Il legame tra sviluppo ed immigrazione

In un mondo globalizzato le società chiuse sono un anacronismo. I numeri ci dicono che non si tratta più di pensare le nostre comunità come fortezze da espugnare ma come luoghi nei quali realizzare il confronto e l’integrazione.

l’iniziativa dell’Onu di  approfondire nel 2006 il dialogo ad alto livello sulla migrazione e lo sviluppo è indice della rilevanza globale che il fenomeno ha assunto e della necessità, quindi, di una risposta dell’intera comunità internazionale.

  il rapporto del segretario generale dell’Onu ci ha consegnato un dato di grande significato: nel 2005, il numero delle persone che hanno lasciato la loro terra di origine è arrivato a 191 milioni. E’ evidente che questa realtà sta già producendo i suoi effetti sugli equilibri sociali ed economici sia dei paesi di provenienza che su quelli di  destinazione.

E si tratta di una nuova dimensione che è epocale. Dalla seconda metà del XX secolo c’e’ stata una accelerazione dei processi migratori che ci pone, oggi, a confronto con una inedita responsabilità di governo.

La scelta di ricondurre quanto accade al rapporto tra migrazione e sviluppo ci orienta, sicuramente, ad impostare le politiche di oggi e di domani verso le opportunità positive che questo cambiamento può produrre, rispondendo, così, anche alle inquietudini che lo accompagnano.

In un mondo globalizzato le società chiuse sono un anacronismo. I numeri del fenomeno migratorio ci dicono che non si tratta più di pensare le nostre comunità come fortezze da espugnare ma come luoghi nei quali realizzare il confronto e l’integrazione, ideare nuovi modelli di convivenza e di coesione sociale, considerando anche l’immigrazione dentro un progetto  di crescita civile ed  economica.

La sfida non sta tanto nel limitarsi a gestire il disordine ma nella costruzione di un nuovo ordine sociale, soprattutto riconoscendo dignità, diritti insieme ai doveri, a chi già vive e lavora in un territorio.

l’Italia, così come la Spagna e l’Irlanda, ha vissuto per molto tempo l’esodo dei suoi cittadini  per poi diventare a sua volta un paese di destinazione. Il ricordo di cittadini che partivano con le loro valigie di cartone  ritorna, oggi, nell’immagine di tanti immigrati che giungono da noi  per migliorare le condizioni delle loro famiglie. Anche oggi, per loro è in gioco un futuro diverso. Si tratta di decidere quanto questo futuro può essere aiutato con strategie consapevoli, con modelli economici inclusivi.

E’ inutile nascondersi le difficoltà che tale impostazione comporta, ma la complessità non deve essere un alibi per non tentare un approccio organico e coordinato come quello che propongono le Nazioni Unite.

nella stessa direzione si sta muovendo l’Unione Europea, che lo scorso dicembre ha promosso una strategia globale in materia migratoria rivolta in particolare all’Africa e al Mediterraneo, riconoscendo che il fenomeno va affrontato coniugando la lotta all’immigrazione clandestina con il dialogo e la cooperazione strutturata con i paesi di origine e di transito dei flussi.

Tale impostazione mira a migliorare la situazione innazitutto nei paesi di origine e di transito, potenziandone le politiche di sviluppo economico,  per  attenuare, di riflesso, la necessità di emigrare che viene abilmente sfruttata con profitti immensi dalle organizzazioni criminali.

Le politiche di controllo dell’immigrazione illegale, messe in atto nel rispetto della dignità e dei diritti  umani, devono coinvolgere i paesi di destinazione, così come quelli di provenienza e di transito, con un approccio coordinato che sappia guardare alle cause di fondo dell’emigrazione e che, nel  quadro delle politiche di rimpatrio, si preoccupi anche del reinserimento del migrante nel paese di origine.

In questo contesto la lotta alle organizzazioni criminali che lucrano sul bisogno degli immigrati e delle loro famiglie e’ una priorità di questo governo, come anche l’ individuazione di nuovi canali legali di ingresso modulati e ampliati, la previsione di modalità di incontro tra domanda ed offerta che sollecitino un protagonismo attivo di chi cerca lavoro, ne riconoscano e ne incoraggino la formazione e le competenze.

l’Italia si confronta da anni con i flussi migratori provenienti dall’africa, continente dalle forti potenzialità, che vanno quindi sostenute sul piano dello sviluppo. Da tempo si parla di incidere sulle cause strutturali dell’emigrazione, di sradicare la povertà, di combattere le malattie che colpiscono con effetti devastanti il continente africano, ma e’ ora forse giunto il momento per un approccio coordinato ed efficace.

La migrazione dall’Africa, tra le più povere e disperate, non investe solo i paesi che come l’Italia ne sono primi destinatari, ma è un problema che grava sulla coscienza dell’intera comunità internazionale e che deve essere affrontato in modo globale.

incidere sullo sviluppo di  aree depresse permette anche di attenuare quelle tensioni di cui si nutrono le ideologie radicali per creare instabilità e alimentare lo scontro.

Alla collaborazione internazionale va affiancata una equilibrata e consapevole strategia a livello nazionale, mirata  a garantire la coesione sociale di una comunità ricca di nuove e diverse identità.

Il parlamento ha iniziato ad esaminare, in questi giorni, il ddl del Governo sulla cittadinanza. All’idea tradizionale della discendenza, del legame di sangue, quel testo affianca una concezione più dinamica, più inclusiva, che intende cogliere l’effettivo inserimento della persona nel tessuto economico, sociale, politico del paese.

In un tempo in cui l’immigrazione sta modificando questo tessuto, quel testo considera la domanda di appartenenza alla comunità che proviene da molti immigrati che nascono, crescono, vogliono rimanere regolarmente in Italia. Ma perché ciò accada occorre che il riconoscimento formale della cittadinanza coincida con una sostanziale condivisione delle regole e dei principi che consentono di stare insieme.

Gioverebbe di più se la politica si fermasse a ragionare sui contenuti della “verifica della reale integrazione linguistica e sociale”, del giuramento che il testo richiede anziché annunciare e promettere ostruzionismo in parlamento. La legge sulla cittadinanza deve riguardare tutti, al di là dei colori perché ciò di cui discutiamo oggi è il futuro delle nostre generazioni. Per questo gioverebbe che l’argomento animasse un dibattito nella società al quale la comunità di immigrati decidessero di non rimanere estranee.

Il fenomeno migratorio, sul piano interno ed internazionale, non potrà più essere affrontato con due diverse  impostazioni, distinguendo le politiche delle società di destinazione da quelle  dei paesi di provenienza. Il primo passo da compiere, per mettere in risalto le opportunità positive che l’ immigrazione ha in sé per i paesi di destinazione, è proprio quello di proporre un esame globale, responsabile e lungimirante del legame tra sviluppo e migrazione.

 

 

Marcella Lucidi
Sottosegretario all’interno con delega all’immigrazione

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