Severo con chi tradisce, solidale con chi merita

Accogliere inteso come includere, come far partecipe dei processi di profonda modernizzazione che il nostro paese deve realizzare: accogliere le nuove istanze morali e sociali del volontariato e del terzo settore, fonte di rinnovamento e di etica politica. Come scritto nel documento “Ripensare al centrodestra nella prospettiva europea” le comunità straniere in Italia devono essere messe in condizione di integrarsi se accettano i nostri valori e noi dobbiamo essere pronti al riconoscimento a certe condizioni del loro diritto di voto amministrativo e ad una riflessione sul riconoscimento della cittadinanza ai figli degli immigrati.

 Deve prendere forma una nuova fase della destra che dovrà essere sempre più percepita come capace di accoglienza, inclusiva e non esclusiva, aperta e mai arrogante. Accoglienza come capacità di recepire nuovi contributi e nuove istanze per fare dell’inclusione in un progetto modenizzatore e responsabile la propria cifra politica. Ma anche”accoglienza” come elemento caratterizzante delle iniziative politiche: accoglienza, nella sfera dei diritti-doveri, delle opportunità che nuovi flussi migratori rappresentano ove siano governati e non subiti; accoglienza, nel mercato del lavoro, di sempre nuove fasce di occupati sapendo puntare su forma di flessibilità non precaria; accoglienza, nella logica delle massime opportunità nei servizi, in un Europa finalmente (e veramente) liberalizzata; accoglienza in un’Unione europea che sappia optare decisamente per “campioni continentali” nei settori high tech e dell’energia che siano da traino alla realizzazione degli obiettivi di Lisbona ed alla progressiva riduzione del divario tecnologico transatlantico; accoglienza di nuovi paesi in un’Europa che si amplia geograficamente e politicamente a cominciare dai vicini prossimi dove massima è la proiezione italiana (Europa sud-orientale e balcanica)…

Oggi l’Europa è impaurita, ripiegata su se stessa, disorientata e frammentata, percorsa da fremiti protezionisti, perché in essa è prevalsa una visione burocratica, per sua natura egoista, fatta solo di regole e divieti, incapace di affermare finanche la radice della propria identità.

La competizione tra i continenti ha aperto la faglia del mediterraneo: le due grandi religioni monoteiste, cristiana e islamica, rischiano di confliggere nell’epoca della globalizzazione, dopo aver sconfitto insieme il sistema comunista che negava le religioni e divideva l’Europa. L’Unione Sovietica, non a caso, è crollata in Polonia e in Afghanistan, nel crinale cattolico e in quello islamico.

L’Italia si è sempre affidata all’Europa, ma oggi l’Europa stessa è smarrita. Ha perso la sua spinta propulsiva, perché si è allargata prima di riformarsi. L’Europa della nostra generazione, portatrice di sviluppo e di civiltà, si sente inquieta, arranca nella crescita, è divenuta essa stessa elemento di crisi. Oggi l’Italia non può più affidarsi solo all’Europa, deve contribuire a ri-fare l’Europa. Gli altri grandi protagonisti hanno preso atto della crisi del progetto comune e stanno procedendo ciascuno con un proprio progetto. Nel vuoto di una visione comune, ciascuna nazione (e all’interno della nazione ciascuna destra), ha individuato una propria via per fuoriuscire dalla crisi.

 La destra inglese si interroga sui diritti civili colmando il gap che le impediva di parlare al centro e ai giovani. Ed oggi riprende la via del successo, raccogliendo il testimone di Blair che a sua volta, da sinistra fece altrettanto con la Thacher. La destra francese dà una sua risposta al grande tema dell’integrazione e della identità che oltralpe ha già prodotto lacerazioni inquietanti. La Cdu-Csu tedesca affronta la sfida della globalizzazione con la logica dei “campioni europei”, cercando di superare la nuova frontiera dell’Est. La destra spagnola recupera l’identità e le radici della propria nazione senza negare quella dell’Occidente; ha perso le elezioni ma non abbandona la strada della modernizzazione, difende i valori e prepara il futuro. La destra polacca fa altrettanto ma senza ancora capire il senso proprio dell’Europa, stretta com’è tra gli antichi timori dell’accerchiamento ed i nuovi dell’inglobamento.

Per dare un ruolo propulsivo all’Italia, paese fondatore dell’UE, AN intende affrontare le grandi tematiche europee in un’ottica che tenga conto della specificità italiana. Affrontare il tema dei diritti civili da noi significa in primo luogo ampliare la finestra delle opportunità per la donna e per i giovani, scardinando anacronistici privilegi. Il welfare state è in declino; per costruire la welfare comunity occorre valorizzare la cultura della sussidiarietà ampliando un welfare opportunity che consenta un passo diverso all’ingresso della donna e dei giovani nelle istituzioni e ovviamente nei partiti, nel mondo del lavoro e della produzione.

Affrontare le tematiche dell’immigrazione, dopo il fallimento del multiculturalismo, significa conciliare identità e integrazione nella consapevolezza che il melting pot appartiene ad un’altra cultura e a un altro continente. Le comunità straniere in Italia che accettano i valori della nostra società devono essere messe in condizione di integrarsi nel solco della legge Bossi Fini che restaura l’autorevolezza dello stato con il controllo dei flussi di immigrazione, severo con chi tradisce, solidale con chi merita. Quanto ai diritti degli immigrati, AN sosterrà con convinzione la proposta, già avanzata nella precedente legislatura, per il riconoscimento a certe condizioni del diritto di voto amministrativo e si dichiara pronta ad una riflessione sul riconoscimento della cittadinanza ai figli degli immigrati nel rapporto tra ius sanguinis e ius loci.

 

Gianfranco Fini
Già vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Esteri

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