L’impatto economico del sisma

A fronte dell’elevato rischio sismico del territorio, l’Italia rimane uno dei pochi, forse l’unico, Paese economicamente avanzato che non sia dotato di una normativa organica relativamente alle politiche assicurative contro i rischi naturali in generale e contro quello sismico in particolare.

Contesto attuale
Il costo medio annuo sostenuto a seguito di eventi sismici negli ultimi trent’anni del secolo scorso è stato valutato in circa 4 miliardi di euro attualizzati. Tali costi sono stati sostenuti essenzialmente dallo Stato, secondo una sorta di patto tacito che suppone che lo Stato finanzi ogni necessità successiva al verificarsi di una catastrofe. Gli interventi successivi agli eventi sismici non si sono, in generale, semplicemente posti il problema del completo risarcimento del danno subito, ma anche l’obiettivo di ridurre la vulnerabilità del costruito, attuando, di fatto, politiche di prevenzione. Mentre è ovvio e sensato cogliere l’occasione di interventi di riparazione per rendere gli edifici meno vulnerabili, in quanto il maggior costo si rivela in genere modesto, va anche sottolineato che le aspettative riposte dai cittadini nell’intervento statale comportano una riduzione del livello di percezione del rischio e, di conseguenza, una minore propensione all’investimento volontario per la prevenzione e per eventuali forme di assicurazione contro le catastrofi.
Politiche assicurative
Occorre osservare che a fronte dell’elevato rischio sismico del territorio, l’Italia rimane uno dei pochi, forse l’unico, Paese economicamente avanzato che non sia dotato di una normativa organica relativa alle politiche assicurative contro i rischi naturali in generale e contro quello sismico in particolare. Nell’ultimo decennio sono stati predisposti una ventina di disegni di legge in merito, nessuno dei quali è stato portato a compimento. Mentre le scelte relative a possibili diverse forme di obbligatorietà o incentivazione all’assicurazione possono essere assai diverse, ogni norma organica dovrebbe comunque stabilire i premi assicurativi, fissare le modalità per l’integrazione tra intervento statale e copertura assicurativa, individuare eventuali casi per i quali l’intervento pubblico o quello assicurativo privato non sono applicabili, definire parametri di riferimento per la determinazione del valore dei beni danneggiati e modalità per l’accertamento e la liquidazione dei danni. Un sistema assicurativo privato per un parziale trasferimento del rischio sismico dallo Stato alle imprese assicuratrici potrebbe comportare una riduzione del peso finanziario a carico dello Stato in caso di evento, con la possibilità di destinare maggiori risorse per programmi di prevenzione ed incoraggiare l’adozione volontaria di misure per la riduzione della vulnerabilità, qualora il premio assicurativo fosse in qualche modo commisurato al livello di rischio. Va tuttavia rilevato che rischi assicurativi di tipo catastrofale, caratterizzati da bassa frequenza e danni potenzialmente ingenti, costringono le compagnie di assicurazione a forme di ri-assicurazione che coprano i danni eccedenti un valore di soglia prefissato. Al crescere della soglia, potrebbe diventare comunque indispensabile che lo Stato medesimo diventi in qualche modo l’ultimo ri-assicuratore, in caso di eventi particolarmente importanti. Al fine di evitare o limitare la potenziale necessità di un improvviso reperimento di somme ingenti, sono state ipotizzate, ed utilizzate in altri paesi, forme di trasferimento del rischio ai mercati finanziari che prevedono, ad esempio, l’emissione di “obbligazioni catastrofali” (cat bonds) per le quali, a fronte di un premio di rendimento più elevato, è prevista la perdita parziale o totale del capitale in caso di evento sismico che abbia provocato danni superiori ad una soglia prefissata. L’innovatività delle logiche da applicare ed il loro impatto economico, sociale e politico potrebbero suggerire di sperimentare eventuali norme a scala regionale anziché nazionale, possibilmente in una regione caratterizzata da pericolosità sismica relativamente elevata, da un tessuto sociale omogeneo e da un’elevata sensibilità della popolazione al rischio sismico.
