Differenze di povertà su scala nazionale ed internazionale

Per essere poveri non bisogna necessariamente trovarsi in mezzo ad una strada. Un senso di insicurezza ed instabilità rende sempre più sfumato il confine tra chi è “incluso” e chi è “escluso” dalla società. Non è solo la questione dei soldi a definire questo confine, ma si scopre una zona grigia sempre più ampia, dove povertà è anche fragilità di relazioni, precarietà lavorativa, insicurezza sociale, inadeguatezza ad un sistema dominato dalla competitività e dalla produttività. Nuovi poveri, gente comune. Vittime di una guerra silenziosa e dolorosa, che si combatte ogni giorno fra le mura domestiche. Nuovi, perchè fino a ieri capaci di vivere dignitosamente. Nell’Italia di oggi ci sono circa 11 milioni di persone che vivono in povertà. Due terzi delle famiglie indigenti vivono nelle regioni del Meridione, ma anche al nord si consuma ricchezza e si produce marginalità. Ogni anno 40 mila piccole imprese, attività artigianali e 150 mila commercianti falliscono per usura. Inoltre si finisce pure per perdere la casa; nelle grandi città, con l’aumento degli sfratti del 150% e l’impossibilità di pagare gli affitti, ci si ritrova a dormire dentro la vecchia utilitaria. Paradossalmente, l’Italia gioca con la sua povertà: la cifra di gioco è 25 miliardi all’anno, l’equivalente del 2% del prodotto interno lordo. Più di 1500 milioni di euro che arrivano dalle lotterie nazionali e altrettanti dal bingo e dai gratta e vinci. Il gioco è una forma di tassazione indiretta, per di più a carico soprattutto dei meno abbienti che si affidano al colpo di fortuna. Povertà è anche esclusione da un sistema sociale dove si vedono calpestati diritti e cittadinanza, dove l’accessibilità agli stessi è talora resa impossibile anche a causa di mutamenti sociali che spezzano la coesione delle comunità.

Sara Crisnaro

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