Mini Mu

Bambini e ragazzi vivono nella società di oggi in spazi e tempi che oscillano tra contradditori vuoti e pieni, il cui eccesso impedisce scoperta e creatività. Da un lato, l’eccesso di attività strutturate che non lascia spazio alla libera creatività, dall’altro il troppo vuoto che si trasforma in solitudine, magari di fronte ad una tv. È possibile oggi costruire e vivere luoghi e permettere tempi in cui siano possibili la scoperta, la meraviglia, la bellezza, le relazioni?

I Musei dei Bambini nascono alla fine dell’ottocento negli Stati Uniti (Brooklyn, 1899). Stimolano la curiosità e incentivano all’apprendimento tramite il gioco. Sono organizzazioni culturali che si riconoscono nella definizione di museo così come definito da ICOM, International Council of Museums. In tutto il mondo, sono più di 400 e sono conosciuti nel mondo anglofono come Children’s Museums. L’importanza crescente dei Musei dei Bambini ha dato vita, nel 1998, all’associazione internazionale Hands On! Europe, che raccoglie le migliori esperienze in questo settore. Il “Museo dei Bambini” è sicuramente un museo atipico, dove non si collezionano opere da guardare e da ammirare, ma è un luogo dove si può toccare e si può fare. Quindi, non è semplicemente un museo rivolto ai bambini, considerati come semplici visitatori, ma è proprio un museo dei bambini, in cui essi hanno un ruolo attivo, sono protagonisti principali. Strutture come queste possono essere considerate dei veri centri della curiosità e dell’immaginazione, laboratori di creatività che promuovono una dinamica educativa che si pone in relazione con il territorio e la comunità in cui sono inseriti, aderendo alle sollecitazioni che provengono dal tessuto sociale circostante, allacciando rapporti con il mondo della scuola e le istituzioni museali, coinvolgendo la scuola e la famiglia nelle attività istruttive e ludiche che essi promuovono. La metodologia si sviluppa attraverso l’approccio plurisensoriale, fluido, individualizzato, mutevole, in continua ridefinizione, promosso attraverso il gioco, il coinvolgimento attivo e l’esperienza, che passa attraverso il ”guardare toccare provare osservare imitare riprovare” (learning by doing). In questi contesti, vengono utilizzate l’interattività, il coinvolgimento di diverse forme espressive mediate da differenti tecniche e strumentazioni capaci di accrescere la creatività, il rapporto con lo spazio piuttosto che con il tempo. L’approccio è sempre plurisensoriale.

L’emotività dell’esperienza non mediata dall’adulto diviene un momento di esplorazione delle proprie attitudini e consapevolezza delle proprie capacità. L’obiettivo che ci si pone non è la divulgazione, ma lo sviluppo cognitivo e lo sviluppo del talento creativo del bambino. Diversi sono gli approcci realizzati in Italia per questa realtà pedagogica. La città della Scienza di Napoli propone spazi dove i bambini possono osservare, sperimentare e verificare fenomeni scientifici. Explora, il museo dei bambini di Roma, presenta una piccola città a misura di bambino, dove si possono compiere esperienze proprie degli adulti. Il museo per bambini di Siena si propone invece di avvicinare i bambini alle arti visive attraverso il contatto diretto con personalità del mondo dell’arte. La Città dei Bambini di Genova è specializzata nel flusso d’interesse dell’Acquario. Il Mini Mu (che significa sia mini museo che Mini Munari) può essere considerato l’ultimo nato tra i musei dei bambini. Una convenzione tra Provincia di Trieste, ASS1 Triestina e Gruppo Immagine ha dato vita, nel novembre 2008, a Mini Mu Parco dei Bambini San Giovanni, una struttura che, partendo dall’arte contemporanea attraverso laboratori per giocare con l’Arte, mostre ed eventi open day, sviluppa il pensiero divergente, dando impulso alla sperimentazione di didattica creativa, a cominciare dai bambini, le loro famiglie, gli insegnanti. Mini Mu contribuisce alla valorizzazione della città di Trieste, facendo sì che possa disporre di un servizio culturale per i giovani analogo a quello presente in varie altre città italiane ed europee. Come osservò la prof.ssa Elena Bertocchi, nel giorno dell’inaugurazione di Mini Mu, Bruno Munari era partito dal presupposto, condiviso da varie scuole di Psicologia dell’età evolutiva, che nei primi anni di vita il bambino viva le esperienze più importanti di tutta l’esistenza, dal punto di vista cognitivo, sociale e affettivo, e che le strutture di tipo museale rivolte all’infanzia debbano essere progettate in modo adeguato alle esigenze dei bambini, alle loro capacità di apprendimento ed al loro livello di conoscenza, più che essere destinate al semplice intrattenimento. E Munari si occupò sia di laboratori di creatività, sia di Musei dei Bambini. Egli non voleva un museo fatto dagli adulti per i bambini, ma un museo fatto dai bambini per gli adulti. Ed ha sviluppato, sul tema del gioco, dell’infanzia e della creatività, una ricerca poliedrica che non ha uguali e che oggi riceve un consenso generale.

Maurizio Fanni
Professore Ordinario Università di Trieste

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