Stato, più tutela alla famiglia

L’intervento di Silvano Ceccotti (assessore Servizi Sociali e Assistenza
Comune di Gorizia): “Ricalibrare le regole a seconda delle esigenze, garantendo pari dignità economica ai due genitori per una gestione condivisa”

Nelle vesti di assessore alle politiche sociali molto spesso mi sono reso conto di quanto incidano le condizioni socio-economiche sull’andamento emotivo della famiglia e soprattutto in certe fasi del suo ciclo vitale, come ad esempio la nascita di un figlio, la morte e la separazione dei coniugi. Parliamo molto spesso e giustamente di tutela dei minori come primo obiettivo nelle fasi di crisi di coppia e giustamente provvediamo intervenendo sulla coppia stessa con figure professionali quali gli psicologi, assistenti sociali e altri.

La famiglia rimane il cardine della nostra società e le Istituzioni se ne rendono ben conto nel momento in cui funziona da vero e proprio ammortizzatore sociale relativamente a molteplici problematicità, quali la casa, la disoccupazione, la disabilità etc…

La stessa famiglia che offre tanto riceve però poco, nel senso che da anni si sta parlando di una legge regionale ad hoc per essa ma per ora è tutto frammentato in miriadi di ipotesi sulle quali c’è poco accordo.

Parliamo ovviamente di famiglia unita, di famiglia separata, di famiglia per sempre disgregata da conflittualità senza fine.

 La famiglia non inizia con il matrimonio e finisce con la separazione o la morte, ma cambia il suo modo d’essere: le famiglie una volta che nascono continuano a vivere per sempre, magari in convivenza con nuove aggregazioni di individui.

Continuano a far parte dell’albero genealogico non solo nelle mappe mentali degli interessati, ma anche all’interno delle loro emozioni, delle loro fantasie. Soprattutto i genitori sono i fantasmi per eccellenza,che compaiono quando meno ce lo aspettiamo anche dopo le separazioni, dopo la loro morte, dopo l’apparente oblio.

La famiglia stessa è un sistema vincolato dai sentimenti che entrano nel dna di chiunque. Ho sempre pensato che il complesso di Edipo o il processo di identificazione non sono nati con Freud ma dallo stesso sono stati riconosciuti come ineluttabili.

Quindi, qualsiasi padre e qualsiasi madre sono responsabili, loro malgrado, di processi automatici nei confronti dei loro figli : se la non-comunicazione non esiste, ciò è oltremodo vero per genitori e figli.

 Un genitore che non c’è comunica comunque, nel bene e nel male.Il suo fantasma c’è sempre.

Esso assume contorni terrifici o gioiosi a seconda dell’esperienza diretta e ricordata dal minore e di ciò che viene filtrato dall’altro genitore.

Credo che questi siano dei concetti conosciuti da tutti ma che spesso dimentichiamo: il 90 per cento dei figli di separati viene assegnato alla madre. Il problema non è ovviamente la madre ma il fatto che questa rischia di avere delle responsabilità enormi per quanto detto prima.

Deve farsi carico di gestire il fantasma del padre, non è poco.

Come non è poca la responsabilità delle Istituzioni che, a causa della loro impotenza, non riescono a gestire le situazioni di separazione più complesse, evitando di investire in leggi, in apparati, in sussidi economici.

E qui torno al problema iniziale, dove accennavo alla necessità di intervenire economicamente in favore della famiglia in situazione di crisi, consentendo la equipollente dignità economica ad entrambi i genitori (pensiamo al degrado in cui sono costretti a vivere e ad incontrare i figli certi genitori, alla quasi impossibilità di gestire un’interazione affettiva o a non poterli incontrare sempre per mancanza di case adatte).

L’obiettivo deve essere quello di poter arrivare più spesso possibile ad una gestione condivisa dei figli e con elasticità ricalibrare le regole a seconda delle esigenze degli stessi e non a seconda delle esigenze dell’adulto.

Spendiamo in prevenzione, investiamo in professionalità, in sostegno psicologico, sociale  alla famiglia ed eviteremo di produrre minori maltrattati.

A cascata, gli stessi rischiano poi di divenire degli adulti maltrattanti e quindi tutto il processo della violenza rischia di espandersi in modo esponenziale ed incontrollabile. Non dobbiamo abbandonare la famiglia che cambia, la famiglia che per noi ha fallito: il fallimento è dello Stato se dopo il cambiamento nascono i conflitti. Ho conosciuto madri che non ricevono contributi dal marito per i figli e nessuno riesce ad intervenire.

Così come ho conosciuto padri separati che vivono per anni in macchina o alloggi di fortuna, impossibilitati a condurre un’esistenza dignitosa perché giustamente contribuiscono economicamente alla crescita dei figli.

Qui le Istituzioni devono intervenire e ricambiare i favori resi dalla famiglia.

Silvano Ceccotti (Assessore Servizi Sociali e Assistenza Comune di Gorizia)

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