La Finlandia dei laghi e della ricerca

Ci troviamo tra i paesi avanzati, con la più bassa percentuale di ricercatori e maggiore numero di giovani talenti. Non è insomma un caso se la nostra economia è quasi ferma.

Fino a 15 anni fa, alla parola “Finlandia”, avremmo pensato al freddo e ai famosi 170.000 laghi di quel paese all’estrema periferia dell’Europa. Oggi, pensiamo ai telefonini. Da allora, infatti, la Finlandia è diventata un esempio per il resto del continente. Perché?Facciamo un passo indietro. E’ il marzo del 2000: a Lisbona, i capi di stato dell’Unione Europea prendono un solenne impegno.

Entro il 2010, l’Europa dovrà diventare “l’economia basata sulla conoscenza più dinamica e competitiva del mondo”, portando la spesa per la ricerca dall’1,9 al 3% della ricchezza prodotta ogni anno e formando mezzo milione di nuovi ricercatori. Il confronto è con Stati Uniti, Giappone e paesi emergenti dell’Asia, la cui concorrenza sta riducendo la nostra fetta di ricchezza mondiale. A tutt’oggi, quell’impegno è rimasto sulla carta, soprattutto in Italia. Per la ricerca spendiamo l’1% della ricchezza che produciamo.

Ci troviamo così, tra i paesi avanzati, con la più bassa percentuale di ricercatori nel mondo del lavoro, il maggiore numero di giovani talenti costretti a lasciare il paese e un sistema produttivo specializzato nei settori a bassa tecnologia, quelli che creano meno ricchezza e sono più esposti alla concorrenza dei paesi in cui il lavoro viene pagato meno. Non è insomma un caso se la nostra economia è ferma e ci troviamo a dover tanto discutere su come dividere una torta, quella dei soldi a disposizione per ospedali, scuole e pensioni, sempre più piccola. In una situazione del genere si trovava, all’inizio degli anni Novanta, anche la Finlandia. Fu allora che il paese dei 170.000 laghi si domandò: perché non ingrandire la torta? Il colpo d’ala finlandese fu l’idea di puntare con decisione sull’alta tecnologia, concentrandosi su informatica e telecomunicazioni, ma anche biotecnologie e rinnovamento tecnologico delle attività tradizionali, come la cantieristica. Mentre da noi restava ferma, in Finlandia la spesa pubblica per la ricerca aumentava del 13,5% all’anno. Alle 20 università si sono aggiunti 31 nuovi politecnici privati. Oggi c’è un ateneo ogni 100.000 abitanti, contro uno ogni 800.000 e nessun politecnico privato in Italia. Solo nelle Università, il numero dei ricercatori è triplicato. Si è poi stabilita un’intensa collaborazione con le imprese, che sono arrivate a finanziare il 70% della ricerca (quasi il doppio rispetto all’Italia), portando così la spesa complessiva al 3,5% della ricchezza prodotta ogni anno: il secondo posto nel mondo. “I finlandesi hanno sempre avuto un atteggiamento positivo nei confronti della scienza”, spiega Jari Romanainen, il direttore dell’agenzia finlandese per la tecnologia. “Quando, agli inizi degli anni Novanta, abbiamo dovuto trovare una strategia per sopravvivere nell’economia globalizzata, tutto il paese si è trovato d’accordo sulla scelta dell’innovazione tecnologica, scelta che consideriamo al di sopra delle posizioni politiche. Ma tutto questo è stato possibile perché fin dagli anni Sessanta abbiamo investito moltissimo nell’istruzione”. Il Finlandia, ad esempio, le biblioteche pubbliche sono comuni come da noi lo sono gli uffici postali. Ce ne sono mille di cinque milioni di abitanti, la popolazione del Lazio. La Finlandia è il paese del mondo in cui si legge di più: tra i 10 e i 64 anni, le donne dedicano in media 45 minuti al giorno alla lettura, gli uomini 29. E dalla lettura nascono l’abitudine e il piacere di imparare. Ma non è detto che si debba imparare sui libri. Heureka, il museo della scienza di Helsinki, viene visitato ogni anno dal 15% della popolazione finlandese. Qui i bambini restano anche per campi scuola di una settimana, durante la quale hanno la possibilità di divertirsi giocando con exhibit interattivi e cimentandosi in esperimenti in laboratorio: non stupisce che dalle indagini internazionali i giovani finlandesi risultino sempre fra i più preparati. Da grandi, possono contribuire con il loro talento e le loro conoscenze al successo del loro paese.

E’ grazie alle persone che ci lavorano che un fabbricante di carta, cavi e stivali di gomma come la Nokia si è potuto trasformare nel maggior produttore di cellulari al mondo. Nei suoi stabilimenti se ne producono 45 milioni all’anno: un terzo del mercato mondiale e un quinto delle esportazioni della Finlandia. Negli ultimi dieci anni, non si è badato a spese neppure per la ricerca, dalla quale possono nascere le industrie di domani. All’Istituto di Biotecnologia dell’Università di Helsinki, dedicato alla ricerca biomedica fondamentale, c’è un macchinario in grado di “fotografare” le più complesse reazioni chimiche, che è costato un milione e mezzo di euro. Tanti soldi, naturalmente, vengono assegnati ai ricercatori più bravi, non ai più raccomandati, da commissioni internazionali indipendenti. Oggi la Finlandia ha la più alta percentuale di ricercatori nella forza lavoro e la più alta percentuale di ricchezza proveniente dall’alta tecnologia del mondo. Negli ultimi quindici anni ha avuto la seconda maggiore crescita economica d’Europa e da qualche anno le sue imprese hanno superato per competitività e produttività persino quelle americane. Il tutto conservando uno stato sociale forte e senza perdere in qualità della vita e tempo libero. Tanta prosperità ha anzi prodotto una nuova fioritura nel design, nell’architettura, nella musica e nel cinema. E se provassimo anche noi italiani a ingrandire la torta della ricchezza nazionale usando la stessa ricetta?

Giovanni Carrada
Giornalista, autore della trasmissione televisiva di divulgazione scientifica SuperQuark (RAI1), condotta da Piero Angela. E’ il consulente scientifico dell’edizione italiana del mensile National Geographic. 

 

 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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