La scorsa settimana abbiamo analizzato le principali caratteristiche del social media (come Facebook o Twitter) e dei servizi di messaggistica istantanea (WhatsApp / Telegram), proprio partendo da questi aspetti abbiamo individuato una prima demarcazione delle responsabilità dei singoli utenti di questi servizi quando esprimono opinioni che possono risultare ingiuriose, diffamatorie o possano procurare allarme.
Ora affronteremo il tema della responsabilità per i medesimi fatti del gestore della piattaforma web.
Social media e responsabilità: una sentenza recente
Recentemente la Cassazione si è pronunciata sulla responsabilità del gestore di un sito internet in relazione alle opinioni espresse su di esso da un utente, analizzando la questione dal punto di vista di chi mette a disposizione lo strumento e non del suo mero utilizzatore.
Al di là del caso concreto affrontato dalla sentenza, il principio affermato dalla Suprema Corte è che vi sia una responsabilità del gestore di un sito ove sia possibile per gli utenti pubblicare autonomamente le proprie opinioni – tipicamente tramite lo strumento dei commenti o del blog –, quando sia provato che il gestore medesimo fosse a conoscenza del commento pubblicato.
L’episodio a base della sentenza non riguardava uno dei social media che abbiamo analizzato: rispetto ad essi sarebbe ben più complesso provare che il gestore sia in qualche modo a conoscenza dei commenti pubblicati, ma è evidente la linea di tendenza che mira a responsabilizzare chi detiene questi siti, sostanzialmente equiparando la loro responsabilità a quella di un editore e non di un semplice detentore di una piattaforma di condivisione.
Net neutrality e fake news
Il tema è sicuramente complesso e coinvolge il principio della c.d. neutralità della rete, ma d’altro canto deve confrontarsi con la sempre più pressante problematica della comparsa sul web di notizie fasulle (le c.d. fake news), di contenuti xenofobi, di odio religioso o di violenza, di opinioni ingiuriose o diffamatorie.
Molte sono le definizioni proposte per la “net neutrality” e vanno da quelle strettamente tecniche a quelle a contenuto giuridico-sociologico.
Tra le tante, quelle che paiono più appropriate al tema che stiamo affrontando sono queste:
– “qualunque computer poteva mandare pacchetti di dati a qualunque altro computer. La rete non guardava all’interno dei pacchetti” (così Tim Berners-Lee inventore del World Wide Web e direttore del World Wide Web Consortium)
– “La network neutrality è il principio per cui gli utenti di internet dovrebbero avere il controllo su cosa possono vedere e quali applicazioni vogliono usare su internet” (così le Policy pubbliche di Google)
Dunque la rete nasce come mezzo di trasporto di informazioni che si disinteressa delle informazioni trasportate e proprio per questo lascia la libertà a ciascuno di scegliere cosa leggere e cosa utilizzare su internet.
Ma come sempre la libertà individuale trova come limite la libertà altrui e soprattutto la libertà del singolo non è arbitrio: una tra le più alte delle nostre libertà personali, la libertà di opinione, trova il suo limite proprio nella commissione di reati come la calunnia, la diffamazione, il vilipendio, l’istigazione a delinquere, ecc. e nell’oltraggio al “buon costume”.
Inoltre affermazioni “discutibili” che una volta avrebbero coinvolto gruppi ristretti di persone, restando confinate nelle c.d. “chiacchiere da bar”, ora grazie alla velocità di propagazione delle opinioni assicurata dalle reti sociali virtuali, assumono una rilevanza mediatica grandemente superiore, tale da sovrastare la stampa tradizionale (giornali, televisione, siti web di informazione), da sempre considerata il maggior mezzo di diffusione di informazioni/opinioni.
La stessa diffusione di notizie false, che come fenomeno sociale risale alla “notte dei tempi” in quanto da sempre si cerca di orientare l’opinione pubblica anche attraverso quella che una volta si sarebbe definita “propaganda”, nell’epoca della rete assume connotati sovra nazionali e soprattutto rende meno identificabili gli autori delle fake news, nascosti dietro nick name ed identità fasulle, con a disposizione mezzi di diffusione enormemente più capillari ed invasivi di un tempo.
I gestori: quale responsabilità?
Di questa realtà fenomenica è necessario farsi carico e sempre più pressante si pone l’interrogativo: di fronte alla commissione di un reato o rispetto ad un comportamento che risulta dannoso per la collettività è giusto invocare il principio di neutralità? E, soprattutto, il gestore della piattaforma può sempre dichiararsi irresponsabile?
Recenti dichiarazioni del Ministro della Giustizia Orlando vanno nel senso di porre all’attenzione del G7 questa problematica: essa va affrontata a livello internazionale e non solo nazionale, per l’ovvia ragione che coinvolge piattaforme sovranazionali le quali difficilmente accetterebbero regole imposte da singoli stati e conseguentemente applicabili solo ad una parte dei loro utenti.
Occorre certamente buon senso ed equilibrio nell’elaborare una regolamentazione condivisa, ma contemporaneamente maggior senso di responsabilità da parte di chi gestisce imponenti moli di dati e contenuti rispetto ai quali non può dichiararsi neutrale, tranne poi servirsene senza scrupoli per i propri fini o rivendendoli a terzi per indagini di mercato ed a fini pubblicitari.
Gea Arcella
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