Il destino dell’uomo moderno

Dite una sola frase di un libro a qualcuno, e se si tratta di una lettura condivisa, l’intera sostanza del libro, la storia che racconta, la lingua con cui la racconta, i protagonisti, gli scenari, diventeranno improvvisamente lo strumento comune che avete, voi e il vostro interlocutore per condividere cosa pensate, sentite, vedete in quel momento.

dorfles“Una mattina Gregor Samsa, destandosi da sogni inquieti, si trovò mutato, nel suo letto, in un insetto mostruoso”. Questo l’inquietante incipit della Metamorfosi, il più famoso dei racconti di Kafka. Chi l’ha letto sa che la storia dell’impiegato che si sveglia trasformato in uno scarafaggio, oltre ad essere un’immagine originalissima, è anche un’allegoria del disagio della civiltà e insieme la metafora della solitudine dell’uomo moderno. Probabilmente è anche qualcosa di più. Potremmo dire che questa consapevolezza ha già trasformato la lettura di quel racconto in una ricchezza di riferimenti letterari, sociali e culturali che difficilmente altre esperienze possono darci. Ma c’è qualcosa di più: coloro che hanno letto quel racconto sono tanti, milioni, non si conoscono tra di loro, molti non si incontreranno mai. Eppure, il fatto di aver letto quel racconto li rende una comunità, un gruppo omogeneo, a grandi linee, per il solo fatto di avere in comune il ricordo di quella lettura. Mettiamo che andando in ufficio, il mattino, incontriate un collega che vi dice “oggi mi sento come se fossi diventato uno scarafaggio”. Se non avete letto La metamorfosi, lo guarderete con malcelato disgusto e penserete tra di voi che si tratta di uno squilibrato che dice cose insensate e spiacevoli. Ma se l’avete letto, quel racconto, capirete benissimo di cosa si tratta. Vi si aprirà davanti il ricordo completo di ciò che quella lettura vi ha dato – il frenetico ed incontrollato agitarsi di quelle zampine, il progressivo distacco dell’amata sorella, la mela che si incastra nel carapace – e vi renderete conto di avere in comune con chi vi ha fatto quella citazione un intero mondo, di condividere con lui la consapevolezza che tutti, prima o poi, ci sentiamo degli scarafaggi quando dobbiamo andare in ufficio, la mattina.

Siamo entrati in contatto con un membro della comunità dei lettori di Kafka che sa, come lo sappiamo noi, che chi si trasforma in un insetto finisce abbandonato dalla famiglia ed emarginato dalla società. Perché quella metamorfosi è la metafora del disagio mentale, dell’inadeguatezza, del disadattamento. Tutti meccanismi che producono esclusione, isolamento, il rifiuto di un universo basato sull’adeguamento a comportamenti codificati. Il rifiuto di ciò che non si considera normale, l’espulsione di chi non è adatto ai meccanismi della produttività e del consumo. Queste semplici riflessioni credo servano ad ampliare ciò che di solito si dice sull’utilità, il piacere ed il coinvolgimento della lettura. Perché è vero che leggere un romanzo può donare una soddisfazione incomparabile. Ma è anche vero che ogni libro ci trasforma un po’, ci cambia, ci fa maturare e ci dà a nostra volta gli strumenti per raccontare l’esperienza che leggere quel libro ha significato per noi. Ci fa entrare nella comunità di chi quel libro lo ha letto, e questo è un po’ come essere andati assieme a scuola, condividere degli amici, aver rubato un grappolo d’uva in compagnia. Dite una sola frase di un libro a qualcuno e, se si tratta di una lettura condivisa, l’intera sostanza del libro, la storia che racconta, la lingua con cui la racconta, i protagonisti, gli scenari, diventeranno improvvisamente lo strumento comune che avete, voi e il vostro interlocutore, per condividere cosa pensate, sentite, vedete in quel momento. E più letture in comune si hanno, più grande è il sistema di riferimenti, di esperienza, più vari i tipi umani ai quali fare riferimento, più estesa la gamma di sentimenti che si possono citare e condividere.

C’è solo un problema: non tutti sanno leggere. S’intende, oggi siamo tutti alfabetizzati. Ma leggere un libro, un romanzo, i classici dell’Ottocento, non è facile. Molti, anche dopo aver concluso gli studi superiori, smettono di leggere e perdono progressivamente la capacità di orientarsi sulla pagina scritta. Molti – la maggioranza degli Italiani – non riescono a trovare la concentrazione necessaria per leggere un testo più lungo di una pagina. Non è una cosa di cui vergognarsi. È un limite della nostra società, nella quale, le istituzioni – la famiglia, la scuola, i mezzi di comunicazione di massa, gli enti pubblici – non investono sulla lettura, non si propongono di allargare al massimo la platea dei lettori, non considerano la lettura un valore irrinunciabile. Non sanno quale patrimonio perde chi non legge, a quante relazioni, rapporti umani, capacità di comprensione dei complessi meccanismi della vita deve rinunciare chi non può condividere la conoscenza di quello che, dall’invenzione della scrittura ad oggi, si è accumulato sulle pagine che sono arrivate a noi. Non aver avuto l’emozione di leggere Kafka è una privazione che non merita nessuno. Non leggere, non saper leggere i romanzi, vuol dire non conoscere quello che, da tremila anni a questa parte, gli uomini hanno scritto delle loro esperienze di vita. Vuol dire non conoscere la storia, non sapere cos’è la sostanza dell’uomo. Vuol dire affrontare la complessità del mondo contemporaneo rischiando di ripetere gli stessi errori, gli stessi orrori che, da sempre, si commettono per ignoranza e superficialità, e per non aver letto quanto ha da insegnarci chi ci ha preceduto.

Piero Dorfles
Giornalista RAI e critico letterario italiano

Rispondi