Sradicare la povertà

Oggi circa due miliardi di persone vivono ancora con meno di due dollari al giorno e la fame nel mondo ha raggiunto livelli record, con 1,02 miliardi di persone sottonutrite. Ciò che manca non sono risorse o conoscenze, ma volontà politica. I leader Europei si incontreranno al Consiglio Europeo il prossimo 18 giugno 2010 per concordare una posizione comune.

“Stop alla povertà entro il 2015”. E’ la promessa storica fatta dai 189 Capi di Stato e di Governo che nel 2000 hanno firmato la Dichiarazione del Millennio al Vertice delle Nazioni Unite. In quell’occasione, i leader mondiali si sono impegnati a liberare ogni essere umano dalla “condizione abbietta e disumana della povertà estrema” ed a “rendere il diritto allo sviluppo una realtà per ogni individuo.” Quest’ampia gamma di impegni, nota come gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (MDGs – Millennium Development Goals), include non solo gli interventi contro il degrado ambientale, le disuguaglianze di genere e l’HIV/AIDS, ma prevede anche una serie di iniziative per garantire l’accesso all’istruzione primaria, all’assistenza medica ed all’acqua potabile.
Durante lo svolgimento del Vertice, i Paesi hanno fissato entro il 2015 il termine per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo ed hanno stabilito che i Paesi in via di sviluppo hanno la responsabilità primaria nel raggiungere i primi sette obiettivi, mentre i Paesi donatori hanno un ruolo decisivo nell’ottavo obiettivo: la collaborazione globale a favore dello sviluppo. Questo significa aumentare il volume degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo, migliorandone la qualità e quindi aumentandone l’efficacia.
Più recentemente, nel 2005, i 15 stati membri dell’Unione Europea si sono ulteriormente impegnati ad incrementare l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS), destinando ai PVS lo 0,7% del Prodotto Interno Lordo (PIL) entro il 2015 e fissando come tappa intermedia lo 0,51% del PIL entro il 2010. Sono trascorsi ormai cinque anni e dobbiamo purtroppo constatare che non tutti i governi hanno mantenuto le loro promesse. Secondo le ultime statistiche dell’OCSE, Austria, Germania, Grecia, Francia, Italia e Portogallo sono i Paesi Europei che quest’anno non raggiungeranno lo 0,51%, fatto che metterà a grave rischio l’obiettivo europeo comune dello 0,56% entro il 2010. Inoltre, ad oggi sono solo cinque i Paesi dell’Unione Europea che destinano lo 0,7% del loro PIL allo sviluppo: Svezia (1,03%), Lussemburgo (1%), Danimarca (0,83%), Olanda (0,8%), e, dal 2010, anche Belgio (0,7%).

Il 2010 segna il decimo anno dalla firma della Dichiarazione del Millennio, e nonostante siano stati raggiunti alcuni traguardi importanti, è più che evidente che per raggiungere tutti gli Obiettivi del Millennio sarà necessario un maggiore impegno da parte dei governi del Nord e del Sud del mondo. Oggi, circa due miliardi di persone vivono ancora con meno di due dollari al giorno e la fame nel mondo ha raggiunto livelli record, con 1,02 miliardi di persone sottonutrite. Tutto ciò è inaccettabile, visto che ciò che manca non sono risorse o conoscenze, ma volontà politica.
È quindi giunto il momento di rispettare questi impegni!
I leader Europei si incontreranno al Consiglio Europeo il prossimo 18 giugno 2010, durante il semestre di presidenza spagnola, per concordare una posizione comune che sarà presentata al Vertice delle Nazioni Unite a New York dal 20 al 22 settembre 2010, occasione in cui faranno una revisione del progresso raggiunto sugli Obiettivi di Sviluppo dal 2000 ad oggi.
In quest’occasione, i leader europei dimostreranno di essere all’altezza delle aspettative?
Non solo dovranno mantenere gli impegni presi nei confronti dell’ottavo Obiettivo, ma dovranno altresì concordare un piano di azione ambizioso e dettagliato, che includa scadenze vincolanti per l’aumento e per una maggiore efficacia dell’APS. Nello specifico, i governi europei dovranno stabilire scadenze vincolanti a livello nazionale che dimostrino incrementi annuali di crescita volti al raggiungimento dello 0,7% entro il 2015, stabilire un’ulteriore tappa comune a medio termine pari ad almeno lo 0,63% del PIL entro il 2012 ed impegnarsi a far sì che, oltre agli aiuti, vengano stanziate nuove risorse per la lotta ai cambiamenti climatici e nuovi meccanismi di finanziamento.
I Paesi donatori non dovranno solo aumentare gli aiuti, ma anche migliorarne l’efficacia. Nella Dichiarazione di Parigi del 2005 e nella Accra Agenda for Action, i Paesi donatori si sono impegnati a riformare, semplificare ed armonizzare il modo in cui distribuiscono gli aiuti. Inoltre, gli stati membri dell’Unione Europea hanno concordato una divisione del lavoro tramite il “Codice di Condotta dell’Unione Europea”, entrato in vigore nel 2007.

