Curare le immunodeficienze

Le immunodeficienze primitive sono state le prime malattie genetiche ad essere trattate con successo grazie alla terapia genica. Caratteristica comune delle immunodeficienze primitive è l’assenza o un difettoso funzionamento dei globuli bianchi, che causa un’aumentata suscettibilità alle infezioni da batteri, funghi e virus. In assenza di trattamento, le infezioni sono la causa più frequente di morte, spesso nei primi mesi di vita.

Ad oggi, non esiste un trattamento efficace per molte delle gravi malattie genetiche. Sono disponibili solo terapie di supporto, o farmaci che possono anche provocare complicanze o effetti collaterali, che attenuano i sintomi, ma non rappresentano una cura definitiva e non ne bloccano la progressione. Il miglioramento delle conoscenze scientifiche sul genoma umano e l’avanzamento scientifico e tecnologico dell’ultimo decennio hanno portato allo sviluppo di terapie innovative basate sulla terapia genica. Questa tecnologia consente il trasferimento di un frammento di DNA con l’informazione genetica necessaria a correggere il difetto genetico o a fornire funzioni vantaggiose all’organismo. Per trasferire il DNA, si fa in genere uso di vettori, cioè “navette biologiche” derivate dai virus ed in grado di trasportare ed inserire il gene terapeutico all’interno delle cellule dell’ospite. Il vettore funziona da trasportatore del DNA terapeutico all’interno della cellula, come un cavallo di Troia, ma, al contrario del virus, non può replicarsi perché opportunamente modificato. Le cellule che più di frequente vengono modificate con la terapia genica sono le cellule staminali ematopoietiche, cioè le cellule madri di tutte le cellule del sangue: globuli bianchi, globuli rossi e piastrine. Le immunodeficienze primitive sono state le prime malattie genetiche ad essere state trattate con successo grazie alla terapia genica. Caratteristica comune delle immunodeficienze primitive è l’assenza o un difettoso funzionamento dei globuli bianchi (linfociti), che causa un’aumentata suscettibilità alle infezioni da batteri, funghi e virus. In assenza di trattamento, le infezioni costituiscono la causa più frequente di morte, spesso nei primi mesi di vita.

Le forme più gravi di deficit immunitario sono le immunodeficienze severe combinate (SCID), note comunemente anche come malattia del “bambino nella bolla” perché i piccoli pazienti sono spesso costretti a vivere in condizioni di isolamento assoluto per essere protetti dalle infezioni. La forma di SCID da carenza dell’enzima adenosina deaminasi (ADA) è stata la prima malattia genetica ad essere stata trattata con successo con la terapia genica presso l’HSR-TIGET. I ricercatori hanno prelevato le cellule staminali ematopoietiche dal midollo osseo dei pazienti e le hanno messe a contatto in laboratorio con un vettore retrovirale contenente una copia sana del gene ADA, consentendo così di correggere una buon parte delle cellule. Al fine di creare nel midollo osseo dei pazienti uno spazio utile a favorire l’attecchimento delle cellule staminali corrette, è stato somministrato un farmaco chemioterapico, impiegato a basso dosaggio per ridurne la tossicità. Le cellule staminali “corrette” sono state poi reintrodotte nei pazienti mediante una semplice reinfusione per via endovenosa. Dopo alcune settimane dalla terapia genica, i linfociti dei bambini trattati hanno cominciato a svilupparsi ed a funzionare normalmente, permettendo loro di proteggersi dalle infezioni. Con tecniche molecolari sofisticate è stato possibile dimostrare l’attecchimento delle cellule con il gene ADA sano in tutte le linee ematopoietiche (linfociti, granulociti, globuli rossi, piastrine), confermando che il gene è stato trasferito dalle cellule staminali “madri” alle cellule figlie.

La terapia genica ha consentito di correggere il difetto enzimatico e ripristinare il normale funzionamento delle difese immunitarie, con beneficio clinico ed assenza di effetti collaterali. A distanza di molti anni dal primo trattamento, i pazienti sono in buone condizioni, hanno ripreso a crescere ed assaporano una vita sociale normale, priva di effetti collaterali. Ad oggi, sono stati curati in questo modo 13 bambini provenienti da tutto il mondo. E se per l’ADA-SCID adesso la sfida è riuscire a rendere questa terapia disponibile per qualsiasi paziente ne faccia richiesta (il percorso regolatorio è già in atto), per altre malattie genetiche si aprono importanti prospettive terapeutiche. Nel corso di questi ultimi anni, infatti, grazie al lavoro di molti ricercatori, le metodiche sono diventate sempre più efficienti e sicure ed è stato ampliato lo spettro di malattie potenzialmente trattabili. È da poco iniziata presso l’HSR-TIGET la sperimentazione clinica di terapia genica per un’altra grave forma di immunodeficienza associata a difetti delle piastrine, la Sindrome di Wiskott-Aldrich (WAS). Sono inoltre allo studio nuovi approcci di terapia genica per altre malattie del sangue, quali la malattia granulomatosa cronica e la talassemia. In questo settore di ricerca, l’Italia è sicuramente all’avanguardia, e l’HSR-TIGET è diventato un centro di riferimento mondiale per la cura delle malattie genetiche. Ciò è stato possibile grazie al rapido trasferimento delle scoperte di laboratorio al letto del malato, utilizzando tecnologie altamente innovative e strutture qualificate.

Dietro questi risultati, c’è un grande lavoro di squadra di ricercatori, biologi, tecnici, infermieri e medici, competenti e preparati. Molti sono giovani che si dedicano con passione e costanza a questa attività, pur sapendo che le possibilità di carriera nel nostro Paese sono limitate. Alcuni di loro andranno all’estero a completare la formazione, ma non tutti, purtroppo, riusciranno a rientrare in Italia. Troveranno condizioni di lavoro migliori all’estero. È soprattutto grazie al sostegno della Fondazione Telethon ed alla generosità degli Italiani che queste ricerche sono state rese possibili. La produzione e la somministrazione di queste terapie innovative richiedono investimenti notevoli in fase preclinica e clinica e strutture in grado di offrire una terapia sofisticata e “paziente-specifica”, rispettando i rigorosi controlli di sicurezza e qualità di un farmaco. Fino ad oggi, l’industria farmaceutica ha mostrato uno scarso interesse, a causa della rarità di queste patologie. In futuro, però, un suo coinvolgimento sarà inevitabile perché i costi dello sviluppo di questi farmaci non potranno essere sostenuti solo dagli enti no-profit. Diviene auspicabile anche uno sforzo maggiore da parte della Comunità Europea e dei governi nazionali che in passato hanno sostenuto parte di queste ricerche con iniziative meritorie, come i fondi AIFA per la ricerca indipendente sulle malattie rare. È importante sottolineare come il successo delle terapie definitive, anche se molto costose, contribuirebbe, oltre che al miglioramento della qualità della vita del paziente, anche ad un sostanziale risparmio economico per la società, grazie alla riduzione delle spese per farmaci e terapia di supporto ed ospedalizzazione. Non va dimenticato, infine, che queste ricerche potranno portare in futuro ad importanti ricadute per malattie più frequenti nella popolazione, come le infezioni croniche (HIV, epatite), il cancro, e le malattie neurodegenerative.

Alessandro Aiuti
Professore Associato, Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (HSR-TIGET), Milano e D.P.U.O Università di Roma Tor Vergata-Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

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