La battaglia di Giulia

Sensibilità chimica multipla (Mcs). È una sindrome immuno-tossico infiammatoria che ha colpito il 30% dei soldati americani che furono impegnati nella Guerra del Golfo. Si stima che in America siano 37 milioni i malati. In Italia, fino a qualche anno fa. L’Organizzazione Mondiale della Sanità la considera “allergia non specificata”.

Giuseppa, per tutti Giulia, veste un abito blu. “È già una conquista. Per anni ho indossato solo capi bianchi. Non potevo sopportare neppure i colori”. Ora vende tutto: gioielli, sculture, vestiti. “Nessuno mi vedrà mai in giro scalza. Ma a me manca tutto il resto”. Le servono soldi, ma soprattutto risposte scientifiche. A cominciare da una casa a misura di malattia. La sua malattia. Tutto comincia sette anni fa: Giulia è a Roma per lavoro, si occupa di pubblicità. Improvvisamente, viene colta da shock anafilattico. “Ero in un negozio. Solo dopo collegai il fatto, ma lì c’era un deodorante per interni. Mi salvai solo perché ero a due passi dall’ospedale”. Una delle regole per incontrarla è non avere profumi addosso. Perché la diagnosi è sensibilità chimica multipla. “È come essere allergici alla vita. Fegato e pancreas non producono più il glutine, che serve ad espellere sostanze tossiche. Chi si ammala, non ha più protezione, diventa come una spugna, Mercurio, alluminio, metalli. Nel sangue ho le tracce di tredici diversi tipi di pesticidi. Ci si intossica finché non si rifiuta tutto”. È difficile pensare ad una malattia del genere: Giulia si lava con una sauna a secco. Lava gli abiti con bicarbonato e aceto. L’unico sapone che può usare costa 8 euro, l’unico shampoo 19. Ha un’automobile decontaminata. Usa un vecchio cellulare, senza batterie al litio. “Per via dell’elettromagnetismo. Per lo stesso motivo non posso usare il computer, ho subito mal di testa”. A casa ha una bombola dell’ossigeno. “Ma mi servirebbe portatile, con la maschera di ceramica”. Già, la ceramica: anche la sua casa ideale dovrebbe essere rivestita internamente di ceramica o di vetro. “Vivrei come in una scatola”. Le lenzuola, di lino. L’ideale è vivere al mare. “Meglio ancora su una barca, ma dovrei farmela costruire apposta, con legni e vernici speciali. Ma non ho i soldi per una casa, figurati per una barca”. Con 42 mila euro comprerebbe un camper adatto a lei. Sogni.

Intanto, continua il via vai della gente da San Mercuriale. “Sto vendendo tutto. Anche le mie sorelle si disfano delle cose, se no non potrei più andare a casa loro, a Firenze”. Ad ognuno chiede una firma, in cambio dà un volantino. “Più che soldi, cerco di sensibilizzare la gente a questa malattia. Intanto, per me stare qui, in mezzo a questi ragazzi che mi hanno aiutato da subito come volontari, è già una rivincita. Un anno fa non parlavo né camminavo più. Sto discretamente. Vorrei sempre stare così, è il massimo che posso chiedere. Ma tra un mese, non so che sarà di me”. In Italia, dice, “si fa diagnosi ma non cura. Bisogna andare all’estero”. Uno specialista richiese per lei un ricovero a Dallas, negli Stati Uniti. È volata là con un aereo concesso dalla Presidenza del Consiglio il 19 agosto, è tornata il 5 novembre: il soggiorno le è costato 80mila dollari, più altri 5mila euro per comprare la sua terapia, quella che ora la fa stare meglio. “Non farmaci. I farmaci, come tutto ciò che è chimico, mi fanno star male. Devo assumere vitamina B pura, non le compresse. Per questo le case farmaceutiche non hanno nessun interesse. E la malattia in Italia è praticamente misconosciuta. Ci vorrebbe un centro”. Giulia non vuole darsi per vinta. Vuole vivere dignitosamente. È in causa con l’Ausl di Forlì. “Proprio martedì a Chieti, l’Ausl locale ha pagato le cure a una donna malata come me. Mentre la mia richiesta è stata rifiutata”. Il 5 giugno, alle 12, al tribunale di Forlì ci sarà il processo. “Spero che fuori ci sia un po’ di gente a sostenermi. Chiedo che mi sia riconosciuto il diritto di cura. Altrimenti è come staccare la spina. E le cure che ho portato dall’America stanno finendo”.

Marco Bilancioni
Giornalista per ”Il Resto del Carlino”

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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