Un Paese privo di anticorpi etici

I mezzi, dice Machiavelli, possono pure giustificarsi, ma solo a patto che il fien sia taleda farli passarli in second’ordine. E’ la nobilità del fine che rende apprezzabili i mezzi, ma se il fine è vincere un campionato, chi ha corrotto lo sport, la borsa, il giornalismo e le tifoserie, merita la galera

Il rischio non è che Mani Pulite sia passata invano, ma che abbia fatto scuola, come Piedi Puliti dimostra. Ha fatto scuola nel male, e sarebbe stato difficile il contrario. Mani Pulite sosteneva di volere colpire il malaffare, in realtà uccise la politica, e nella stagione successiva, quella dell’antipolitica, quasi solo chi voleva fare affari ritenne di darsi a quella carriera. Per anni era stato mandato in onda lo spettacolo di una politica utile solo a far soldi, così si selezionarono nuove leve animate da quell’intenzione. Lo spettacolo era falso, ma questa è una considerazione per intenditori, quasi fuori tema.

L’inchiesta sul calcio replica il copione, a partire dai processi a mezzo stampa, che sembrano più regolamenti di conti all’interno delle famiglie calcistiche che non le cronache di processi che, infatti, non ci sono. Gli accusati sono già colpevoli, ma le sentenze sono previste fra anni. E non è fuor di luogo domandarsi il perché si muovono certe procure e non altre, il perché certe intercettazioni escono, o quale altro strumento aveva la proprietà per riprendersi la Juventus. In attesa di risposte il pentolone si scoperchia e l’olezzo giunge al cielo. A quel punto si scopre che non c’erano due o tre criminali, ma il solito “sistema”, che tutti conoscono e condannano, ma rimane lì. A quel che capisco (non seguo il calcio) il mediatore d’affari se lo contendevano, ed il più famoso nell’inchiesta magari si scopre che era solo il più bravo a fare quello che tutti avrebbero voluto fare, e forse facevano. Chi s’atteggia a verginella si ritrova fotografato nell’esercizio della funzione, in un bordello, come capitò a quel signore che voleva ridare l’orgoglio ai socialisti.

Non mancano poi i soliti giornalisti che dipingono d’amore calcistico, come ieri d’amore politico, la propensione a raccontar le cose più come desidera un qualche loro amico che come suggerisce la realtà. Il che non deve indurre a credere che il rimedio stia nell’umana virtù, ma, semmai, in un mercato dell’informazione che sia realmente concorrenziale, spingendo gli uni a pubblicare quel che gli altri tacciono. Non è così, purtroppo, e neanche sarebbe preoccupante se la cosa riguardasse solo lo sport.

Ogni volta che questi affari vengono a galla (e tenete gli occhi aperti sul mondo delle aziende, perché ne vedremo ancora delle belle) la cosa che più mi colpisce è l’assenza di anticorpi etici. Da noi funziona male o non funziona affatto la propensione ad isolare i maneggioni ed a far pesare su di loro un dissenso morale che non solo preceda, ma del tutto prescinda dalle sentenze penali, che non è detto arrivino. C’è una tara guicciardiniana d’eccessivo amore per il proprio “particulare”, che spinge fino a giustificare gli altrui vagheggi quando non sono di nostro immediato danno. Male, molto male, perché così si compromette la moralità che deve essere intrinseca a ciascun mondo, e che poi diventa la moralità collettiva.

Per carità, niente predicozzi, niente moraleggianti sermoni. Ma selezionare le persone anche in base alla loro onestà e correttezza non è un procedimento da invasati, bensì un interesse collettivo, un modo per far funzionare le cose. In un casinò dove si ammirano i bari non ha più senso giocare, in un Paese dove si strizza l’occhio a chi viola le regole nessuno investe i propri soldi.

I tifosi hanno mostrato uno striscione: “il fine giustifica i mezzi”, difatti festeggiavano lo scudetto. Sono gli unici che meritano una risposta: avete capito male, nessuno vi ha mai spiegato la grande moralità di Machiavelli, perché i mezzi possono pure giustificarsi, ma solo a patto che il fine sia tale da farli passare in second’ordine. E’ la nobiltà del fine che rende apprezzabili i mezzi, e Niccolò non era un complice di briganti. Se il fine è vincere un campionato chi ha corrotto lo sport, la borsa, il giornalismo (che ci gode, ad essere corrotto) e le tifoserie, merita la galera. Ma se una corruzione diventa sistema, vuol dire che si sono disinnescati tutti i meccanismi di controllo morale interni a quel mondo. In politica erano i partiti, per quanto sia strano sentirlo.

Mani Pulite ha fatto scuola: mettere in scena lo spettacolo dell’accusa, diffondere l’idea che tutto sia corrotto, nascondere il disegno retrostante, educare i cittadini al cinismo ed allo scetticismo, e guardarsi bene dal fare giustizia.

Davide Giacalone
Direttore dei periodici “La Ragione” e “Smoking”,
collaboratore dell’Opinione.
Già capo della Segreteria del Presidente del Consiglio dei Ministro
Già consigliere del Ministro delle Poste e Telecomunicazioni
www.davidegiacalone.it

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