Un futuro ecosostenibile

L’ecologia ci insegna l’equilibrio della natura, che si traduce nella possibilità di ogni forma di vita di avere il suo spazio all’interno di un ambiente: da questa tendenza naturale all’equilibrio credo che l’uomo dovrà imparare a trovare un modo di esistere che, senza rinunciare al progresso, sia compatibile con la conservazione degli ecosistemi naturali.

Quando si parla di ambiente, di ecosistemi, ci si riferisce ad un universo di sistemi complessi, caratterizzati da un equilibrio dinamico. Il continuo cambiamento degli ecosistemi è, dunque, un fenomeno del tutto naturale. Ma quando il cambiamento giunge a spezzare irreversibilmente gli equilibri dettati dalla natura, ci troviamo di fronte a qualcosa di preoccupante. A quel punto, i cicli biologici risultano alterati e il rischio è quello della cancellazione di una parte del sistema stesso.
L’ecosistema marino è attualmente soggetto, forse più di quello terrestre, a profondi squilibri, dovuti all’intervento dell’uomo. La cronaca ci racconta di disastrosi incidenti navali che provocano sversamenti di petrolio, sostanze nocive o radioattive. Ma la maggior parte dell’inquinamento marino trae origine dall’attività umana che si svolge sulla terra. E’ stato dimostrato.
Negli oceani, infatti, confluiscono molti scarichi urbani e scarti di lavorazioni industriali. Per effetto, soprattutto, del dilavamento della crosta terrestre ad opera delle piogge, anche le sostanze più pericolose utilizzate in agricoltura finiscono nei mari.
Le ricerche più avanzate hanno recentemente dimostrato la presenza di ogni tipo di sostanza chimica negli organismi che vivono in mare. Anche sostanze che, apparentemente, non entrano in contatto diretto, come gli ftalati, i muschi sintetici, i ritardanti di fiamma. Queste sono sostanze che provocano effetti preoccupanti sui sistemi ormonali degli animali e degli esseri umani.
Persino nelle aree marine che si credevano incontaminate, come l’Antartide, sono state rinvenute tracce di questi inquinanti nei cuccioli di foca. Tutto questo, in un futuro non tanto lontano, causerà problemi nella riproduzione e nel ripopolamento di alcune specie.
Sempre in Antartide, ancora per citare esempi estremi, ma efficaci, nel corpo dei pinguini sono state trovate tracce degli anticorpi sviluppati per resistere a un virus tipico del pollo: segno evidente che questa specie artica è entrata in contatto con scarti di alimentazione umana.
Senza andare così lontano, però, i mutamenti dell’ecosistema marino causati dalle attività umane sono sotto gli occhi di tutti: nelle ultime estati, nel Mediterraneo, abbiamo assistito ad una proliferazione mai vista prima di alcune specie di meduse nocive per l’uomo, causata soprattutto dall’alterazione della catena alimentare. La scarsità di predatori, pesci e tartarughe, eliminati in quantità eccessiva dalla pesca intensiva, fa sì che siano stati tolti dal mare i naturali “controllori” della proliferazione di questi esseri viventi.
Dunque, l’ecosistema marino è in pericolo. Non solo per la quantità di inquinanti immessa in mare, ma anche per la tipologia delle sostanze che vi finiscono, oltre che per il comportamento indiscriminato dell’uomo.
Il primo passo, verso il rispetto dell’ambiente marino, può essere il monitoraggio delle coste. Per quanto riguarda il nostro Paese, che ha una fascia costiera molto estesa, occorre controllare in tempo reale la situazione delle aree più delicate, affidandosi, al contempo, alla ricerca, affinché essa svolga il doppio compito, di indagine sulla situazioni in atto e di prevenzione sulle situazioni negative future.
Da ecologo, voglio esprimermi in difesa dell’ambiente marino. Si tratta di un sistema straordinario, dal quale l’uomo non può essere escluso. La storia ci racconta che le più grandi civiltà si sono sviluppate in prossimità del mare, che il mare ha donato sostentamento ai popoli, che è stato un eccezionale mezzo di comunicazione tra le genti.
L’ecologia ci insegna l’equilibrio della natura, la possibilità che ogni forma di vita abbia il suo spazio all’interno di un ambiente. Da questa tendenza naturale all’equilibrio, l’uomo dovrà imparare a trovare un modo di esistere che, senza rinunciare al progresso, sia compatibile con la conservazione degli ecosistemi naturali. Scienza e ricerca dovranno avere sempre più la possibilità di trovare percorsi di sviluppo sostenibili, in un’ottica nella quale sia possibile anche includere il vantaggio economico, essendo pronti a cambiare alcune nostre abitudini, convertire alcune produzioni, accettare senza timore alternative logiche, che oggi sono già realtà.
Le tecnologie, che hanno raggiunto livelli impensabili solo poche decine di anni fa, potranno essere sempre più d’aiuto ai fini del risparmio energetico, del contenimento dei consumi di materie prime, del riciclo dei materiali. La diffusione di una cultura dell’ambiente, che non sia tout-court “ambientalismo” – intendendo con ciò il rifiuto dell’evoluzione dell’uomo di fronte al sistema ambiente – ma un sapere che ci porti sempre al rispetto e alle scelte più sostenibili, è fin da ora fondamentale nella sfida alla quale stanno partecipando i Governi dei Paesi più evoluti del mondo.
Solo uno sviluppo ecosostenibile, infatti, potrà condurre l’uomo nel futuro.

Silvano Focardi
Rettore dell’Università degli Studi di Siena.
Professore Ordinario di Ecologia presso la Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali

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