Note ma non diagnosticate

La D.ssa Domenica Taruscio ha chiesto la collabora-zione per iniziare il progetto “Malattie rare senza diagnosi” per istituire una banca dati (database) e di una banca di materiale biologico (biobanca) presso l’ISS per tutta l’Italia.

Le malattie rare sono molto meno rare di quanto si pensi: moltissime malattie rare non vengono diagnosticate e restano ignote le cause di quelle che provocano la disabilità mentale, anche nelle forme più gravi. Quando si operano screening a tappeto sulla popolazione generale, risultano infatti molti più casi di quelli già conosciuti prima. Questo deriva dalla scarsa conoscenza delle malattie rare da parte dei curanti e dalla mancanza di kit diagnostici per rilevare queste patologie. Il problema da risolvere consiste nel cercare le cause teoricamente già note della disabilità. Non si tratta di ricerca scientifica, come nel caso precedente, ma dell’applicazione di protocolli di indagine già sperimentati, che vengono colpevolmente dimenticati dai medici curanti, peraltro solitamente fin troppo propensi a prescrivere esami per i loro pazienti normodotati. Si ha quasi l’impressione che molti medici ritengano inutile fare esami sulle possibili cause della disabilità mentale, “perché tanto poi non serve a nulla, non essendoci rimedi disponibili”. Questa trascuratezza è doppiamente colpevole: in base al nostro diritto, l’utente, o chi lo rappresenta (i genitori del bambino o il tutore), ha il diritto di conoscere la causa della malattia, indipendentemente dall’esistenza di una cura. Inoltre, i genitori di un bambino piccolo possono essere tentati di chiamare nuovamente la cicogna, e devono essere informati sulle probabilità di incorrere in una ripetizione della disabilità. In questi casi, si può ipotizzare un’azione di richiesta dei danni ai medici responsabili della cura che hanno taciuto il rischio di ricorrenza. Talora, non si tratta soltanto di una colpevole mancanza di un medico curante, ma di una scelta organizzativa dell’apparato del SSN, per cui un esame sulle urine come quello della succiniladenosina (altrimenti indicata come adenilsuccinatoliasi) non è mai stato eseguito, neppure nei casi in cui alcuni medici di famiglia lo avevano prescritto, nonostante fosse indicato come esame obbligatorio in tutti i casi dal protocollo di cui alla delibera del 2004 sui disturbi dello spettro autistico.

Per cinque lunghi anni, per conto delle associazioni di famiglie di disabili come Anffas, Angsa e Apri, ho fatto richiesta di dare applicazione alla delibera, senza ottenere altro che rimpalli fra i “tavoli” della genetica, delle malattie rare e della psichiatria. Qui si sconta una vecchia mentalità di tanti neuropsichiatri infantili, che per anni avevano ritenuto le sindromi autistiche come il risultato dell’inadeguatezza dell’amore materno, e si sconta ancora la mentalità paternalistica del tavolo delle malattie genetiche, dove si crede di dovere “proteggere” i genitori dal trauma di venire a conoscenza che il figlio ha una patologia nota, generalmente genetica. Finalmente, il nuovo dirigente del settore ospedaliero e malattie rare, Dr. Di Ruscio, nell’incontro svoltosi il 30 gennaio per iniziativa della Regione ER e della federazione Federamrare, si è mosso perché tale esame possa trovare un laboratorio di riferimento ed un centro clinico cui appoggiare l’interpretazione dell’analisi.
Lo screening per le malattie metaboliche rare su tutti i neonati apparentemente sani.
L’esempio precedente mostra che una malattia rara molto grave come la carenza enzimatica adenilsuccinatoliasi, scoperta vent’anni fa anche in Italia da uno studio pionieristico, non viene più riconosciuta nel nostro Paese, perché nessuno esegue l’esame specifico delle urine, nonostante si possa stimare che ne siano affetti almeno 30 neonati all’anno. Malattie rare sembrano perciò rarissime, anche se non lo sono, facendo sottovalutare la loro importanza. Ovviamente, la mancata ricerca della patologia nasconde il problema all’origine e i burocrati del SSN non devono neppure porsi il problema della terapia. Il bambino nasce, si ammala, diventa disabile e muore senza che neppure si conosca la diagnosi, dato che nessuno ha interesse ad effettuarla. In tal modo, si lede il diritto alla diagnosi, che pure la nostra legislazione contempla, e si ritarda all’infinito la ricerca e la cura, entrando in un circolo vizioso dalla rassegnazione all’impotenza. Per alcune decine di patologie rare del metabolismo, è oggi disponibile una metodica, denominata “tandem-mass”, che, al prezzo di pochi euro, è in grado di individuare una sessantina di patologie rare nel neonato apparentemente sano.

Occorre che sia esteso, mediante un incentivo alla ricerca, il numero delle patologie rare diagnosticabili con questa o con altre metodiche, rispettando il diritto (non il dovere) dei genitori a conoscere precocemente la malattia da cui è affetto il figlio. Sappiamo che, nonostante l’impegno di alcune benemerite associazioni, soltanto con la finanziaria del 2008 si è favorita concretamente la scelta della tandem-mass, mentre patologie che era possibile conoscere e validamente contrastare fin dall’inizio degli anni 2000, come la carenza di creatina, non vengono ancora eseguite nella maggior parte del nostro Paese. Questi esami, che vengono eseguiti nei neonati apparentemente sani, devono essere estesi anche a tutti i disabili (grandi e piccoli) per i quali non è nota la diagnosi e per i quali la probabilità di trovare una delle patologie ricercate è ben superiore a quella del gruppo dei neonati apparentemente sani. La proposta consiste nel sottoporre circa un milione di individui con disabilità grave ed eziologia ignota a questi screening, prevedendo anche la ripetizione dei pochi esami già effettuati su tutti i neonati negli anni passati, come, ad esempio, la fenilchetonuria e l’ipotiroidismo, poiché si deve escludere la possibilità di errore nell’esame a suo tempo effettuato. Infine, occorre affidare ad Enti pubblici fuori mercato la produzione di kit orfani, assicurando e facilitando la diagnostica già oggi possibile.

Carlo Hanau
Presidente di Federamrare,
Federazione delle associazioni delle malattie rare dell’Emilia Romagna

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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