Come distruggere il benessere

“L’indifferenza è il peso della storia. È la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge le vecchie città e la difende meglio delle mura più salde meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi i suoi assalitori e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall’impresa eroica”. Antonio Gramsci

Se c’è un testo che mi viene in mente, pensando al Terzo settore, è questo breve scritto di Gramsci. Non credo lui intendesse parlare esattamente di questo, ma lo spirito e la passione motore della storia, come Gramsci l’ha interpretata, sono vicini a quello spirito di iniziativa, di rumore, ardore, creatività, convinzione, gioia di lavorare, non per il profitto, ma per la ragione di esserci, che tutto il mondo del cosiddetto volontariato sociale, impresa sociale, cooperativismo, organizzazioni non governative ancora muovono. Credo anche che oggi, in un’organizzazione del lavoro che da una parte asservisce e dall’altra crea le condizioni dell’incertezza permanente, è una “scelta di senso” dedicarsi ad attività che hanno il proprio significato nella ricerca di investimenti che coniugano il senso della collettività con la necessità del lavoro. Il cosiddetto terzo settore costituisce una realtà complessa ed articolata, sociale, economica, culturale, in continua evoluzione. La prima definizione risale alla metà degli anni ’70, nel rapporto “Un progetto per l’Europa”, nato in ambito comunitario nel 1978 e volto a separare concettualmente il Terzo Settore dallo Stato e dal Mercato. È quindi un fenomeno economico (non un insieme di forme organizzative extra-economiche) e contribuisce al benessere della società. Certamente, in termini diversi da quello di Stato e Mercato, è un contributo non inferiore, anche se di natura differente. Le ricerche basate su questo concetto si sviluppano soprattutto a partire dagli anni della crisi del welfare. In realtà, al Terzo Settore si riferisce un mondo vitale, di partecipazione civile, di presenza che hanno spesso rappresentato la spinta per la nascita di organizzazioni al suo interno. In Italia, il termine si è diffuso verso la fine degli anni ’80 ed ha convogliato anche l’interesse delle organizzazioni non profit (ONP).

Proprio il tema del non profit fu oggetto dei primi studi da parte degli economisti, volti ad individuare classificazioni di questo fenomeno, a conferirgli una piena dignità nell’analisi economica ed a studiarne lo specifico ruolo all’interno del sistema di welfare. L’approccio sociologico e l’approccio economico utilizzano il termine per indicare “pratiche e soggetti organizzativi di natura privata ma volti alla produzione di beni e servizi a valenza pubblica o collettiva”. L’approccio sociologico evidenzia la valenza espressiva e l’orientamento al collettivo delle relazioni che si instaurano all’interno di queste esperienze ed implica un coinvolgimento personale. Un’impostazione, quindi, che va oltre l’individualismo del mondo del lavoro, ma promuove patrimoni e competenze personali in una logica collettiva. Gli aspetti di natura motivazionale, culturale, valoriale ed etica dell’agire volontario nelle organizzazioni non profit sono il vero “movente”, soprattutto se si verificano in termini di servizi di cura ed accudimento delle fasce deboli della popolazione. La legislazione italiana ha finora disciplinato alcuni aspetti del Terzo Settore, ma non li ha definiti unitariamente dal punto di vista giuridico. Azione Volontaria, Terzo Sistema, Economia Civile, Terza Dimensione, Privato Sociale, Settore non profit sono le diverse denominazioni attribuite al Terzo Settore. La vera logica che sottende questo “movimento” è mista ed ha connotazioni ideologiche, motivazionali, creative, imprenditoriali, economiche. Rappresentano tutte la rete informale e formalizzata di un tessuto di adesione e partecipazione che, pur nella sua articolazione, nelle diversità, nelle “buone e cattive esperienze”, costituisce un vigore innovativo e di impresa che risponde ancora alla sfida di ormai quasi un secolo di Antonio Gramsci, così come a quelle di Madre Teresa di Calcutta, Don Ciotti, Don Gelmini e tanti altri ancora. C’è una parte della nostra anima o coscienza che, pur trovandosi quotidianamente inserita in un mondo votato all’economia, al profitto, all’affermazione sociale, all’esibizione di risultati materiali, ha sete di altro.

