“Ma lei è abortista?”

Quando si parla di verifica dell’applicazione della 194, è giusto assicurare che nei consultori si cerchi anche, come prescrive la legge, di rimuovere le cause che inducono alla scelta dell’aborto

Il dibattito che si sviluppato in questi ultimi mesi sulla legge 194 e, più in generale, sulle problematiche dell’aborto richiede, a mio avviso, da parte di tutti un sforzo di chiarezza e pacatezza.
Ho più volte in questi mesi parlato del rischio di una strumentalizzazione del dibattito a fini elettorali. E’ un pericolo che la società politica italiana dovrebbe evitare. Non si può e non si deve far diventare una tragedia come l’interruzione di gravidanza un tema di campagna elettorale. La 194, l’aborto non sono temi intoccabili, non sono tabù, e non può essere tabù verificare se e come funziona la legge in tutte le sue parti. Certo, avviare questa riflessione e questa verifica, dopo 4 anni e mezzo di legislatura, quando mancano una ventina di giorni di lavoro alle Camere e pochi mesi alle elezioni, è un’operazione che si presta quanto meno al sospetto in quanto è evidente che non ci sono i tempi tecnici per definire alcunché. Meglio sarebbe cominciare seriamente a parlarne all’inizio della prossima legislatura con davanti tutto il tempo per accertare, verificare, proporre, discutere.

        Voglio peraltro sommessamente ricordare che, quando si parla di verifica dell’applicazione della 194, è giusto assicurare che nei consultori si cerchi anche, come prescrive la legge, di rimuovere le cause che inducono alla scelta dell’aborto, e non trovo pregiudizialmente errato prevedere la presenza di volontari, di estrazione “plurale”, in grado di aiutare le donne in questo difficile momento. Ma bisognerebbe anche ricordare che l’articolo 9 della legge, in materia di obiezione di coscienza, si afferma che “gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza” e che le regioni “ne controllano e garantiscono l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale”. Siamo certi che tutte le strutture rispettino le prescrizioni della 194 in questa materia?

        Ciò detto io credo vadano separati chiaramente i discorsi etico-idoeologici sull’aborto e le valutazioni tecnico giuridiche sulla legge 194. Nei giorni scorsi un importante giornalista mi ha chiesto “ma lei è abortista”? Come se ci fosse qualcuno, come se potesse esserci una donna “a favore” dell’aborto. Ecco, queste sono le generalizzazioni, le confusioni che non giovano a nessuno. Io sono ovviamente contro l’aborto che è una ferita profonda che lacera l’anima ed il corpo delle donne. Credo però che sia giusto che uno stato civile consenta, alle donne che arrivano a questa drammatica scelta, di interrompere la gravidanza non dalle mammane, in condizioni igienico sanitarie precarie e mettendo a rischio la propria salute, bensì in una struttura sanitaria pubblica con tutta l’assistenza necessaria.

        Io rispetto le posizioni di chi è contro questa legge che io ritengo invece opportuna e come me l’hanno ritenuta opportuna l’88 per cento degli italiani che vennero chiamati alle urne per il referendum abrogativo. Chiedo però che analogo rispetto sia concesso a chi ha opinioni diverse e non che l’argomento non venga affrontato con lo spirito di crociata. Sia chiaro, sarebbe pienamente legittimo da parte di chi considera la legge 194 un errore chiederne l’abrogazione. Ma qui si assiste ad una campagna anti-194 senza che nessuno poi nei fatti ne chieda l’abrogazione o la modifica, anzi tutti si affrettano sempre a dire che la legge non è in discussione. Ma se la legge non è in discussione perché da mesi sui giornali non si legge d’altro?

        E’ una riflessione che vale ad esempio per la RU 486, la pillola che induce l’aborto, venduta in tutta Europa da anni e che ha superato le force caudine dei controlli comunitari. In Italia è stata avviata la sperimentazione a Torino, ci sono stati dei problemi, il Ministro Storace ha sospeso e dato delle prescrizioni ed io ho concordato con lui sull’esigenza della massima cautela in questo campo. L’ospedale ha recepito le indicazioni del Ministro della Salute, la sperimentazione è ripresa. Altre Asl hanno chiesto di avviare la sperimentazione?  Bene, se si atterranno alle prescrizioni ed opereranno nel rispetto dei protocolli verificati dal Ministero per Torino non vedo perché questa possibilità debba essere preclusa.