La realizzazione di tali impegni potrebbe incrementare in maniera significativa l’efficacia degli aiuti.
Al momento, in molti Paesi donatori sono presenti esigenze amministrative e di rendicontazione sulle attività che determinano un carico di lavoro impegnativo. Ciò si rivela devastante per il Paese beneficiario, già al limite delle proprie risorse, al punto che solo la metà dei fondi destinati all’APS arrivano direttamente ai Paesi beneficiari per il raggiungimento degli otto Obiettivi. Molto spesso, infatti, le somme stanziate incorrono sia in complicate procedure istituzionali dei Paesi donatori, sia in quelle limitate dei Paesi beneficiari. Tutto ciò va ad aggiungersi ai non trascurabili costi per le numerose transizioni, rendendo l’intero sistema del tutto inefficiente.
I funzionari locali sono così impegnati a rispondere alle richieste dei donatori che spesso non riescono a garantire il normale funzionamento dei programmi di governo, o a far fronte alle esigenze reali dei propri cittadini. I donatori hanno il dovere, quindi, di armonizzare i processi di sostegno e di adottare procedure comuni.
Esistono molte strade per migliorare l’armonizzazione, quali, ad esempio, analisi e missioni congiunte ed azioni coordinate. Quando i Paesi donatori affidano la supervisione dei lavori ai Paesi beneficiari, sono ottimizzate le risorse ed i processi. Inoltre, i donatori possono massimizzare i benefici del loro lavoro attraverso un continuo scambio di informazioni ed attraverso il coordinamento delle proprie azioni, dalla decisione di stanziamento degli aiuti fino ai dettagli di un programma specifico. La dispersione degli aiuti può essere ridotta se gli stessi Paesi portano avanti attività coerenti e complementari, stabilendo adeguate divisioni di compiti in tutti i Paesi ed in tutti i settori.

Una divisione dei compiti tra i Paesi donatori in Europa e tra questi e i Paesi beneficiari renderebbe gli aiuti maggiormente efficaci. Il Codice di Condotta dell’Unione Europea rimane però un meccanismo volontario, flessibile ed autogestito. Ad oggi, i Paesi europei non sembrano proferire sforzo alcuno per metterlo in pratica, né, tanto meno, sembrano disposti a creare delle procedure di accountability. Obiettivi politici e visibilità a livello nazionale continuano, invece, ad essere il leit motiv delle politiche di sviluppo dei Paesi donatori. La cooperazione allo sviluppo continua ad essere un mezzo utile per un’efficace politica estera dei Paesi donatori che non hanno alcuna voglia di ritirarsi da Paesi e settori politicamente attraenti.
A soli 5 anni dal target del 2015 per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, la prospettiva di un fallimento dovuto ad un’assenza di volontà politica è reale.
Tuttavia, ciò risulterebbe inaccettabile, sia da un punto di vista morale, sia pratico. Il mancato raggiungimento degli obiettivi potrebbe aggravare i pericoli che già minacciano il pianeta, quali instabilità, violenza, epidemie e degrado ambientale. Ci aspettiamo, quindi, che i leader europei conducano gli altri Paesi presenti al Vertice delle Nazioni Unite di New York il prossimo 20-22 settembre ad elaborare un’efficace agenda for action per i prossimi cinque anni.
Gli obiettivi di Sviluppo del Millennio possono essere raggiunti: non ci sono scuse!

Patrizia Labella
Policy Adviser-UN millennium Campaign Europe

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