L’insegnamento della povertà

I poveri ci possono insegnare tantissimo. Un nostro ragazzo può soffrire perché un suo compagno di scuola ha un paio di scarpe più belle delle sue… ma un ragazzo povero va scalzo, e quelle scarpe non le avrà mai! Dobbiamo cercare di vedere nella povertà le cose che noi abbiamo perso con la ricchezza materiale. Certo, è un confronto duro, ma vale sicuramente la pena affrontarlo per capire, per arrivare al recupero dei valori attraverso l’insegnamento del povero.

Oggi LumbeLumbe sta portando avanti il recupero della produzione del miele nella provincia del Moxico, in Angola, ed è presente con dei progetti di tipo agro alimentare anche in Paraguay, Congo e Brasile. In tutti questi Paesi, le cause della povertà sono di varia natura. C’è, prima di tutto, una causa di tipo economico. Mi spiego meglio: qualche anno fa la popolazione mondiale era la metà di quella attuale, ma il numero dei poveri invece è rimasto più o meno sempre lo stesso. Questo vuol dire che ci sono miliardi di “nuovi arrivati” che hanno trovato le risorse per sfamarsi, mentre una fetta della popolazione non può disporre di queste risorse… non poteva farlo qualche anno fa, e non può farlo nemmeno ora. Insomma, le risorse per far mangiare i poveri c’erano sempre state: lo dimostra il fatto che da quando la popolazione è raddoppiata, c’è il doppio della popolazione che mangia… e mangia bene! Quindi il problema non è la mancanza delle risorse, ma la ridistribuzione delle risorse! Non voglio negare che ci sia un problema di carattere tecnico, ma sicuramente c’è anche una questione di scelte politiche: chi detiene il potere non ha la capacità (o la volontà) di distribuire le risorse in modo omogeneo su tutto il globo.
Un’altra causa della povertà nel mondo è invece di carattere sociale ed è strettamente collegata alla natura dell’essere umano, che ha una tendenza naturale all’egoismo: quest’ultimo comporta il fatto che chi ha più forza tende a dominare chi ne ha meno e quindi ad appropriarsi in modo esagerato delle risorse disponibili. C’è uno squilibrio tra chi ha più potere e chi ha meno potere, e questo accade sia nei rapporti diretti tra uomo e uomo, sia nei rapporti tra stati, etnie, religioni e culture.
Da questo punto di vista, il meccanismo risolutivo dovrebbe essere il dono. La capacità di donare qualcosa all’altro è l’unica vera soluzione, perché con il dono c’è un arricchimento reciproco, sia pratico, sia relazionale: nel momento in cui dò qualcosa, abbasso i livelli di difesa dell’altro, che se prima mi considerava un nemico, potrebbe cominciare a vedermi come un amico… come qualcuno con cui condividere qualcosa, con cui camminare insieme. Quella del dono, secondo me, è una delle sfide più forti del volontariato e della solidarietà: bisogna abbassare i livelli di egoismo per passare a un comportamento più altruistico. Ci sono tante persone che donano, ci sono tante organizzazioni che donano, ma il dono, e questo è importantissimo, deve passare attraverso la sincerità del cuore. Se il dono non passa attraverso la sincerità del cuore, è un dono incompleto, o può anche non essere un dono… può essere uno strumento per raggiungere altri fini. E’ per questo che ai fini di uno sviluppo verso la pace, verso la solidarietà e verso il rispetto, secondo me è imprescindibile la sincerità del cuore: in qualunque cosa si faccia, se manca la sincerità del cuore è tutto falsato.
C’è una terza possibile causa alla povertà del mondo: non possiamo dimenticare che esistono anche delle persone che vivono per appropriarsi di quello che gli altri hanno, e non per egoismo naturale, bensì per scelta… per cattiveria. I “cattivi” possono appartenere a qualsiasi categoria: non si può fare una distinzione di razza né di religione, né di appartenenza né di famiglia… la cattiveria può essere dovuta alla natura intrinseca del singolo, oppure ad una certa esperienza di vita…
Uno dei miei pensieri è che la pace, la solidarietà e lo sviluppo dei Paesi più poveri si giochi per lo più nei Paesi sviluppati, che hanno gli strumenti più forti per cambiare le cose. E penso che le cose non vadano cambiate solo attraverso i progetti di cooperazione, ma prima di tutto attraverso una riconsiderazione del nostro modo di essere. Con l’associazione LumbeLumbe stiamo lavorando molto su questo: nella provincia di Macerata abbiamo organizzato dei corsi di orientamento alla solidarietà per ragazzi: stiamo cercando di dare ai giovani dei riferimenti, che spesso con tutta la confusione che c’è non trovano. I nostri ragazzi stanno perdendo l’orientamento: io ho un figlio trentenne, che adesso lavora in Spagna, che di recente mi ha fatto notare che la sua generazione non ha avuto la possibilità di conoscere un politico credibile. E’ un’osservazione durissima, e tristemente vera. Il politico può essere chiunque: può essere una qualsiasi persona della mia generazione, la generazione di coloro che dovrebbero dare qualcosa ai giovani, che dovrebbero fare la strada, dare un esempio… ma i giovani questo esempio non lo trovano, e di conseguenza ognuno pensa a sé stesso. La mia generazione purtroppo non è riuscita ad orientare i ragazzi: abbiamo creato molta confusione, disorientamento. Con l’associazione stiamo cercando di dare a questi ragazzi un percorso formativo, facendoli incontrare con figure internazionali che operano nel settore della solidarietà, e li facciamo parlare con volontari, medici e psicologi che operano nei paesi poveri… alla fine facciamo fare loro l’esperienza in un Paese in via di sviluppo, e quando tornano in Italia, hanno un qualcosa di nuovo, una ricchezza, un valore aggiunto che può essere utile all’interno del contesto in cui vivono. Io vorrei che diventassero un po’ portatori sani della solidarietà. Vorrei che diffondessero un messaggio nuovo: non solo quello di utilizzare i soldi per realizzare progetti a favore dei Paesi in via di sviluppo, ma quello di vivere la propria vita con uno stile che veda l’altro come ricchezza e non come ostacolo, ovunque esso sia, povero o ricco. Riteniamo che questa sia una sfida culturale fortissima e vincente.
I poveri ci possono insegnare tantissimo. Un nostro ragazzo, ad esempio, può soffrire perché un suo compagno di scuola ha un paio di scarpe più belle delle sue… ma un ragazzo povero va scalzo, e quelle scarpe non le avrà mai! Questo ci può insegnare qualcosa: cercare di vedere nella povertà le cose che noi abbiamo perso con la ricchezza materiale. Certo, è un confronto duro, ma vale sicuramente la pena di affrontarlo per capire, per arrivare al recupero dei valori attraverso l’insegnamento del povero.
Perché quando parliamo dei mali del mondo ne parliamo sempre come se appartenessero solo agli altri, e non prendiamo mai in considerazione il fatto che anche noi ne siamo in parte responsabili. In questo immenso calderone, dove c’è anche il male, ognuno di noi è convinto di non aver mai nulla a che fare con il male. Ma questo accade a causa della nostra incapacità di autocritica, a causa del fatto che non riusciamo ad avere l’onestà intellettuale di capire che dentro quel calderone il male ce lo mettono tutti, ce lo mettiamo anche noi, ed è comodo pensare che ce lo mettano solo gli altri. Questo vale per tutti, e non c’è categoria che si salvi.

Italo Governatori
Presidente di LumbeLumbe

Rispondi