La “Buona scuola”, che c’è già

Napoli, Palermo, Roma, Milano… sono molti gli esempi di realtà scolastiche le cui attività non si limitano all’insegnamento di quanto previsto dai programmi ministeriali, ma si attivano per promuovere il rispetto dei diritti e le norme di buona cittadinanza. Il disegno di legge promosso dal Governo si pone l’obiettivo di promuovere l’esercizio attivo della cittadinanza sin dai primi passi mossi nella società.

Davide Faraone

Davide Faraone

Il tour della “Buona Scuola” mi ha portato in giro per molti istituti italiani, diversi tra loro, ma ognuno, a suo modo, speciale. A Sant’Anastasia, Napoli, nei primi mesi del mio incarico, ho visitato l’Istituto Comprensivo Sant’Anastasia 4. Non mi hanno accolto studenti dietro ai banchi: bambini e insegnanti entusiasti mi hanno mostrato il loro orto didattico e la loro “banca” costruita nell’atrio della scuola, realizzata per cominciare a prendere dimestichezza con libretti di deposito e risparmi già in tenera età. A Palermo, invece, qualche giorno fa ho preso un caffè al “Bar del Cassarà”, un bar inutilizzato all’interno del Liceo Ninni Cassarà che gli studenti hanno ristrutturato con il patrocinio dell’associazione antimafia Libera. Al Testaccio, non molto lontano dal Ministero dell’Istruzione, ho incontrato i ragazzi dell’Istituto De Amicis: realizzano protesi dentarie e le donano a chi si trova in condizione di disagio economico. Salendo a Nord, a Milano mi sono ritrovato a parlare con il sindaco degli studenti dell’Istituto Sperimentale Rinascita – A. Livi, al cui interno la partecipazione studentesca costituisce la regola.

Solo degli esempi. Potrei continuare con l’elenco esaurendo tutto lo spazio a mia disposizione. Ma questi esempi rappresentano l’immagine della Buona Scuola che c’è già. Una scuola che non forma solo studenti preparati, ma anche, e soprattutto, cittadini consapevoli. Ed è questa Buona Scuola che noi vogliamo far emergere e istituzionalizzare grazie al disegno di legge all’esame del Parlamento in questi giorni. Una scuola che vive ogni giorno dell’entusiasmo dei ragazzi, della passione degli insegnanti, della determinazione dei dirigenti scolastici. Comunque, una scuola che sta nel territorio. Anzi, ne è parte essa stessa. Vogliamo che si abbattano i muri che separano la scuola dall’Università, dal mondo del lavoro, dalla società. Questi mondi devono dialogare se vogliamo che i ragazzi siano il futuro consapevole del nostro Paese.

Cosa abbiamo previsto nel ddl “La Buona Scuola”? Vogliamo che gli studenti italiani possano disporre di strumenti solidi per esercitare i loro diritti di cittadinanza e che la scuola li aiuti a sviluppare comportamenti responsabili ispirati alla conoscenza e al rispetto della legalità, della sostenibilità ambientale, dei beni e delle attività culturali e dei valori paesaggistici. Non si può pensare di essere Italiani senza avere piena consapevolezza dei nostri tratti identitari. Dobbiamo far sì che i ragazzi sappiano a quali risorse attingere per programmare la ripresa del nostro Paese.

Ma vogliamo anche che ai ragazzi sia riconosciuta la loro capacità di decidere e di autodeterminarsi. Nella fase di consultazione della Buona Scuola, ne ho incontrati tanti e con molti altri mi sono confrontato anche nelle stanze del Miur: sono persone responsabili e consapevoli, cui spetta prendere parte alle decisioni che riguardano la scuola e, quindi, anche la loro vita. Va in questa direzione il curriculum dello studente, introdotto dal ddl. L’opzionalità è strumento di cittadinanza attiva: gli studenti sono chiamati ad immaginare il proprio futuro e, quindi, il proprio ruolo nel mondo. Sono, pertanto, chiamati a sentirsi e ad essere cittadini.

