La famiglia nella storia dell’uomo

Nella società dell’informazione nella quale oggi viviamo, più spesso definita come post moderna, la famiglia si adatta e si trasforma in stretta correlazione al sistema sociale in cui vive. E le famiglie di fatto, nate e vissute con una scelta che non implica legami istituzionali, spesso ideologicamente rifiutati, oggi cercano uno status. Cercano di diventare qualcosa che non sono

Gli antropologi i sociologi e gli storici sono convinti che non sia mai esistito uno stadio promiscuo dell’umanità.

Gli studi sulle popolazioni primitive mettono in crisi infatti la teoria di Marx ed Engels a proposito di un ipotetico momento della storia umana in cui uomini e donne avevano relazioni comuni, utili alla procreazione, prive di contesto ed agite individualmente. Insomma gli studi delle scienze umane, che su molti piani divergono a livello interpretativo, su questo sembrano dimostrare una certezza: il nucleo familiare è sempre esistito perché i segni di questa organizzazione della vita sociale sono presenti nei miti, nelle leggende, nei graffiti, nei documenti storici che tramandano dall’inizio della specie questo modello sociale.

Persino la dimensione trascendente che ci rinvia la storia attraverso i suoi segni (dalle grotte di Tassili, alle piramidi, alle tombe etrusche tanto per citare alcuni esempi noti di vite oltre la morte) è rappresentata in ambiti “familiari”.

In ogni forma religiosa conosciuta (dal totemismo in poi, tanto per citare l’opera di E. Durkheim “Le forme elementari della vita religiosa”) persino le divinità sono organizzate in famiglie, e ciò costituisce un’ulteriore simbolica ed enfatica prova dell’immanenza della formula familiare nella vita di tutte le popolazioni del globo, dall’inizio del mondo.

Ebbene, se la famiglia è quindi il nucleo essenziale e fondante di ogni comunità umana, tuttavia il suo ruolo ed il suo status si sono evoluti nel tempo e nello spazio, per cui la definizione di famiglia come quella circoscritta al padre, alla madre e ai figli e’ solo una delle tante possibili nella storia dell’umanità.

Oggi viviamo prevalentemente un modello di famiglia “nucleare” ridotto cioè al suo nucleo essenziale: genitori e figli , ma all’inizio del secolo scorso era vigente ancora in tutto l’Occidente la tipologia di famiglia estesa, quella allargata cioè ai fratelli e alle sorelle del padre, ai cugini ai nonni che coabitavano in zone rurali.

La formula della società agricola era strettamente sinergica alle esigenze di quella suddivisione del lavoro ed il pater familias esercitava un ruolo di “potere” sulla allargata comunità dei suoi congiunti, decidendo non solo i carichi del lavoro da attribuire all’uno o all’altro ma soprattutto decidendo dei destini di coloro che erano parte della sua “gens”. Il modello deriva evidentemente da uno schema più antico: quello romano in cui il padre accettava nella comunità il figlio sollevandolo da terra alla nascita ed inserendolo nel suo ambito, destinandolo poi al futuro che per lui veniva programmato.

Il potere delle grandi famiglie nei secoli si è espresso attraverso formule che in occidente sono state consacrate dalle corone e dal potere temporale della Chiesa. La funzione di una famiglia patriarcale era strettamente connessa alla terra e al territorio da difendere e o coltivare. La sua ampiezza era sinonimo di potere e forza.

Nella società industriale, che ha modificato tutti gli assetti della convivenza ( urbanizzazione, lavoro salariato, emancipazione della donna, ecc. ) anche la famiglia ha modificato la sua struttura in relazione alle dimensioni abitative, agli stili di vita e ai conseguenti modelli di comportamento. Così il nucleo si è andato restringendo a quello originario e l’ istituzione familiare è divenuta il sostegno di un sistema sociale atto a riprodurre prole, a tramandare ad essa miti e riti attraverso il processo di socializzazione utili al mantenimento del contesto sociale. E’ alla famiglia infatti che viene demandata sempre più la funzione di inserire attraverso l’educazione dei figli, questi nella società degli adulti.

Nella società dell’informazione nella quale oggi viviamo, più spesso definita come post moderna, ove la maggior parte di tutti noi occidentali siamo impegnati in attività di servizi ( commercio, professioni, funzioni pubbliche ecc.) ed in cui il potere non e’ più rappresentato né dall’estensione della terra come nella società agricola , né dal potere del capitale come nella società industriale, ma dal potere della conoscenza, la famiglia si adatta e si trasforma in stretta correlazione al sistema sociale in cui vive.

