Nel nome della dignità umana

La nostra Costituzione sancisce il diritto all’autodeterminazione nell’articolo 32, che definisce la salute come diritto fondamentale dell’individuo e stabilisce che i trattamenti obbligatori possano essere previsti solo dalla legge.

Per affrontare il tema dell’eutanasia è importante chiarire prima di tutto che cosa si intende con questo termine. Secondo la legge olandese, seguita poi da altri Paesi, come il Belgio, una persona può chiedere di interrompere la proprio vita se si trova in condizioni molto precise: fase terminale di malattia e forte sofferenza fisica, stato di completa e accertata lucidità mentale e per nulla sotto l’influenza di pressioni esterne. In Olanda, tutte le richieste di eutanasia devono essere vagliate da un’apposita Commissione che decide in base a rigorose procedure se accettare i dossier presentati dai malati.

L’eutanasia, come richiesta esplicita della persona, è dunque il diritto di morire, che, come tutti i diritti della persona, fa capo unicamente al soggetto e fa parte del corpus fondamentale dei diritti individuali: diritto a formarsi una famiglia, alle cure mediche, ad una giustizia uguale per tutti, all’istruzione, al lavoro, alla procreazione responsabile, alla scelta del proprio domicilio. È di questo diritto che occorre dibattere prima di addentrarsi nei quesiti legati direttamente alla “buona morte”. La mia attività professionale mi ha costretto a rimanere in contatto stretto con la malattia, la sofferenza, la morte. Ho elaborato da una parte una posizione di solidarietà umana e dall’altra il rispetto della volontà del malato e del cittadino. Su questo tema, da molti anni mi batto a favore della libertà di scelta del paziente nei riguardi delle terapie proposte, che ha dato luogo alla regola ormai affermata del cosiddetto consenso informato. In base a questa norma, ciascuno ha il diritto di rifiutare un trattamento proposto, anche se questo rifiuto può condurre alla perdita della vita.

Personalmente ho avuto numerosi casi di pazienti che hanno rifiutato un intervento chirurgico risolutore, condannando se stessi alla morte. Siamo quindi altrettanto rispettosi del rifiuto della trasfusione di sangue, anche in caso di gravissima emorragia, da parte di un gruppo religioso la cui fede ed il cui credo proibiscono appunto la trasfusione di sangue. Questo atteggiamento di rispetto della libertà vale anche per il rifiuto di idratazione e nutrizione. Infatti, un cittadino che decide di rifiutare cibo e acqua, come avviene nei casi del cosiddetto sciopero della fame, non può essere obbligato a nutrirsi. Questo atteggiamento di rispetto della volontà individuale è considerato legittimo e corretto dal codice di deontologia medica. Su queste basi, ho lanciato in Italia ormai cinque anni fa la campagna a favore del Testamento Biologico, cioè delle volontà anticipate, che non è altro che il completamento della regola del consenso informato.

Bisogna fare attenzione perché il Testamento Biologico è concettualmente vicino all’eutanasia, ma praticamente quasi all’opposto: l’eutanasia, l’abbiamo detto, è la richiesta lucida e motivata di persona, di porre fine ad una vita giudicata insopportabile per il dolore, il Testamento Biologico è la volontà circa le cure che si intendono o non si intendono ricevere, da applicare nel caso in cui non ci si potesse più esprimere di persona per sopravvenuta incapacità. Il Testamento Biologico stabilisce la possibilità di rifiutare ogni trattamento, sia terapeutico, sia di semplice sostegno, come la nutrizione e idratazione artificiale; questo è quanto io ho introdotto nella mia proposta di legge, presentata in Senato nel luglio 2008. Escludere questa possibilità significa impedire al cittadino di esprimere la volontà di essere mantenuto nella condizione di vita vegetativa irreversibile, il che tradisce i principi di consenso e dissenso informato ed è anticostituzionale.

La nostra Costituzione sancisce infatti il diritto all’autodeterminazione nell’articolo 32, che definisce la salute come diritto fondamentale dell’individuo e stabilisce che i trattamenti obbligatori possano essere previsti solo dalla legge. E va oltre, precisando che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Dunque nessuna volontà esterna, neppure quella del Parlamento, può essere imposta alla persona, in nome della sua stessa dignità. Le indicazioni costituzionali sembrano dunque cristalline, eppure la loro traduzione in leggi e comportamenti si è arenata nel nostro Paese nella contrapposizione fra la posizione cattolica, e la posizione laica circa la stessa vita umana. Si tratta di visioni di per sé inconciliabili, perché la religione crede nella sacralità della vita (Dio dona la vita e solo lui può toglierla), mentre i laici credono nella responsabilità della vita (la vita appartiene alla persona che ha la facoltà esclusiva di decidere per sé).

Se non lasciamo da parte questa irrisolvibile diversità ideologica, non perverremo mai ad un’applicazione universale della Costituzione Italiana, che valga cioè per chi crede nel cristianesimo, per chi crede in altre fedi e per chi non crede. Questo nodo cruciale, in cui si sono impigliate tutte le tematiche di fine vita nel nostro Paese, ci riporta al discorso iniziale sull’eutanasia. Io voglio farlo citando Indro Montanelli, forse il primo grande sostenitore del diritto all’eutanasia, che scrisse in uno dei suoi ultimi articoli sul Corriere della Sera “io non mi sono mai sognato di contestare alla Chiesa il suo diritto a restare fedele a se stessa. Ch’essa sia contro l’eutanasia è più che naturale e non vedo come potrebbe essere altrimenti. Ma ch’essa pretenda d’imporre questo comandamento anche a me, che non ho la fortuna di essere un credente e di travasarlo nella legge civile non mi sembra giusto. A me sembra che l’insegnamento della Chiesa debba valere per chi crede nella Chiesa, cioè per i fedeli. Ma non per i cittadini fra i quali ci sono – e in larga maggioranza – i miscredenti, gli agnostici, i seguaci di altre religioni. Finché la Chiesa opera e si appella alla Legge Divina, è libera di fare ciò che vuole. Ma quando cerca d’influenzare la Legge Civile, commette un abuso perché toglie al cittadino una scelta che gli appartiene”.

Umberto Veronesi
Senatore, già ministro della Sanità, ha fondato la Scuola Europea di Oncologia.
È stato direttore scientifico dell’IEO – Istituto Oncologico Europeo

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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