Abbandoniamo l’idea che la cittadinanza attiva la faccia una tessera elettorale in mano a 18 anni. La consapevolezza di sé nella società, l’educazione alla legalità o alla sostenibilità ambientale, l’attenzione verso l’altro, l’inclusione di chi è straniero o disabile, l’attitudine e l’abitudine al lavoro non si acquisiscono per magia in un’urna elettorale. Al massimo, in quell’urna si “esercitano”. Ma solo dopo averli coltivati dentro di sé.

Da anni il Miur si adopera in questo senso, collaborando con le scuole, le associazioni, gli altri Ministeri. Abbiamo sviluppato numerosi protocolli e numerosi progetti. Ad esempio, nell’ambito della legalità, lavorando insieme a Corte dei Conti, Centro Studi Paolo Borsellino, Centro Studi Pio La Torre, Save the Children, Confindustria, Legambiente, Libera o Cittadinanzattiva, solo per citarne alcuni. Concorsi, percorsi di approfondimento per classi o gruppi di classi, progetti sportivi, attività in occasione di anniversari e ricorrenze: l’intervento del Ministero si articola e si modula ogni volta in maniera diversa, in base ai soggetti coinvolti e all’ambito in cui opera. Ma lo scopo è lo stesso: educare alla legalità attraverso l’arte, fornire tutoraggio soprattutto in situazioni di grave disagio e marginalità, contrastare la dispersione scolastica, favorire l’alternanza scuola-lavoro in contesti ad alta densità criminale, promuovere il volontariato.

Un esempio chiave è il Piano nazionale “Più scuola meno mafia”, istituito dal Miur e dall’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata: una rete di istituzioni scolastiche, con una cabina di regia ministeriale, che si pone l’obiettivo di riutilizzare i beni confiscati per realizzare progetti di formazione per i giovani ed accrescere le possibilità di occupazione, soprattutto nelle zone più colpite dalle mafie. Finalizzata all’educazione alla legalità, il Ministero ha da poco siglato anche una Carta d’intenti con l’Autorità nazionale anticorruzione, l’Associazione nazionale anticorruzione, la Direzione nazionale antimafia e l’Associazione nazionali magistrati.

Non solo legalità. La scuola mette “in circolo” idee e risorse. Esattamente quello che fa il progetto “S.O.S. Scuola”, dove S.O.S. è l’acronimo di “Scambiamoci Orizzonti per Sognare”. Un’iniziativa di cooperazione dal basso per rigenerare le scuole attraverso interventi artistici e laboratori creativi che ha portato studenti italiani, francesi, spagnoli e cinesi ad incontrarsi in due scuole italiane – l’Istituto Comprensivo Statale di Arsoli di Roma ed il Liceo Linguistico Ninni Cassarà di Palermo – per prendersi cura dei “beni comuni” dei ragazzi, ovvero le loro classi e il loro istituto, e a renderli luogo per eccellenza di diritti, inclusione e multiculturalità.

La scuola è società. L’abbiamo ripetuto ovunque in giro per l’Italia. Deve insegnare il rispetto per se stessi e per l’altro. Deve fornire strumenti per orientarsi nel mondo. Deve dare la spinta per superare i limiti, andare oltre e immaginare l’inimmaginato. Deve diventare il luogo in cui si coltiva il futuro del nostro Paese. Noi stiamo lavorando in questa direzione. Si tratta di una sfida troppo importante. Non possiamo permetterci di perderla.

Davide Faraone, Sottosegretario al Ministero per la Pubblica Istruzione, Università e Ricerca

Angela Caporale

Giornalista pubblicista dal 2015, ha vissuto (e studiato) a Udine, Padova, Bologna e Parigi. Collabora con @uxilia e Socialnews dall’autunno 2011, è caporedattrice della rivista dal 2014. Giornalista, social media manager, addetta stampa freelance, si occupa prevalentemente di sociale e diritti umani. È caporedattore della rivista SocialNews in formato sia cartaceo che online, e Social media manager. 

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