Speriamo che sia femmina

Fino agli anni Quaranta il bambino era considerato un essere vivente che aveva un’altissima probabilità di non sopravvivere. Un essere cui sarebbe stato imprudente legarsi troppo dal punto di vista affettivo e che non differiva sostanzialmente da una sorta di vegetale da nutrire e controllare, impegnandosi esclusivamente a farlo sopravvivere e rimandando a una fase successiva ogni altra preoccupazione. Poi Fleming scoprì la penicillina…

Nessuno ha dubbi su che cosa sia un bambino. E si è portati a pensare che un concetto tanto evidente non abbia mai cambiato significato nella storia e nella civiltà. Invece per quanto strano possa sembrare, il bambino è una realtà che nella storia è stata letta in modi assai diversi e che si è evoluta seguendo l’evoluzione della società. E si potrebbe dire che ci sono tanti concetti di bambino quante sono le civiltà e le culture.

La stessa etimologia della parola “bambino” segnala un significato del termine che forse oggi nessuno sarebbe disposto a sottoscrivere. “Bambino”, infatti, si lega etimologicamente a “babbeo”, in latino babbaeus, che significa sostanzialmente idiota, incapace di articolare bene le parole.

E per lungo tempo, infatti, il bambino è stato considerato poco più di una bestiolina, senza parola e senza intelletto. Forse anche senz’anima, almeno secondo alcuni esponenti della filosofia scolastica.

Ma non basta. Ad esempio, fino agli anni Quaranta, prima della scoperta e della diffusione della penicillina, il bambino era considerato un essere vivente che aveva un’altissima probabilità di non sopravvivere. Per questo bisognava produrne in quantità, in modo tale da aumentare la percentuale di coloro che avrebbero raggiunto l’età adulta. Ma proprio a causa della precarietà della sua esistenza il bambino era un essere cui sarebbe stato imprudente legarsi troppo dal punto di vista affettivo, e che non differiva sostanzialmente da una sorta di vegetale da nutrire e controllare, impegnandosi esclusivamente  a farlo sopravvivere e rimandando a una fase successiva ogni altra preoccupazione.

Ancora oggi, la considerazione di cui il bambino gode nelle società caratterizzate da un’alta mortalità infantile  è generalmente scarsa, certo non paragonabile a quella che si accorda agli individui adulti. Ho vissuto a lungo nel Mali presso i Dogon, un gruppo etnico che abita la zona montuosa del Bandjagara, e ho potuto constatare in prima persona come, ad esempio, il funerale del capotribù poteva durare anche due mesi, mentre per i bambini che morivano non era previsto alcun tipo di cerimonia. Un comportamento che non è sostanzialmente diverso da quanto capitava nella società contadina e patriarcale: i bambini cominciavano a esistere quando raggiungevano un’età tale che se ne poteva sperare con qualche ragione la sopravvivenza. Non a caso le cerimonie di iniziazione, che costituiscono il momento simbolico dell’ingresso in società del nuovo individuo, avvengono in linea di massima molto avanti nel tempo: la comunione e la cresima in ambito cristiano, (ancor oggi, presso i cristiani ortodossi, è consuetudine battezzare i bambini dopo il compimento del primo anno d’età), il Bar Mitzvah  in ambito ebraico, le molte cerimonie iniziatiche tuttora in uso presso popolazioni cosiddette primitive.

Poi Alexander Fleming, nel 1929, scoprì la penicillina e, alla fine degli anni Quaranta, questa si diffuse in tutto il mondo occidentale dando inizio all’ultima, grande metamorfosi della percezione del bambino. Con la penicillina, infatti, si riuscì per la prima volta nella storia a ridurre un fenomeno devastante come la mortalità infantile, che era dovuta principalmente a malattie infettive o a malformazioni causate da infezioni intrauterine (ovvero contratte dalla madre e trasmesse al feto). Soltanto in italia, ad esempio, nel 1901 la mortalità infantile era del 166 per mille contro l’8 per mille attuale. Aumentando la speranza di vita dei bambini, diminuiscono drasticamente anche fenomeni come l’abbandono o la sottoalimentazione che erano sintomi di un certo fatalismo, di un’assenza di sentimento dell’infanzia dovuti proprio alla convinzione di non poter lottare contro i fattori di morte.

Ridotta drasticamente la mortalità infantile, si potè cominciare ad anticipare sempre più la nascita sociale del bambino, fino a farla coincidere in pratica con la nascita biologica. E addirittura giungere a riconoscere una vita relazionale -e quindi una dotazione di diritti- persino del feto. La rivoluzione causata dalla scoperta della penicillina, e più in generale dai progressi della medicina, ha poi modificato radicalmente altri concetti. Ad esempio quello di madre, che da semplice fattrice-produttrice di esseri destinati per lo più alla morte, si è trasformata in un’entità dotata di valore e di sentimenti propri. Ma la penicillina ha anche contribuito a modificare il rapporto tra figli maschi e femmine. Quando la sopravvivenza della prole era un problema angoscioso, era il maschio a venir privilegiato. La morte di una femmina era considerata meno grave di quella di un maschio, che veniva ritenuto più forte e quindi più utile al sostentamento futuro della famiglia, senza accorgersi che questa maggiore forza era in gran parte dovuta proprio al fatto che a lui venivano dedicate maggiori attenzioni e cure, a scapito delle femmine. Si deve anche a Fleming, quindi, se oggi molti futuri genitori possono augurarsi “Speriamo che sia femmina”.

Vittorino Andreoli
Direttore del Dipartimento di Psichiatria di Verona – Soave. E’ membro della The New York Academy of Sciences. E’ Presidente della Section Committee on Psychopathology of Expression della World Psychiatric Association.

DALLA PARTE DEI BAMBINI

BUR Biblioteca Univ. Rizzoli

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