbero guariti. Se utilizzassimo la procedura farmacologica (GMP), nessuno soffrirebbe di un’infezione e 1.000 morirebbero della loro malattia.
Nel dicembre del 2006, il Ministro Turco (o qualcuno per lei) ha promulgato un decreto che cerca di ovviare alla tragedia incombente prodotta dalla Direttiva Europea: qualora un paziente sia in pericolo di vita, o di aggravamento irreversibile, si possono utilizzare cellule staminali per terapia compassionevole (il termine giuridico è terapia avanzata non ripetitiva) prodotte in qualsiasi laboratorio, purché con l’autorizzazione del direttore generale di un ospedale pubblico.
La fretta nello scrivere quel decreto portò ad un testo di difficile interpretazione. Di fatto, tutti quelli che hanno cercato di applicarlo sono stati indagati dalla Procura di Torino.
Dopo un primo tentativo di terapia con staminali manipolate secondo la metodica Stamina, abortito al Burlo Garofolo di Trieste, ho cercato di applicare questo decreto presso gli Spedali Civili di Brescia. Avuto l’OK di Regione Lombardia e Direzione Generale, il prof. Vannoni ed io siamo andati all’AIFA per chiedere conferma della possibilità di applicare il decreto in un laboratorio GLP come quello di Brescia. Anche se non richiesto dal decreto, ottenemmo un’autorizzazione scritta. A Brescia furono trattati 12 pazienti adulti e bambini con malattie gravi e progressive. I risultati furono entusiasmanti, ma l’entusiasmo sparì quando, dopo circa 8 mesi, NAS di Torino ed ispettori di AIFA e Centro Nazionale Trapianti chiusero l’attività in quanto il laboratorio non era GMP.
All’obiezione che il decreto Turco non cita la tipologia del laboratorio, fu opposto il testo di un documento stilato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), “Requisiti di Qualità Farmaceutica”, il quale, nel 2008, suggeriva di applicare le procedure previste dal DM 2006 in un laboratorio GMP. Nel 2008, il decreto Turco stava per decadere e all’ISS si ritenne, giustamente, di anticipare i tempi di una piena applicazione della Direttiva Europea. L’ISS non sapeva che, dopo pochi mesi, il Ministro Fazio avrebbe reiterato sine die il decreto Turco. Prudentemente, il presidente dell’ISS aveva scritto in prima pagina dei Requisiti di Qualità Farmaceutica, in grassetto, che tali suggerimenti non erano imperativi. Eppure, l’AIFA sostiene ancora che questo documento imponga il laboratorio GMP.
Dopo il blocco, i pazienti già in cura e molti altri si sono rivolti ai giudici del lavoro (la competenza è Lavoro e Sanità) per ottenere il diritto alle cure almeno secondo l’articolo 32 della Costituzione sul diritto alla salute.
Ad oggi, in tal modo sono decine i pazienti che continuano il trattamento a  Brescia e centinaia in lista d’attesa.
Per ovviare ad una situazione insostenibile, il Ministro Balduzzi è intervenuto con un decreto che permetteva la continuazione delle cure ai pazienti già in trattamento, mentre ha prescritto il laboratorio GMP per i successivi. Il Senato ha considerato incostituzionale tale discriminazione tra due popolazioni di pazienti ed ha emendato la seconda parte del decreto (decreto 24/13) permettendo la lavorazione cellulare in un laboratorio GLP. Ciò avrebbe permesso la distribuzione su tutto il territorio nazionale di un’attività che rischia di soffocare gli Spedali Civili di Brescia.
A questo voto è seguita una polemica trasferita a livello internazionale che ha coinvolto le maggiori riviste scientifiche, intervenute a gamba tesa su di una decisione politica di uno Stato sovrano, e molti “esperti” di staminali che hanno difeso il concetto della natura “farmacologica” delle cellule. Mi astengo da commenti su chi abbia sostenuto una tesi casualmente molto favorevole alle multinazionali del farmaco.
Il 20 maggio 2013, alla Camera, la situazione si è così capovolta: un nuovo emendamento, votato da PD, PDL, SEL, Lista Monti e Movimento 5Stelle, dichiara che le cellule sono farmaci. La terapia con staminali secondo la metodica Stamina viene concessa e finanziata generosamente purché attuata in laboratori GMP nell’ambito di un progetto di ricerca.
Nei prossimi mesi sapremo se questo voltafaccia avrà avuto o meno conseguenze nefaste sulle aspettative di vita per i 18.000 cittadini italiani che hanno chiesto di essere curati con staminali.

Marino Andolina
già Direttore del Dipartimento Trapianti di Trieste;
vice presidente della Fondazione Stamina

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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