Politiche bancarie
Dal punto di vista delle politiche bancarie, parrebbe possibile ipotizzare l’attivazione di crediti agevolati per interventi che comportino l’adeguamento delle strutture ad un determinato livello di vulnerabilità, in funzione della pericolosità del sito. All’atto dell’erogazione di un mutuo, le banche richiedono normalmente l’attivazione di una polizza assicurativa contro il rischio di incendio, intendendo in tal modo garantire la conservazione del bene ipotecato a garanzia del credito. Non è prevista, e forse oggi nemmeno proponibile, l’attivazione obbligatoria di una polizza analoga per il rischio di crollo a seguito di un terremoto. Se, peraltro, si proponesse di migliorare le condizioni per la concessione di un credito nel caso in cui l’intervento previsto garantisse il raggiungimento di un determinato livello di vulnerabilità, il minor gettito di interessi potrebbe, almeno in parte, essere compensato da un minore rischio di perdita delle garanzie, che avverrebbe in coincidenza con altre situazioni di difficoltà oggettiva del mutuatario e di potenziale estensione numerica dei casi coinvolti. Anche in questa ipotesi dovrebbero ovviamente essere stabilite delle regole comprendenti, ad esempio:
• il massimo importo finanziabile per unità immobiliare;
• i tassi di interesse, più bassi di quelli normalmente ottenibili;
• i livelli di sicurezza da raggiungere;
• i criteri ed i metodi da applicare per la valutazione della sicurezza;
• i modi in cui verificare la congruità delle proposte;
• i modi in cui verificare l’effettivo raggiungimento degli obiettivi di riduzione del rischio proposti.
Scenari di rischio sismico e perdite attese
Chiaramente, l’introduzione di politiche assicurative e bancarie di questo genere richiede la definizione, in modo relativamente affidabile, di svariati scenari di rischio sismico e perdite attese a scala urbana, regionale e nazionale, in modo da permettere la calibrazione dei premi assicurativi e mutui bancari in funzione del rischio reale in cui determinate regioni e tipologie strutturali si trovano. I metodi di loss assessment, impiegati a questo scopo, stimano la vulnerabilità sismica del costruito in una determinata area geografica per confrontarla successivamente con la pericolosità del sito e quindi stimare i danni attesi e le conseguenti perdite umane e danni economici. La valutazione a grande scala della vulnerabilità sismica dell’edificato ha subito un’evoluzione notevole negli ultimi anni e, nonostante ancora ampi margini di sviluppo, è oggi più matura e pronta che mai per applicazioni del tipo sopradescritto.
Il futuro
La vulnerabilità del costruito Italiano può oggi essere stimata utilizzando una combinazione delle più moderne versioni delle metodologie empiriche e analitiche proposte negli ultimi anni. Le prime permettono di tenere in considerazione i danni osservati in eventi precedenti nella previsione delle perdite attese in eventi futuri, mentre le seconde consentono lo svolgimento di studi parametrici necessari e fondamentali per la definizione di politiche assicurative e bancarie. L’attivazione di queste ultime avrebbe indubbi ed importanti effetti sociali, incrementando la propensione individuale all’attuazione diretta di politiche di mitigazione del rischio, e dovrebbe pertanto essere favorita ed incentivata dallo Stato e dalle Regioni. La forte correlazione tra la definizione di un sistema di norme organiche in relazione alle assicurazioni contro il rischio sismico e l’attivazione di politiche bancarie ed assicurative coerenti e virtuose è del tutto evidente. Il Paese ne ha bisogno.

Gian Michele Calvi
Presidente, Fondazione EUCENTRE – Centro Europeo per la Formazione e Ricerca in Ingegneria Sismica
Rui Pinho
Segretario Generale, Fondazione GEM – Global Earthquake Model

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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