Sfamare la popolazione

Garantire le risorse ad una popolazione triplicata comporta un forte aumento della pressione sui settori riguardanti l’agricoltura, la silvicoltura e la pesca. L’impatto dei cambiamenti climatici, già evidente sullo sviluppo globale, rischia di compromettere i risultati conseguiti e rallenta il processo di raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio(MDG), in particolare quelli riguardanti la riduzione della fame, della povertà e la garanzia di un ambiente sostenibile

Negli ultimi 50 anni la popolazione mondiale e’ più che raddoppiata, dai 3 miliardi nel 1959, ha raggiunto i 6.7 miliardi nel 2009. Nei prossimi 40 anni, si ritiene aumenterà ulteriormente del 50% raggiungendo i 9.1 miliardi entro il 2050. Soddisfare i bisogni alimentari, garantire risorse, entrate e lavoro ad una popolazione triplicata comporterà un forte aumento della pressione sui settori riguardanti l’agricoltura, la silvicoltura e la pesca. L’impatto dei cambiamenti climatici, già evidente sullo sviluppo globale, rischia di compromettere i risultati conseguiti e rallenta il processo di raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio(MDG), in particolare quelli riguardanti la riduzione della fame, della povertà e la garanzia di un ambiente sostenibile. Molti paesi sono già alle prese con un grave deterioramento dei loro sistemi di produzione alimentare. Secondo le ultime stime della FAO oltre un miliardo di persone nel mondo soffre la fame, ben un sesto della popolazione, la percentuale più alta nella storia dell’umanità’. E’ evidente come sia necessario un drastico cambiamento nel sistema di produzione alimentare e nella distribuzione delle risorse.

I cambiamenti climatici si ripercuotono su tutti gli elementi di base necessari per la produzione di alimenti, come il suolo, l’acqua e la biodiversità. Più in generale, il loro impatto influenza le quattro dimensioni della sicurezza alimentare,definite dalla FAO: disponibilità, accesso, stabilità e utilizzo. Mentre tutti i sistemi di produzione alimentare e le comunità che dipendono da essi, sono vulnerabili ai cambiamenti climatici e alle variazioni che ne derivano, l’impatto e la loro gravità può variare. Essi dipendono dalla natura del cambiamento climatico e della variabilità, dalla rapidità dei cambiamenti, dalla sensibilità della zona e dalla capacità di adattamento dei suoi abitanti e degli ecosistemi. Una cosa è chiara, i poveri sono i più colpiti: sono più vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici e hanno minore capacità di adattamento. Essi sono spesso esposti a rischi naturali, fortemente dipendenti da risorse sensibili al clima e con capacità economiche e tecnologiche limitate. Paesi meno sviluppati (PMS) e piccoli Stati insulari (SIDS) si trovano ad essere i più colpiti.

Agricoltura, silvicoltura e pesca risentono dagli effetti del cambiamento climatico, ma al tempo stesso contribuiscono al livello globale di gas a effetto serra (GHG). L’agricoltura produce il 13,5% delle emissioni di gas serra, principalmente sotto forma di metano e protossido di azoto provenienti da terreni concimati, fermentazione, combustione di materiali organici, produzione di riso, letame e produzione di fertilizzante. Meno evidenti ma più significativi sono i contributi delle emissioni dovute ai cambiamenti nell’utilizzo del territorio, come ad esempio la conversione di foreste, di terre da pascolo, o l’abbattimento di foreste selvagge che rappresentano il 17,4 per cento delle emissioni totali di gas serra sulla terra. Anche la pesca contribuisce, ma in misura minore. Le emissioni di CO2 delle imbarcazioni impiegate nel raccolto e nella spedizione sono stimate 0,05 Gt all’anno.

Tuttavia, l’agricoltura, la silvicoltura e la pesca possono anche essere parte della soluzione. Offrono la possibilità di mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici, mentre allo stesso tempo offrono vantaggi allo sviluppo e la sicurezza alimentare. Con un’adeguata pianificazione, l’adattamento ai cambiamenti climatici e le iniziative di mitigazione possono essere integrate nelle iniziative per lo sviluppo sostenibile, dando risultati positivi. Ad esempio, l’agricoltura ha è in grado di ridurre 1,6 miliardi di tonnellate di carbonio l’anno, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, sequestrando il carbonio nel suolo. La silvicoltura ha il potenziale di conservare e tenere fuori dall’atmosfera circa 1,5 miliardi di tonnellate di carbonio l’anno.

La sfida globale per i politici è quello di trovare un mix efficace di mitigazione e soluzioni di adattamento che limitino i cambiamenti climatici e l’impatto di questi ultimi sul pianeta. Nei settori dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca, ci sono molte possibili sinergie tra interventi di mitigazione e adattamento e obiettivi di sviluppo globale. Tra gli obiettivi di sviluppo sono inclusi l’aumento della produzione agricola, il miglioramento della sicurezza alimentare, la riduzione della povertà, la conservazione della biodiversità, l’arricchimento dei terreni, una migliore gestione delle risorse idriche e una maggiore efficienza della produzione.

Peter Holmgren
direttore della Divisione per l’Ambiente, i Cambiamenti Climatici e la Biodiversità del Dipartimento di Agricoltura dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (FAO, www.fao.org) presidente del Gruppo di lavoro interdipartimentale della FAO sui cambiamenti climatici.

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