Le regole di un meraviglioso incontro

Bisogna tener sempre ben presente che è il bambino ad avere il diritto d’essere adottato. Se si perde questo punto di riferimento ci si dimentica che il principio è dare una famiglia ad un bimbo che non ce l’ha e non il contrario. Cambiando angolatura e privilegiando l’interesse, il rischio è che l’adozione divenga uno strumento per compensare la carenza generativa della coppia e diventi strumentale all’adulto e non più alle necessità affettive del minore

 Recenti fatti di cronaca, eclatanti e ben noti hanno riproposto all’attenzione della pubblica opinione il tema delle adozioni. Prima il “rapimento” della bimba bielorussa, poi Madonna che adotta un bimbo promettendo cospicui aiuti al governo di un paese poverissimo, e nel mezzo le tante famiglie che ogni anno affrontano il calvario di una lunga e faticosa attesa per coronare il sogno della propria genitorialità. Si è sentito echeggiare anche nella recente campagna elettorale lo slogan adozioni più facili; spesso mi viene posta la domanda: perché è così difficile adottare in Italia, in fondo la famiglia è meglio degli orfanotrofi. Sono tante le facce del medesimo tema e non credo sia possibile affrontarle tutte con profondità in questo intervento. Vorrei cercare di riflettere proponendo alcuni irrinunciabili principi che dovrebbero orientare tanto le famiglie quanto il legislatore in una materia così delicata.

La prima questione è se esista un diritto ad adottare. Io sono convinto di no. E ciò per il fatto che non dovrebbe esistere neppure il diritto di fare figli. Purtroppo il recente dibattito, che si è sviluppato in Italia sul tema della fecondazione medicalmente  assistita, ha prodotto una deviazione da questa linea maestra e per la prima volta si è parlato del diritto a generare. Credo che la questione del generare sia invece un legittimo interesse che deve  essere tutelato nella sua libertà di porsi e responsabilità di attuarsi, avendo ben presente che dalla generazione nascono obblighi verso il generato, prima che diritti. E’, invece,  il bambino che può avere il diritto ad essere adottato; in tal senso l’adozione legittimante nel nostro paese mira a realizzare l’inserimento pieno dell’adottato nella famiglia che lo adotta: si vuole dare una famiglia ad un bambino che non ce l’ha e non il contrario. Purtroppo se si perde questo punto di riferimento l’adozione diviene uno strumento per compensare la carenza generativa della coppia, e rischia di essere puramente strumentale all’adulto. Siamo in un tempo in cui sempre di più pare riprendere quota una cultura della proprietà dei figli da parte dei genitori e in tale contesto anche l’istituto dell’adozione diviene diritto dell’adulto. Se l’adozione cessa di essere innanzitutto un diritto del bambino, perde di significato la stessa indagine che si fa sulla coppia prima di procedere alla dichiarazione di idoneità. Anche se è vero che essa è vissuta spesso assai male dalle famiglie, viene considerata un calvario necessario proprio perché in maggioranza chi adotta sa di porsi a servizio di un bambino e non di cercare un bambino che gli colmi un vuoto. Non vi è in tal senso differenza tra adozione nazionale o internazionale anche se in quest’ultima è ancora più evidente e rischioso il tema della potenziale idoneità dei genitori.

Il fatto che vi sia una componente di evidente carattere solidaristico nella idea stessa dell’adozione rende ancora più invischiante il problema del dare una valutazione alla famiglia che intende adottare: in fondo essa dimostra di voler bene con il solo porsi nella disponibilità di accogliere il figlio e dunque deve essere premiata. Come si fa a dire che forse essi sono inadeguati? O che sono incapaci di realizzare una accoglienza vera di questa persona? Lo scrupolo che alle volte pare eccessivo dei servizi nella valutazione della famiglia adottante, ha in realtà un solo obiettivo: conoscere bene le qualità della famiglia le sua strutture di fondo per potere realizzare un abbinamento capace di dare al bambino i genitori che possano davvero rispondere ai suoi bisogni, evitando un fallimento. Una adozione andata male è una sofferenza enorme per i bambini che cresciuti, si impattano con il mondo della loro diversità, con l’abbandono e la sensazione di essere definitivamente sbagliati per vivere in questo mondo.

A partire dal bambino invece si deve poter dire che c’è bisogno di adozioni più sicure. Ossia per le quali non sia in alcun modo possibile neppure lontanamente pensare ad uno scambio di interessi. Purtroppo come i recenti fatti ci lasciano supporre in molti paesi nei modi più vari si è sviluppata una prassi che lega il fenomeno dell’adozione internazionale a interessi economici, siano essi diretti delle famiglie, o più velatamente , ma non meno iniquamente dei governi stessi, che in forma magari di aiuti e cooperazione di fatto legano i permessi all’adozione al flusso di aiuti proveniente da quel paese. Una rigorosa applicazione della normativa internazionale e nazionale in materia deve perciò consentire che tali diretti o velati scambi siano messi al bando e l’adozione possa invece svilupparsi come un percorso sincero di accoglienza. L’adozione infatti resta una meravigliosa storia di incontro e di amore, di servizio alla vita.

Francesco Milanese
Tutore pubblico dei minorenni per la regione Friuli Venezia Giulia

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