“È tuo il mio ultimo respiro?”

Un film presentato al Festival di Roma racconta di 5.619 condannati a morte nel mondo. La “classifica” delle esecuzioni vede al primo posto la Cina (5.000 condanne), seguita da Iran, Iraq e Stati Uniti.

Ci poniamo da sempre il problema del biblico “occhio per occhio”, del punire un omicidio, o comunque un crimine, con un altro crimine, o un altro omicidio. La cronaca ci pone quotidianamente di fronte alle nostre istintive e profonde pulsioni vendicative, quando veniamo coinvolti, direttamente e non, nei tragici eventi della vita. Non passa giorno in cui, sui media, non si discuta la questione del punire i reati gravi con la pena di morte. Proprio in questi giorni assistiamo ad un inquietante tam-tam mediatico sulla volontà della Russia di riproporre le esecuzioni capitali, nonostante questo Paese sia un membro del Consiglio d’Europa e, dal 1996, rispetti una moratoria legale delle esecuzioni. Anche negli Stati Uniti si è nuovamente tornati a chiedere con forza la pena capitale per i responsabili degli attentati dell’11 settembre. In modo del tutto imprevedibile, l’attuale Ministro della Giustizia americano, Eric Holder, rivendica il pugno duro: “Chiederemo la pena di morte”. Il mondo attende, da parte del Presidente Obama, una presa di posizione chiara e contraria rispetto alla precedente amministrazione Bush. In sede europea, la Polonia sta sostenendo con forza la reintroduzione della pena di morte. Nonostante da molti anni il processo abolizionista appaia inarrestabile, certificato anche dalla moratoria del 18 dicembre 2007, le esecuzioni continuano ed assistiamo con sgomento ad una drammatica richiesta volta al ritorno del “boia”. Del resto, la cosiddetta “pancia” dell’opinione pubblica, ciclicamente a seconda degli avvenimenti storici, chiede a gran voce la punizione esemplare, la soluzione radicale del problema della violenza, in una parola, “la forca”. Come, purtroppo, chi vi scrive ha potuto constatare, durante alcune interviste, realizzate fra la cosiddetta gente comune. Da qui l’urgenza di elevare l’attenzione su un evento di portata universale. Il mio documentario vuole costituire uno strumento utile per comprendere i fatti che hanno condotto al movimento globale in favore dell’abolizione della pena di morte. Desidera anche essere un compendio del messaggio politico e umanitario proveniente da diverse personalità del mondo della cultura e della società. Attraverso interviste e pubblicazione di dati, il film intende far riflettere sull’uso della pena di morte quale forma di punizione ritenuta giusta e congrua da moltissimi Paesi al mondo. La pena capitale è una soluzione finale applicata ancora in molte Nazioni del mondo per sanzionare reati che molti di noi nemmeno immaginano. La moratoria approvata dalle Nazioni Unite ha rimesso in moto meccanismi di riflessione collettiva, utili da indagare. Molte le questioni sollevate, a cui rispondono premi nobel e semplici cittadini. Ad esempio, l’imparzialità della pena capitale, i costi della stessa rispetto ad una normale detenzione e, soprattutto, il concetto di deterrenza. Ho potuto constatare incongruenze e paradossi di un problema cruciale della nostra esistenza. Urge, dunque, una riflessione spesso carente nella nostra struttura sociale ed educativa. Con il mio film mi pongo tre obiettivi principali:

INFORMARE: fornire allo spettatore l’evoluzione politica e sociale sull’applicazione della pena di morte nel mondo. Quali e quanti Paesi adottano ancora la pena capitale come deterrente per combattere la criminalità, non tralasciando di raccontare anche per quali reati.

ANALIZZARE: attraverso le testimonianze dei nostri illustri intervistati, l’inutilità, l’antistoricità, l’antieconomicità, l’inciviltà della pena capitale nel mondo, senza dimenticare di mostrare anche le reazioni istintive, “di pancia”, della cosiddetta gente comune.

EMOZIONARE: mostrando, qualora fosse possibile, INDIGNANDO, con l’ausilio di materiali di archivio e di repertorio, immagini-choc di esecuzioni autentiche, di esseri umani “al loro ultimo respiro”, accompagnate dalla voce off dell’autore. Essa vuole ricordarci che, dietro a questi criminali, veri o presunti, ci sono le loro madri, le quali li hanno accarezzati, li hanno amorevolmente accuditi, sognavano per loro un futuro ben diverso da quello che stanno drammaticamente vivendo. Con questo documentario, vorrei umilmente contribuire a far sì che la pena di morte diventi al più presto come la schiavitù: semplicemente storia.

Claudio Serughetti
Psicopedagogo, autore-regista, pittore e musicista. Ha scritto la colonna sonora del fi lm
The Hysterical Visionary Tour. Autore e regista de Il Nostro Messia e di È Tuo il Mio Ultimo Respiro?

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