Magistrati con le mani legate

Gli interventi dell’autorità giudiziaria minorile a tutela dei minori riguardano quasi esclusivamente l’esercizio della potestà genitoriale. Non ci sono competenze del Tribunale dei Minorenni in caso di scomparsa di minori. Inoltre quando un bambino è vittima di reato, se viene successivamente adottato legalmente, le autorità giudiziarie non possono più prenderlo in considerazione

Il nostro ordinamento non prevede per il Tribunale per i Minorenni competenze specifiche in caso di scomparsa di minori. Gli interventi dell’autorità giudiziaria minorile a tutela dei minori, infatti, riguardano quasi esclusivamente l’esercizio della potestà genitoriale ed hanno come destinatari, appunto, i genitori o gli affidatari di un minore. In caso di scomparsa di un bambino o di un adolescente solo nel caso in cui si ipotizzi che la scomparsa sia da ascrivere alla condotta di un genitore o dell’affidatario il Tribunale per i Minorenni potrà intervenire con un provvedimento di sospensione dalla potestà o di decadenza da essa o di revoca dell’affidamento. Ma la rilevanza pratica di un simile provvedimento evidentemente è ben poca cosa rispetto alla esigenza di rintracciare il minore scomparso.

Le ricerche dello scomparso vanno invece condotte nell’ambito delle indagini penali che restano di competenza delle autorità giudiziarie ordinarie e della polizia giudiziaria. Unica utilità che può ravvisarsi in un provvedimento limitativo della potestà o di revoca dell’affidamento del bambino rapito o sottratto è che la gestione per così dire burocratica o istituzionale del bambino – alludo a iscrizioni scolastiche, ricoveri, rilascio di passaporto o documento di identità ecc.ecc. – diventa praticamente impossibile e potrebbe, in qualche caso, rivelarsi utile alle indagini penali ed alle ricerche del minore. Potrei chiudere qui il mio intervento. Ma mi vengono in mente altre situazioni giudiziarie ed altri bambini scomparsi. Parlo dei bambini adottati. In un certo senso, infatti, l’adozione fa sparire, attraverso uno specifico percorso giudiziario, bambini maltrattati dal contesto familiare di origine ma anche da luoghi e percorsi giudiziari nei quali la loro personalità sopravvive proprio in quanto vittime di maltrattamenti o abusi.

Spesso capita che nel corso del dibattimento, vengano richieste al giudice minorile dal tribunale che cura il processo penale notizie per rintracciare minori che hanno subito abusi sessuali, per convocarli come parti lese e per raccogliere le loro testimonianze. Spesso si tratta di abusi e maltrattamenti denunciati molti anni prima ma, nel frattempo, quei minori sono stati dichiarati adottabili sulla base delle indagini che avevano acclarato condizioni di vita assolutamente inadeguate ed indipendentemente dagli abusi e dai maltrattamenti; minori che, dopo l’anno di affidamento preadottivo, sono stati adottati con adozione legittimante, essendo maturate le condizioni processuali sia per rispondere ai bisogni affettivi ed educativi di quei minori. Ebbene questo provvedimento preclude tassativamente ogni possibilità al tribunale penale di chiamare questi minori a testimoniare poiché l’art. 73 L. 184/83 fa divieto assoluto a chiunque di rivelare notizie atte a permettere di rintracciare minori adottati ed anzi prevede che tale condotta integri addirittura un reato.

In ogni caso la testimonianza non potrebbe essere raccolta ritualmente ed utilmente poiché ormai quei minori non hanno più le generalità indicate nella denuncia e riportate nei capi di imputazione. Per cui, anche volendo prescindere dal divieto previsto dall’art. 73 L.184/83 – ma nessuna deroga è prevista neppure per le autorità giudiziarie -, nessun giudice potrebbe raccogliere la testimonianza di quei minori che non possono più identificarsi con le originarie identità; nessun PM potrà includerli nella lista testi con le loro attuali generalità; nessun difensore potrebbe permettere che un teste indicato con talune generalità possa poi essere ascoltato presentandosi davanti nel corso del dibattimento penale con altre generalità. Pensiamo, tanto per chiarire quello che intendo dire, ad es. a quanto accade per i collaboratori di giustizia sottoposti ad un progetto di protezione con cambiamento delle generalità. Per essi e solo per essi la norma contenuta nell’ art. 6 comma 6 L. 110/93 stabilisce che i procedimenti penali a carico della persona protetta, per fatti commessi anteriormente alla data del decreto di mutamento delle generalità, sono condotti sotto le precedenti generalità sino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio.

Poiché non esiste una analoga disposizione per i minori adottati deve concludersi che, quando viene sostituito il cognome del minore con quello dell’adottante, il minore non può più adoperare il cognome di origine, neppure nell’ambito del processo penale che lo vede come parte offesa. Questi aspetti processuali fanno eco ad esigenze psicologiche e pedagogiche del bambino adottato che sembrano essere poco comprese da chi conduce un processo penale. Si dimentica che il bambino maltrattato o vittima di abusi sessuali deve poter immaginare una nuova vita in una nuova famiglia; che è finito il tempo in cui deve raccontare quei maltrattamenti. Deve, cioè, sparire legittimamente da quel mondo di adulti dove devono paradossalmente continuare a vivere solo come parti offese di un delitto.

Maria Teresa Rotondaro
Magistrato di Cassazione presso il Tribunale dei minorenni di Napoli

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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