Attività lavorative e professionali sempre più competitive perchè fondate sul potere del sapere, predispongono gli individui a ricercare tardi nel matrimonio la soluzione esistenziale ( cfr . l’avanzare negli anni dell’età degli sposi), inducono le donne ad avere nessuno o pochissimi figli (l’allontanamento per il periodo della maternità dal lavoro costituisce un problema professionale e di carriera nonostante le leggi), la pratica indotta dal consumismo prelude ad offrire al nuovo nato condizioni economiche più che soddisfacenti che ritardano notevolmente o annullano addirittura la possibilità di procreare. Se a questo si aggiunge un diffuso comportamento narcisista ripiegato sul proprio personale benessere , l’idea che la famiglia prima ed i figli dopo siano fonte di problemi allontana sempre di più molti da questa scelta. L’organizzazione sociale dell’approvvigionamento alimentare, del mantenimento della casa, l’annullamento dei ruoli maschili e femminili rispetto alle mansioni domestiche sempre più evidente , costituiscono ulteriori elementi di trasformazione familiare.

Così se fino a pochi anni fa nei manuali di scienze sociali si studiavano diverse tipologie familiari distanti da noi per orografia e climi, oggi registriamo sempre più spesso trasformazioni dell’istituto famiglia nel nostro ambito comunitario.

L’ analisi culturale della famiglia dimostra come per esempio tra gli esquimesi e le tribù dell’Africa nera ci siano modelli, valori, miti e riti assolutamente diversi che caratterizzano i nuclei familiari.

Se nei ghiacci più lontani da ogni forma di civilizzazione tecnologica, arrivava uno straniero presso una famiglia che viveva di pesca riparata nell’igloo , il padrone di “casa”, il padre ed il marito cedeva con deferenza all’ospite vissuto come un “mito” la propria moglie considerando un onore il fatto che lo straniero ospite l’accettasse… In quegli stessi luoghi era rituale la corsa verso il polo degli anziani, che una volta divenuti di peso alla propria comunità intraprendevano spontaneamente una corsa verso il grande Nord e una volta fermati dalla stanchezza, il sudore gelandosi loro indosso li faceva immediatamente morire…

Nell’Africa nera, le tribù nomadi ancor oggi esistenti continuano a praticare l’avunculato e cioè, poiché le donne vengono inseminate da uomini di passaggio verso la selvaggina, e’ il fratello della madre a garantire la sopravvivenza del nipote ed ad inserirlo nella sua comunità, poiché non saprà mai chi è stato suo padre…

Tipologie diverse di famiglie e di riti ad esse connesse non mancano nel nostro piccolo mondo contemporaneo: sempre più frequenti le famiglie monoparentali, scaturite da separazioni e divorzi; ed oggi incombenti le unioni “familiari” di lesbiche ed omosessuali. Queste ultime sono al centro più dei dibattiti che della realtà sociale per la loro scarsissima incidenza numerica ma per l’alta salienza simbolica.

Le famiglie di fatto, nate e vissute con una scelta che non implica legami istituzionali, che spesso vengono ideologicamente rifiutati, oggi cercano uno status. Cercano di diventare qualcosa che non sono.

La famiglia in quanto tale continua ad essere quella formula istituzionale che è alla base di ogni società per riprodurre se stessa, svolge un ruolo fondante nella socializzazione delle giovani generazioni ed un ruolo essenziale nel reciproco “soccorso”. Elementi che la legge sancisce e garantisce.

Ciò che si sta trasformando è forse la ricerca di garanzie da parte di teorici della inutilità del nucleo familiare? Oppure la domanda di riconoscimento istituzionalizzato di coppie gay è implicitamente il bisogno espresso di riconoscimento di sé?

Le motivazioni di una legge che garantisce nuclei “atipici” rispetto alle loro funzioni primarie, è evidentemente da ricercarsi nel cambiamento in atto , nella trasformazione più intima dei ruoli sociali : in quella ricerca della propria sicurezza capace di vincere l’incertezza di quel “sé sociale “che per essere accettato e non stigmatizzato ha bisogno di norme che modifichino gli atteggiamenti”.

Se lo spirito di questa proposta di legge, indicata come Pacs, e’ quello di evitare discriminazioni e contribuire ad annullare pregiudizi sugli esseri umani, allora benvenga !

Marina D’Amato
Presidente Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza
Prof. di Sociologia – Univ. Roma Tre
Sociologia dell’Infanzia
Sociologia delle Comunicazioni di massa

Rispondi