         Ma il nodo anche in questo caso è un altro. Si osteggia la RU 486 con motivazioni ideologiche, perché visto che consente di interrompere la gravidanza con minore dolore fisico rispetto all’intervento chirurgico si dice che “banalizza” l’aborto, che lo rende “più facile”. Io trovo queste argomentazioni errate e poco rispettose della salute delle donne. Come è sostenibile che se la tecnica medica consente un intervento meno doloroso, le donne non debbano poterla scegliere e debbano invece sottoporsi necessariamente ad una pratica più dolorosa?

        Certamente si tratta di una tecnica abortiva e come tale va eseguita sotto stretto controllo medico. E’ una procedura che richiede l’assunzione di due pillole che vanno prese entrambe in strutture sanitarie. Non si può pensare ad un aborto “fai da te” ed io sono nettamente contraria ad ogni ipotesi di vendita della RU 486 in farmacia. Ma se invece l’assunzione avviene sulla base di una libera scelta di una donna ed in ospedale o in cliniche autorizzate non vedo perché questa possibilità debba essere negata.
Analogamente ritengo che debba essere concretamente prescritta e prescrivibile la cosiddetta “pillola del giorno dopo”, che spesso non viene prescritta nei presidi sanitari pubblici perché non viene organizzata la turnazione di medici non obiettori di coscienza.
Io credo infatti che uno dei sistemi per ridurre il numero degli aborti – che sono, lo ripeto, sempre una tragedia soprattutto per le donne che vi ricorrono – sia quello di potenziare la prevenzione, in questo caso la cultura della contraccezione.

        Ha fatto scalpore nelle scorse settimane una mia intervista in cui parlavo dei preservativi. La sintesi giornalistica ha banalizzato il mio pensiero. Io ho detto che fra le donne che abortiscono per motivi diversi c’è anche una quota di adolescenti che, con una adeguata cultura della prevenzione potrebbero evitare gravidanze indesiderate. Però mi sono stupita di ascoltare tanti commenti scandalizzati su un tema che invece dovrebbe essere centrale. Ho avvertito in quella occasione uno scarto fra la società politica e la società reale. Mentre infatti i politici si scandalizzavano la gente mi diceva che avevo fatto bene a sollevare un problema reale, sentito dalle famiglie, da chi ha figli adolescenti. Perché, anche in questo caso, si può certamente criticare che i ragazzi abbiano rapporti sessuali, ma la realtà è che ciò accade. La politica deve confrontarsi con la realtà e se una adeguata educazione si possono indurre gli adolescenti a comportamenti più responsabili io credo lo si debba fare. Far finta che il problema non esiste non risolve la questione, semmai la può aggravare.

        Insomma, la tematica in campo, come si vede è estremamente ampia e certamente un approfondimento sarebbe opportuno. Anche perché si tratta di argomenti che non si prestano a letture o a soluzioni univoche. Dietro un’interruzione di gravidanza possono esistere motivazioni molto diverse, anche economiche, ma certamente non solo e non sempre economiche. Ci sono le adolescenti cui abbiamo accennato, c’è la realtà delle donne extracomunitarie i cui aborti oggi sono il 25% del totale in italia, si sono le interruzioni di gravidanza dettate da pericoli per la salute della madre o da malformazioni del nascituro.

        Pensare ed attuare una politica di sostegno alla maternità implica una molteplicità di interventi che riguardano le politiche sanitarie, ma anche, e direi soprattutto le politiche sociali. Per questo sono contraria alle semplificazioni del dibattito, alla contrapposizione per slogan, alle invettive incrociate da clima elettorale. Il tema è troppo serio per affrontarlo a colpi di dichiarazioni alle agenzie di stampa per guadagnare un titolo sui giornali.
Io vorrei che su questo problema ci fosse da parte di tutti una moratoria ed un impegno. Una moratoria fino alle elezioni per evitare che l’aborto diventi campo di battaglia della polemica politica nei prossimi mesi. E l’impegno affrontare il tema con tutta la serenità, l’approfondimento e la calma necessaria nella prossima legislatura.
Penso che la tragedia che ogni aborto rappresenta meriti pacatezza, riflessione e, soprattutto, rispetto.

on. Stefania Prestigiacomo
Ministro Pari Opportunità

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