Il Welfare State

Tutta l’Europa ha conosciuto una straordinaria fase di benessere proprio nei primi trent’anni successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Gli stessi anni che corrispondono alla realizzazione delle politiche neokeynesiane. Ed anche oggi solo quelle democrazie che hanno saputo realizzare e riqualificare il proprio Welfare State hanno realizzato i più alti tassi di crescita economica, rendendoli più protetti di fronte all’attuale crisi.

Negli ultimi tempi si sono moltiplicati saggi e pubblicazioni che analizzano le cause della crisi economica che sta colpendo l’intero mondo industriale e sulle ricette di come superare questo difficile momento. Argomenti non facili da trattare e che presuppongono una grande preparazione di base sui temi economici e non solo. L’ultimo saggio di Laura Pennacchi, La moralità del welfare. Contro il neoliberismo populista, (Donzelli, 2008), è uno dei migliori apparso in questi mesi in libreria. L’obiettivo del saggio è chiaro sin dalle prime pagine: dimostrare, con dati concreti e la citazione di autorevoli fonti, che il Welfare State, al contrario di quello che hanno fatto credere le teorie neoliberiste degli ultimi anni, è una delle più grandi conquiste delle democrazie avanzate. In estrema sintesi: non esiste una democrazia pienamente compiuta se non ha alla base un WS efficiente. Un’affermazione di principio sicuramente non comoda, soprattutto oggi, dove la grave recessione economica costringe sia la sinistra riformista, sia la destra liberale, a vivere una serie di contraddizioni non facili da sanare, combattendo tra il desiderio di difendere lo stato sociale e magari ampliarlo e migliorarlo, e quello di eliminare tutte le pesantezze di un sistema considerato obsoleto e non più in grado di rispondere adeguatamente alla necessità di crescita e di sviluppo economico del mondo occidentale. Nelle pagine del libro queste tematiche vengono ampiamente trattate.

Sia analizzando il sistema economico americano, con tutte le implicazioni del trinomio: “meno regole, meno stato, meno tasse”, sia per quanto riguarda la situazione italiana. Ma per l’autrice solo un welfare efficiente può realizzare quella promessa di uguaglianza e di libertà sostanziale, cui tutte le Costituzioni del Dopoguerra richiamano la collettività e gli Stati. Non si tratta solo di un’enunciazione di principio. Nelle pagine de La moralità del welfare viene dimostrato, dati alla mano, come la realizzazione di un’efficiente WS non è stato incompatibile e non è stato un ostacolo alla crescita e allo sviluppo economico occidentale. Anzi, tutta l’Europa ha conosciuto una straordinaria fase di benessere proprio nei primi trent’anni successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale, non a caso considerati “trenta anni gloriosi”. Gli stessi anni che corrispondono alla realizzazione delle politiche neokeynesiane. Ed anche oggi, dopo quella fase di crescita, dopo i due shock petroliferi del 1974 e del 1979, e dopo che tutto l’Occidente ha vissuto gli ultimi venti anni sotto l’affermazione di un’ondata neo-liberistica, solo quelle democrazie che hanno saputo realizzare e riqualificare il proprio WS hanno anche realizzato i più alti tassi di crescita economica, rendendoli più protetti di fronte all’attuale crisi. Del resto, gli ultimi fatti e le scelte della neo-amministrazione di Barack Obama danno ampiamente ragione alle scelte di questi Paesi. Motivo in più per permettere alla Pennacchi di rimproverare alla sinistra europea una qualche condiscendenza di troppo, ed anche una certa subalternità o timidezza al dogma dell’autoregolamentazione dei mercati, e di evidenziare come tutta la storia del centrosinistra europeo, delle socialdemocrazie ed anche di tutte le istanze del cattolicesimo democratico, si identificano con la storia, le idealizzazioni e le realizzazioni del WS. Da qui la richiesta di una nuova Bretton Woods, perché la crisi attuale è di tali proporzioni quantitative e di tale natura qualitativa da richiedere misure di emergenza.

Di fatto, un’inversione del ciclo neoliberista e l’adozione di pratiche e politiche di sostegno al ceto medio, quello maggiormente colpito dalla recessione economica. Per riuscirci è necessario distinguere tra le varie forme di intervento pubblico. Non tutte le misure adottabili, infatti, sono indifferenti o utili a raggiungere lo scopo e, soprattutto, non bisogna cedere al semplicismo e al populismo che produrrebbe degli effetti solo nell’immediato. L’Italia è cambiata ed è necessaria una nuova elaborazione culturale che vada alle fondamenta delle trasformazioni anche antropologiche che ci sono state nella società e nell’economia italiana, così come è necessario rielaborare una nuova idea di Europa e di un New Deal europeo. Un grande progetto di sviluppo di unificazione politica, economica e sociale dell’Europa da contrapporre a una ripresa del nazionalismo e del neocolbertismo, che in piena globalizzazione, oltre che fallimentare, sarebbe del tutto anacronistico. Nelle conclusioni, l’autrice, riprendendo alcune affermazioni di Amartya Sen, auspica la nascita di un nuovo umanesimo radicale. Di fronte ad una americanizzazione che ha portato ad un consumismo esasperato, alla riduzione di tutto a merce, alla sostituzione di ogni legge e norma collettiva con contratti privatistici, per Laura Pennacchi è necessario, oggi più che mai, recuperare quella tradizione umanistica, risalente all’Illuminismo europeo.

 

Bianca La Rocca
Responsabile dell’ufficio stampa di Sos Impresa Confesercenti

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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