Chiede incessantemente di essere nutrita. Spesso viene tacitata da una frenetica attività che, più o meno inconsciamente, cerca di imprigionarla, di relegarla in un cantuccio. È un angolino a cui non accede la mentalità dell’Occidente produttivo e tecnicamente capace. Lì non entrano quei pensieri che ci fanno ritenere di essere in grado di dominare la tecnologia. Si fa piuttosto strada la consapevolezza che ne siamo succubi. È un luogo in cui si percepisce la realtà, non la si analizza e la si guida con il pensiero. Da lì s’intuisce come tutto, ormai, si trasformi in merce soggetta alle regole di mercato. Ogni cosa, esseri umani compresi, divengono oggetti di questo ingranaggio. Perfino la tecnica si piega a questa logica. Ci si accorge che un profondo malessere pervade la società. È persistente e silenzioso. Si manifesta palesemente soltanto quando uno scandalo, un sopruso, una nefandezza più spettacolare di altre destano per un attimo l’attenzione collettiva. Quel luogo dell’anima, saggio e desideroso di nutrimento, cerca allora strade diverse. Vorrebbe una società migliore, dove etica, solidarietà, umanità, accoglienza, cultura, istruzione, dessero risposte soddisfacenti al corpo, all’anima, alla mente e permettessero a quel senso di insoddisfazione di fondo, a quella ricerca di appagante nutrimento di trovare delle risposte. Forse il Terzo Settore nasce proprio da lì. Una risposta discreta, educata, sottovoce, ma, contemporaneamente, autentica, luminosa, coraggiosa, nei confronti di una profonda crisi della società e delle sue istituzioni. Un po’ come gli ordini monastici del Medioevo e degli albori della storia moderna. Un esempio da seguire. Una strada dell’anima. Né stato, né mercato. Né partiti, né istituzioni. Espressione autentica della società dal basso. Di un mondo che cambia, vibra, è reale, ha le sue esigenze. Un universo che non trova riscontri nella società rigida e gerarchizzata.

Si organizza da sé e risponde, senza sostegni economici, alle sue necessità. Spesso, come nel Medioevo, utilizza lo scambio, le banche del tempo, la valorizzazione dei talenti. Tanti microcosmi che, a differenza del Medioevo, non sono però chiusi, circoscritti. Le nuove tecnologie consentono loro di bypassare le incrostazioni burocratiche e i confini territoriali, permettendo che il lato positivo della globalizzazione possa esprimersi. Assistiamo, infatti, all’incontro tra micro e macro, piccolo e grande, attraverso lo straordinario collante della riscoperta dell’umanità. Il Terzo Settore si occupa di tutti i settori che interessano la nostra vita. Dall’assistenza sociale e sanitaria alla cultura, allo sport, al tempo libero. Lo fa in modo pulito, liberando il lavoro svolto dal filtro del plusvalore, del mercato fine a se stesso, e dalle sue devianze economiche e sociali. Un universo che coinvolge solo in Italia milioni di cittadini, associati e volontari. Un mondo che dà vita alla cosiddetta democrazia partecipativa. Quel nuovo modo di fare politica non partitica che ha riconosciuto come interlocutore negli Stati Uniti Obama, lo ha portato a vincere le elezioni e, nonostante le palesi difficoltà, gli ha permesso di condurre a buon fine una riforma sanitaria attesa da cinquant’anni. Sono l’humus naturale del tanto osannato federalismo, che ha senso di esistere soltanto se accompagnato, come diceva de Tocqueville, da una moltiplicazione dei centri di potere e delle assemblee elettive che garantiscano il rispetto della diversità e la salvaguardia della libertà. Sembra, però, che il cammino verso una maggiore umanità, una società più etica in cui non si punti soltanto al benessere materiale, ma anche a quello spirituale, stia attraversando, in Italia, una fase difficile.

Con il decreto 185 del novembre 2008, nell’ambito di alcune misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa, il Governo ha espresso alcune direttive riguardo al non profit. In particolare, ha specificato come le associazioni di volontariato non possano accendere partita IVA, né svolgere attività commerciali, neppure marginali. Il sostegno economico attraverso forme pubblicitarie (es. ospitare sul proprio materiale divulgativo la pubblicità di un ristorante per avere in cambio il buffet per un’iniziativa e simili) è stato considerato attività commerciale e così pure la vendita di libri ed oggetti presso i mercatini. Con un recentissimo decreto, immediatamente successivo alle elezioni regionali ed amministrative, ha quindi deciso di cancellare le tariffe postali agevolate, unico sostegno concreto all’editoria del Terzo Settore. Ci si chiede, pertanto, quale sia la reale strategia che anima le azioni del Governo e quanto stia veramente a cuore ai legislatori una fetta di economia che, in momenti di crisi come quello che stiamo attraversando, svolge, a costi bassissimi, servizi che lo Stato stenta o proprio non riesce a coprire. Ci si augura che si tratti di una svista e non di indifferenza verso questo prezioso settore. Indifferenza che, riprendendo le parole di Gramsci, “… è il peso della storia. È la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge le vecchie città e la difende meglio delle mura più salde meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi i suoi assalitori e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall’impresa eroica”.

Alessandra Guerra
Giornalista e politica italiana
Marina Barbo
Direttore S.O.S Formazione e Aggiornamento Asl n°4I Paesi in via di sviluppo

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